DISCORDIA ISTITUZIONALE

Conte frena il Riparti Piemonte. Legge impugnata dal Governo

Il Consiglio dei ministri ricorre alla Corte Costituzionale e contesta alla Regione le misure relative a turismo, commercio, edilizia e semplificazione. Violati principi di libera concorrenza e la tutela del paesaggio. Un duro colpo per la giunta Cirio

Falsa partenza per il Riparti Piemonte. Nel Consiglio dei ministri, che si è concluso dopo la mezzanotte, è stato deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge regionale 13 del 29 maggio scorso relativa a “Interventi di sostegno finanziario e di semplificazione per contrastare l’emergenza da Covid19”. Sono cinque gli articoli contestati e gli effetti dei quali sono di fatto sospesi in attesa del pronunciamento della Consulta o, più probabilmente, delle modifiche che la Regione potrà fare anticipando e rendendo a quel punto superata la sentenza della Corte.

Il Governo ha impugnato il comma 2 dell’articolo 23 nel quale è previsto che “per favorire il ritorno e un nuovo consolidamento dei flussi turistici verso il Piemonte nelle fasi post emergenza da Covid-19, attraverso azioni di monitoraggio, comunicazione, promozione, marketing e di sostegno alle attività degli operatori del comparto, la Regione adotta misure straordinarie a favore dei consorzi e delle società consortili di cui alla legge regionale 11 luglio 2016, n. 14”. Secondo l’esecutivo la Regione ha violato l’articolo 117 della Costituzione in materia di concorrenza nel passaggio in cui prevede che “le azioni previste al comma 1 sono finalizzate alla realizzazione di campagne promozionali per il rilancio turistico della Regione e il riavvio economico dell'intera filiera del comparto, sia con iniziative a titolarità regionale, sia con la concessione di contributi a favore di consorzi e società consortili di cui alla legge regionale 14/2016”.

A parere del Governo vengono violati i principi della libera concorrenza in un altro articolo della legge, il 52 che prevede la sospensione fino alla fine dell’anno la presentazione di domande per nuove aperture, trasferimenti o ampliamenti di esercizi commerciali. Questo provvedimento trova motivo, per la Regione, nella tutela in particolare dei negozi di vicinato. Ma il Governo è di diverso avviso. E lo è pure su un’altra questione-bandiera della maggioranza di centrodestra, ovvero la semplificazione. A Palazzo Chigi e nei ministeri che hanno dato parere favorevole all’impugnazione si ritiene che l’articolo 61, in materia di semplificazione documentale, sia lesivo dell’articolo 14 della legge n. 241 del 1990 e del principio di leale collaborazione, sancito dagli articoli 5 e 120 della Costituzione. Qui la materia è l’edilizia e la questione attiene alla riduzione dei tempi della conferenza di copianificazione.

Sempre di edilizia tratta l’articolo successivo, pure quello impugnato davanti alla Corte, poiché a detta dell’esecutivo viola le norme poste a base della tutela del paesaggio. Si tratta di una norma il cui blocco prodotto dal provvedimento del Governo potrebbe avere pesanti effetti visto che concerne l’incremento delle superfici edificabili. L’ultimo della lista nera è l’articolo 79 che, anche in questo caso, riguarda l’edilizia e la gestione del territorio e il particolare prevede la possibilità per i Comuni di consentire l’utilizzo temporaneo di immobili per usi diversi da quelli previsti.

Tutte le misure contenute negli articoli impugnati sono di fatto congelate ed è presumibile che già in questi giorni la giunta di Alberto Cirio decida di rivederli e modificarli, con un’interlocuzione con il Governo come spesso accade in questi casi, per accelerare i tempi ed evitare il pronunciamento della Consulta sulla questione di legittimità.

Palazzo Chigi avrebbe avuto tempo fino a martedì prossimo per impugnare parte del provvedimento che vale circa 800 milioni di euro ed è il fondamento per la Fase 2 dell’emergenza e la ripartenza. Lo ha fatto in zona Cesarini, anche se appare improbabile che la decisione arrivi in Regione come un fulmine a ciel sereno. E se nel caso del bonus per il personale sanitario, dove il Piemonte interpretando in maniera diversa quanto stabilito dal Governo ha raddoppiato la cifra a carico dell'ente finendo nel mirino della Ragioneria dello Stato, la maggioranza giallorossa ha deciso di non sollevare la qustione davanti alla Consulta, qui il Governo ci è andato giù pesante.

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