EMERGENZA SANITARIA

Curare a casa il Covid ora si può,
arriva (finalmente) il protocollo

La Regione dirama le linee guida per i medici di famiglia e le Rsa. La terapia domiciliare consente di intervenire ai primi sintomi del contagio ed evita i ricoveri impropri, decongestionando gli ospedali. L'efficacia della sperimentazione alessandrina - DOCUMENTO

Come e quando curare a casa i pazienti Covid. Mentre gli ospedali si avviano verso una situazione sempre più critica, con necessità impellente di posti letto, torna a riaffacciarsi come già accadde nella prima ondata il tema, cruciale, delle terapie a domicilio. Ormai è accertato che una parte considerevole dei pazienti che vengono ricoverati potrebbe essere curata al proprio domicilio. Lo aveva dimostrato una sperimentazione sul campo nell’area di Acqui Terme e Ovada dove era stato applicato il protocollo denominato Covid a Casa, elaborato tra gli altri dal primario di oncologia Paola Varese e dal direttore del distretto Claudio Sasso chiamato a far parte del Dirmei. Da oggi quel protocollo, con le indicazioni terapeutiche del primario di malattie infettive del San Giovanni Bosco, Giovanni Di Perri, deve essere applicato in tutta la regione. “In relazione alla evoluzione Covid sul territorio regionale e alla esigenza di potenziare ulteriormente le azioni nell’area territoriale” si legge nella circolare inviata dal Dirmei ai direttori generali delle Asl, ai medici di famiglia e ai pediatri di libera scelta, “si dispone l’immediata applicazione del protocollo”.

Vien da dire che c’è voluta la seconda ondata con la conseguente emergenza sui fronte ospedaliero per adottare un sistema che già in primavera aveva dimostrato la sua validità nel contenere il numero degli accessi ai Pronto Soccorso e delle ospedalizzazioni da parte dei medici di famiglia. Ai primi di aprile, nei giorni più bui della prima ondata, su 156 pazienti curati a a domicilio nell’area di Acqui Terme e Ovada con quello la procedura Covid a Casa, solo tre pazienti erano stati ricoverati e si era segnalato un solo decesso. Già all’epoca l’assessore alla Sanità Luigi Icardi aveva manifestato l’intenzione di estendere il modello alessandrino all’intero territorio regionale.

Leggi qui il Protocollo

Compiti e prescrizioni per le Unità speciali di continuità assistenziale, le Usca, parametri per i medici di famiglia su cui basare la decisione della terapia domiciliare piuttosto che il ricovero, indicazioni specifiche per le cure, modalità per la fornitura di farmaci e anche di ossigeno ai pazienti, sono sono alcune delle linee guida e delle indicazioni dettagliate contenute nel protocollo che riguarda le persone positive al Covid che risiedono nelle loro abitazioni, ma anche gli anziani ospiti delle Rsa. Esempi concreti su come agire di fronte alle varie tipologie e gravità dei pazienti, modalità di intervento, metodi per la fornitura dei farmaci e la fondamentale operazione di monitoraggio delle condizioni di salute: tutto  questo è contenuto nelle linee guida che dovranno essere applicate su tutto il territorio piemontese. 

Diagnosi precoce ai primi sintomi anche senza attendere i tempi per il tampone, immediato avvio della terapia a casa, controllo da parte dei medici di famiglia: questi, in estrema sintesi, i passaggi del protocollo e i punti di forza di un approccio che non solo aveva ridotto in maniera importante l’aggravarsi del quadro clinico, intorno al settimo, ottavo giorno dall’insorgenza dei primi sintomi, ma aveva avuto e dovrebbe avere anche in questa seconda ondata come effetto anche la riduzione di ricoveri, necessari quando le condizioni si aggravano. A differenza di allora, nel protocollo odierno, non figura l’utilizzo dell’idrossiclorochina farmaco bloccato dall’Aifa ma richiesto con una raccolta di firme da migliaia di medici e sul quale la discussione con l’Agenzia nazionale del farmaco è tuttora aperta. Già dopodomani è in agenda un ulteriore incontro di Icardi con i vertici di Aifa per verificare la possibilità di rivedere la posizione negativa sul farmaco.

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