URNE DI PRIMAVERA

Torino 2021, il Centrodestra
si affida a un sondaggio

Damilano chiede alla Ghisleri di misurare le reali possibilità di vittoria. E il valore aggiunto di una sua candidatura a sindaco. In attesa del tavolo nazionale i civici paiono molto guardinghi. In Fratelli d'Italia le grane giudiziarie azzoppano Montaruli

Il centrodestra nelle mani di Alessandra Ghisleri. Dal sondaggio appena commissionato alla direttrice di Euromedia Research dipenderà molto di quanto si sta prefigurando per la candidatura a sindaco di Torino. Prospettive in odor di certezza potrebbero svanire in un amen, schemi pronti a vedersi ribaltati, nomi oggi in pole position pronti a lasciare il passo ad altri.

Il primo aspetto relativo al sondaggio è già di per sé molto interessante e riguarda il committente. A rivolgersi alla Ghisleri non è la coalizione che vede l’occasione della primavera prossima come la più vicina a una possibilità di vittoria e neppure uno dei partiti dello schieramento, Chi vuole capire quanto pesi elettoralmente il centrodestra in città e ponderare le reali chance di espugnare Palazzo civico è l’uomo su cui è pronta a puntare la Lega.

Da imprenditore di successo, Paolo Damilano vuole testare il prodotto da offrire all’elettorato, capire quanto possa essere apprezzato e, soprattutto, quanto le risposte dei torinesi possano tranquillizzarlo o, al contrario, farlo ulteriormente ragionare su quella riserva che non ha ancora sciolto e che al momento lo farebbe propendere a lasciar perdere. Naturalmente all’intenzione di voto si accompagna anche la verifica sull’appeal personale del potenziale candidato civico, la conoscenza che di lui hanno i torinesi e la propensione a votarlo anche da chi non appartiene al blocco elettorale consolidato del centrodestra. Già, perché molto conterà o dovrebbe contare la dote personale al fine di provare a colmare un divario a favore del centrosinistra che, salvo improbabili soprese, sarà attestato anche dalla rilevazione commissionata da Damilano.

Basandosi sul voto delle regionali che hanno portato il Piemonte ad essere governato dal centrodestra, quest’ultimo a Torino è stato superato dal fronte avversario di circa 10 punti. E questo è accaduto quando la Lega aveva il vento in poppa ben più di ora. Eppure la coalizione si fermò nei confini comunali al 39,4% contro il 50,10 del centrosinistra. Pur aumentando, addirittura triplicando i voti di Fratelli d’Italia, ma ricordando che si tratta più che altro di un travaso interno, quei dieci punti sembrano destinati a rimanere. E quanto potrebbe accorciare la distanza la dote personale del candidato? Anche in questo caso i precedenti non offrono grandissime cifre. Nel 2006 quando il Sergio Chiamparino olimpico era un trascinatore, portò alla coalizione un 3%.

Sarà anche per queste cifre, nell’attesa del responso del sondaggio, che non si nota quell’entusiasmo atteso in chi immagina di giocare una partita con più che buone probabilità di vittoria? Sarà per questo che sia Damilano, sia un’altra papabile alla corsa per la successione di Chiara Appendino come l’ex vicepresidente di Confindustria Licia Mattioli, si mostrano assai cauti?

In tutto ciò non vanno dimenticati altri conti da fare con l’oste, ovvero quel tavolo nazionale al quale Lega, Fratelli d’Italia e, pur sempre più in un angolo ma tuttavia partecipe Forza Italia dovranno spartirsi le candidature per le principali città.

Non è un mistero che il partito di Giorgia Meloni su Torino ci faccia più di un pensiero, tanto da aver già lanciato messaggi in tale senso rimarcando che sarà proprio il livello nazionale a stabilire se sarà o meno appannaggio della Lega proporre il nome, sia pur civico come nelle intenzioni dichiarate di Matteo Salvini.

Confidando in una mancanza di convinzione da parte dei vertici regionali leghisti a tenere, costi quel che costi, il punto su Torino, non smette di sgomitare il presidente dell’Ordine degli architetti Massimo Giuntoli, che già aveva tentato poco più di un anno fa di entrare nella partita regionale. Privo di sostegni di peso in città, il suo nome circola soprattutto grazie alla martellante azione da agit-prop di Alessandra Siviero, al vertice di quella Fondazione per l’architettura finita al centro di aspre polemiche, tra dimissioni di massa e accuse di “uso a fini personali” rivolte proprio a Giuntoli. E non sarà certo il viatico che avrebbe ricevuto dal coordinatore di Forza Italia, Paolo Zangrillo, ad aiutarlo di più. Auguri, ha detto qualcuno quando Giuntoli ha riferito la cosa, ricordando come il fratello del medico personale di Silvio Berlusconi non sia riuscito neppure a far eleggere un suo consigliere comunale a Moncalieri, città nella quale risiede.

In calo anche le quotazioni dell’ex prefetto Filippo Dispenza, figura su cui potrebbero giocare la partita i Fratelli d’Italia, dove invece scalda i muscoli la coppia (ora solo più politica) di Atreju: l’attuale assessore regionale Maurizio Marrone e la deputata Augusta Montaruli. “Cita e grama”, come la definiscono persino i sodali di partito a sottolinearne carattere e determinazione, Montaruli ha però ancora sulle spalle la grana giudiziaria di Rimborsopoli con il nuovo appello deciso dalla Cassazione dopo aver incassato una condanna a un anno e sette mesi. Difficile che possa essere affidato a lei il compito di guidare la competizione elettorale. Marrone, giovane politico di lungo corso, molto attratto dalle battaglie identitarie e fresco di nomina nella giunta di Alberto Cirio non è certo quel che si direbbe un elemento unificante per il centrodestra. Che se mai arriverà a una candidatura così politica, significherà che i civici avranno già abbandonato il campo dopo aver appurato che colmare il divario in città con il centrosinistra è una mission impossible.

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