SACRO & PROFANO

Il priore "nascosto" in monastero, colpo di scena nella saga di Bose

Il delegato pontificio sbugiarda Enzo Bianchi, il fondatore della comunità sulle colline biellesi. "Riceve regolarmente altri confratelli e si muove, da solo o con altri, in auto. Non ha ancora dato seguito alla promessa di accettare, eseguendoli, i provvedimenti"

A tre mesi dal decreto della Santa Sede, approvato in forma specifica dal Papa, che ha clamorosamente disposto l’allontanamento dal Monastero di Bose del fondatore Enzo Bianchi e di tre confratelli, la situazione nella comunità monastica piemontese non appare per nulla risolta. Anzi, per quanto riguarda il destino dello stesso Bianchi, le informazioni divergenti delineano persino un piccolo “giallo”. Tanto che è dovuto intervenire il delegato pontificio, il padre canossiano Amedeo Cencini, per chiarire che il fondatore ed ex priore (fino al 2017) di Bose non ha ancora dato seguito alla sua promessa di adeguarsi al provvedimento vaticano. La decisione era stata comunicata con un decreto del 13 maggio 2020, a firma del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità e approvato in forma specifica da Papa Francesco.

Alla vigilia dell’Assunta, era stato il blog di informazione cattolica Settimana News a pubblicare un articolo – Bose: il passaggio rallentato – sostenendo che “a distanza di quasi tre mesi dal decreto approvato dal papa (26 maggio) circa la comunità monastica di Bose la situazione è solo parzialmente risolta. Dei quattro membri che avrebbero dovuto trovare una sistemazione altrove due fratelli (Lino Breda e Goffredo Boselli) e la sorella (Antonella Casiraghi) hanno trovato una soluzione concordata con il Delegato pontificio, mentre fr. Enzo Bianchi è ancora a Bose”. All’indomani, giorno di Ferragosto, la replica piccatissima di Bianchi via Twitter: “Non ascoltate notizie fantasiose su di me. Mi sono allontanato dalla comunità da tre mesi, senza aver avuto più contatti con essa. Vivo in radicale solitudine in un eremo fuori comunità e date le mie condizioni di salute (non sono più autonomo) ho un fratello che mi visita. Amen”.

Situazione smentita dalla nota del delegato pontificio Cencini: Bianchi si trova tuttora nel suo “eremo”, cioè nella cascina sulle colline biellesi, “nello stesso edificio composto da più locali e situato a poche decine di metri dal nucleo centrale della Comunità, nel quale vive da oltre quindici anni”. Lì, oltre al fratello che provvede alle necessità quotidiane, “riceve regolarmente altri membri della Comunità, e da lì si muove, da solo o con altri, in auto, per diverse ragioni, come ha sempre fatto. Non ha pertanto ancora dato seguito alla promessa da lui fatta di accettare, eseguendoli, i provvedimenti notificati con il decreto del 13 maggio 2020, che – osserva padre Cencini –, a conclusione della visita apostolica, è stato consegnato a lui come agli altri tre destinatari”. Il delegato pontificio e la Comunità “sono fiduciosi comunque che la situazione possa sbloccarsi al più presto”.

Il decreto di allontanamento che ha riguardato il fondatore di Bose e altri tre confratelli, a seguito di una visita apostolica svoltasi tra dicembre 2019 e gennaio 2020, faceva riferimento a problemi interni alla Comunità relativi a “una situazione tesa e problematica per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del fondatore e il clima fraterno”. Sempre via Twitter Alberto Melloni, storico della Chiesa e notista sulle questioni ecclesiastiche di Repubblica, quotidiano a cui collabora lo stesso Bianchi, ha commentato in modo duro la decisione di Papa Francesco: “La separazione dal monastero è stata data con le misure d’una condanna senza accuse, ma è uno smodato atto amministrativo: non produrrà mai comunione, ma espone Enzo Bianchi a calunnie impunite e la comunità a una rifondazione dissipatrice per colpire ciò che essa è stata”.

Ecco proprio la natura dell’esperienza ecclesiale di Bose suscita da tempo molte perplessità, e non solo negli ambienti conservatori della Chiesa: critiche cui ora si aggiunge lo sconcerto per come il fondatore abbia esercitato il proprio ruolo facendo leva sul suo carisma ostacolando il passaggio del testimone al successore, Luciano Manicardi. La relazione della “commissione di visitatori” inviata dal Vaticano è stata su questo punto piuttosto dura, ravvisando una situazione tesa e problematica per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del fondatore, la gestione del governo” e, finanche, “il clima fraterno”. Del resto, come ha scritto sul Foglio Matteo Matzuzzi, che nella cascina del biellese ci fossero problemi era cosa nota da tempo, tra spaccature interne, cordate opposte e clima tutt’altro che fraterno. L’origine di tutto ciò, a quanto pare, era proprio nel comportamento del fondatore, che nonostante il pensionamento nel 2017 avrebbe continuato a comandare col pugno di ferro grazie al suo forte ascendente sui monaci, limitando e oscurando Manicardi.

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