DEMOGRAFIA

Capelli bianchi e culle vuote, decrescita (triste) del Piemonte

Aumenta l'aspettativa di vita, ma diminuisce la popolazione. In un anno "sparita" una città di medie dimensioni. Saranno sempre meno gli attivi nella produzione di reddito, mentre crescerà il peso del welfare. Ridotti i flussi migratori anche a causa del Covid

In Piemonte si invecchia di più, ma si nasce di meno. E se di fronte al primo dato non si può che rallegrarsi, è il secondo a preoccupare. Osservando la nostra regione attraverso le lenti del demografo quello che appare non è certo un quadro esaltante. Basterebbe un solo dato: nel 2019 la popolazione è ulteriormente diminuita secondo un trend ormai consolidato negli ultimi anni, passando dai 4.356.406 del 2018 a 4.341.375 (-15.031).

In dodici mesi è come se fosse stata spazzata via una città media dell’hinterland torinese, come Pianezza, Leini o Alpignano. Ma a preoccupare ancora di più sono le proiezioni di qui ai prossimi vent’anni stilate dall’Ires, l'istituto regionale di ricerce economiche e sociali, che fotografano culle sempre più vuote e una riduzione dell’effetto compensativo dell’immigrazione.

Intanto aumenta la speranza di vita e questo vuol dire che la popolazione invecchia, con evidenti ripercussioni anche economiche. Dal 2013 la popolazione piemontese è andata riducenodosi costantemente perdendo in sette anni oltre 83mila abitanti. Sempre secondo le stime dell’Ires la popolazione tra 0 e 19 anni nei prossimi due decenni passerà dagli attuali 740mila a poco più di 700mila, i cittadini tra i 20 e i 64 anni, quelli in età lavorativa, da 2,5 milioni a 2,3 milioni mentre crescerà la quota di anziani con gli over 65 che saliranno da 1,1 milioni a 1,25 milioni (dal 25,3% al 29,5% della popolazione). L’età media aumenterà di un punto e si attesterà intorno ai 48 anni. In particolare aumenteranno sempre di più la terza e quarta età, dagli attuali 60mila a oltre 94mila.

Uno scenario che non può non avere ripercussioni anche dal punto di vista economico. Saranno sempre meno infatti i cittadini che producono ricchezza attraverso il proprio lavoro e sempre più quelli che l’assorbono attraverso il nostro welfare, in particolare nella fattispecie di pensioni e prestazioni sanitarie. “Un problema di cui tenere conto – conferma Maria Cristina Migliore, ricercatrice dell’Ires – anche se nel contempo occorre rilevare che lavoreremo sempre più a lungo. Tra gli over 65 si è già osservata una riduzione dei pensionati e aumentano quelli che continuano a lavorare anche oltre i 70 anni”.

A zavorrare una popolazione sempre più in contrazione è innanzitutto il numero delle nascite. Nel 2009 erano state 39.123, dieci anni dopo appena 27.977 e a compensare le culle vuote non bastano più i cittadini stranieri. Se nei primi anni Duemila il saldo migratorio (da altre regioni o dall’estero) registrava un incremento di 30mila unità (nel 2002), 53mila unità (nel 2003) o addirittura di 68.795 unità, massimo storico degli ultimi due decenni (nel 2004) oggi la crescita è di poche migliaia (+7.018 nel 2019).

Questo vuol dire che il Piemonte è una regione anche poco attrattiva per studenti, lavoratori, ma anche per i disperati provenienti dai Paesi più poveri. Ed è evidente che il Covid non potrà che ridurre ulteriormente i nuovi ingressi. Alla fine dello scorso anno la popolazione straniera era di 429.375 individui, che rappresentano il 9,9% degli abitanti totali (+0,3%). Quota superiore alla media nazionale, che è l’8,8%, corrispondente a 5.306.548 persone.

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