CORONAVIRUS & POLITICA

Troppi generali nella sanità

Una catena di comando pletorica, con continui innesti e ruoli che si accavallano. Al punto che diventa difficile capire chi prende le decisioni. Quartier generale affollato mentre la prima linea sul fronte dell'emergenza è sguarnita, denuncia il radicale Boni

Per mettere una pezza sullo squarcio fatto con la disposizione di utilizzare i medici anche come infermieri è stato detto che quella lettera partita dal Dirmei, il dipartimento per l’emergenza e la malattie infettive, di fatto vera e nuova Unità di Crisi, era “scivolata di mano”. Un modo parecchio imbarazzato, per provare a giustificare, come farà ancora l’assessore alla Sanità Luigi Icardi in una nota formale riducendo ad “appello” quella che in realtà era una disposizione, “scivolata di mano”. Da ben più di una mano. A firmare quell’atto che ha provocato la sollevazione dei sindacati dei medici e degli infermieri, ma anche dei loro Ordini professionali, tradizionalmente sempre più cauti e istituzionali rispetto alle rappresentanze sindacali, portava la firma di ben cinque dirigenti.

Tralasciando il non trascurabile fatto che di quella circolare alle Asl, sia l’assessore sia il presidente della Regione Alberto Cirio sono venuti a conoscenza con l’esplosione delle proteste, quelle cinque firme, raccontano di una war room con tanti, forse troppi, generali. Altre disposizioni, altre firme, sempre tante che spesso occupano più spazio di quanto non lo facciano i contenuti. Atti dovuti alla burocrazia che sopravvive e sopravviverà al Covid, ma anche un segno sulla carta di quello che appare sempre più evidente nell’azione quotidiana della macchina emergenziale: una catena di comando che partendo dal livello politico e proseguendo in quello operativo è tutt’altro che chiara e non di rado si mostra ingarbugliata.

Le, inutilmente smentite, frizioni tra il governatore Alberto Cirio e il suo assessore alla Sanità, con il primo ormai sempre più spesso incursore nelle competenze da lui delegate al secondo sono sotto gli occhi di tutti e non sempre possono essere ricondotte al, più che legittimo, ruolo di presidente. Due anelli della catena che invece di essere uno seguente l’altro, non di rado si intrecciano con udibile stridore, non certo di aiuto alla situazione che, vista attraverso gli ingranaggi della macchina operativa, non offre un’immagine migliore. L’attività è frenetica, non c’è dubbio, e nessuno si risparmia, ma davvero quello adottato è lo schema migliore? A capo dell’Unità di Crisi, con il ruolo di commissario generale per l’emergenza Covid, è stato riconfermato il geologo ex direttore regionale Vincenzo Coccolo, ma il ruolo del Dirmei è naturalmente cresciuto visto che di emergenza sanitaria si tratta. Dopo l’interim di Carlo Picco, la direzione è stata affidata al medico rianimatore Emilpaolo Manno, mentre la parte più spiccatamente operativa, quella delle decisioni da prendere in una manciata di minuti insieme alla responsabilità, è tornata al numero uno della maxiemergenza Mario Raviolo. A sovrintendere l’area giuridica è rimasto, dalla prima fase, l’ex magistrato Antonio Rinaudo. Poi, nella mappa, un’infilata di dirigenti e responsabili.

"Ma dopo aver assegnato i galloni all’ennesimo generale – dice il presidente di Radicali Italiani, Igor Boni, riferendosi alla nomina di Gianfranco Zulian a capo della struttura Emergenza Covid nell’ambito della direzione regionale – Cirio e Icardi si occuperanno anche dei pochi soldati che hanno tenuto le posizioni in questi durissimi mesi? Manderanno loro i necessari rinforzi? Perché gli ospedali e le Rsa sono allo stremo ma anche in Corso Regina sono al lumicino". Già, perché a fronte di un affollato quartier generale dell’emergenza c’è un assessorato che, come denuncia Boni, allo scorso giugno aveva un personale pari a solo l’8,6% dei dipendenti della Regione, che ha nella sanità la sua materia più importante sia sotto l’aspetto sociale, che per quello finanziario. “L’aumento del personale della Sanità rispetto a fine 2019 è puramente nominale – osserva l’esponente dei Radicali – perché nel frattempo la direzione Sanità ha inglobato ben quattro settori prima di competenza della direzione Coesione Sociale”. 

La stessa, discreta, uscita se non di scena certo dal cono di luce dei riflettori di due figure rilevanti, per capacità e storia professionale, come quella dell’ex ministro Ferruccio Fazio e dell’ex manager della sanità nonché parlamentare Giovanni Monchiero, cui erano stati affidati compiti molto importanti, racconta di come sia cambiata, in questa seconda emergenza, la plancia di comando. Dove, spesso, non si capisce bene nelle mani di chi sia il timone. E ogni cambio di rotta rischia di non affrontare nel modo dovuto la tempesta.

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