TRAVAGLI DEMOCRATICI

Salizzoni non sfonda, Valle si defila
e nel Pd si rafforza Lo Russo

Confronto tra i consiglieri regionali e i vertici del partito sul candidato sindaco di Torino. Il chirurgo vuole un plebiscito (che non c'é) ma non le primarie. Il giovane consigliere regionale fiuta la trappola ordita dalla sinistra interna e dà una spinta al capogruppo in Sala Rossa

Se c’è una cosa su cui Mauro Salizzoni è stato chiaro è che lui alle primarie non ha alcuna intenzione di partecipare, “per me sono divisive” ha ribadito durante la riunione del gruppo regionale del Pd con il segretario metropolitano Mimmo Carretta, convocata per discutere delle prossime elezioni di Torino. Il candidato che una parte della sinistra dem sta spingendo in un estremo tentativo di uscire dall’angolo dopo il passo indietro di Guido Saracco e il niet di Andrea Giorgis è finito, suo malgrado, nel tritacarne. Caso da manuale di circonvenzione di capace. Gli avevano garantito che attorno al suo nome sarebbero stati in grado di coagulare partito e coalizione, ma le resistenze, così come per il rettore del Politecnico, non sono mancate. C’è una questione anagrafica e non solo. “Se la mia candidatura è ancora in campo? Sinceramente non so neanche se lo sia mai stata. Stando così le cose questa storia è già finita prima di iniziare” dice allo Spiffero. Il rispetto per il luminare nel campo della medicina è universale e travalica componenti e appartenenze, ma le perplessità sulla sua idoneità a svolgere un mestiere tanto complesso, come quello del sindaco, ora che ha appeso il camice, sono altrettanto forti. Lui, poi, a differenza di altri che hanno accettato la conta interna ha posto “l’ampia convergenza” come conditio sine qua non per un suo impegno. E l’ampia convergenza oggi non c’è.

“Tutti sapete che io avevo un candidato e che era Giorgis – ha detto Sergio Chiamparino durante il vertice – ma se non è disponibile non ci resta che ragionare su un altro nome”. Quale? L’ex sindaco e governatore non è andato oltre a rappresentare un quadro lapalissiano e si è ben guardato dal pronunciare un endorsement al vecchio amico e compagno Salizzoni; dopotutto è stato lo stesso Chiamparino a confessare che “la moglie mi paga a cene per convincerlo a non candidarsi”. Inoltre, non vuole alimentare quei sospetti di coloro che scorgono dietro il profilo del mago dei trapianti proprio i tratti del Chiampa, ma non nel ruolo di kingmaker, bensì di chi manda avanti il suo coscritto a spianargli la strada per poter tornare in campo, acclamato come “salvatore della patria”. insomma, un gran burattinaio pro domo sua.

Al contrario, a rafforzare la posizione di Stefano Lo Russo è intervenuto proprio colui che per qualcuno potrebbe essere la soluzione di compromesso tra il candidato della sinistra e il professore del Politecnico. Il giovane consigliere regionale Daniele Valle, dopo essere stato gettato nella mischia dagli orfani di Saracco – si parla di un gran brigare del capogruppo di Luv Marco Grimaldi – ha preso la parola per dire che “in assenza di figure esterne in grado di riunire tutta la coalizione, il Pd non può che partire dalle sue figure istituzionali, cioè il segretario della Federazione e il capogruppo in Consiglio. E a fronte della disponibilità di quest’ultimo non possiamo che iniziare da qui la discussione”. Non esattamente un “Lo Russo o morte” ma comunque un segnale inequivocabile. Dopotutto Valle si è già scottato una volta, due anni fa, quando l’allora governatore annunciando di essere alla ricerca di un successore lo attirò nell'agone, salvo poi ripensarci e decidere di correre per quel secondo mandato sempre escluso. La commedia è diversa ma gran parte degli attori sono gli stessi.

L’incontro odierno è il primo che la delegazione del Pd – composta dai segretari Carretta e Paolo Furia, dalla numero due regionale Monica Canalis, lo stesso Valle, Domenico Cerabona e il capogruppo a Palazzo Lascaris Raffaele Gallo – ha in progrmma secondo un fitto calendario che prevede il confronto con la formazione dem a Palazzo Civico – in gran parte con Lo Russo – i parlamentari torinesi e gli ultimi tre sindaci di centrosinistra dei quali due – Piero Fassino e Valentino Castellani – si sono già avvicinati a Lo Russo.

Intanto, in queste ore, è giunto alle segreterie del Pd di Torino e del Piemonte un appello di un centinaio di attiviste e militanti a sostegno della candidatura di Gianna Pentenero, che a dire il vero mai si è candidata, almeno non secondo i canoni tradizionali. La due volte assessore, del resto, non è di Torino e non gode del sostegno di nessuna area del partito (la sinistra, quella a cui lei fa riferimento, si è divisa prima tra Saracco e Lavolta, poi tra Giorgis e Lavolta, poi tra Salizzoni e Lavolta). Tra le sottoscrittrici Mercedes Bresso e l’ex sindaco di Bra (Cuneo) Bruna Sibille. E così si avvalora la tesi di chi sostiene che in realtà Pentenero si stia candidando a un futuro ruolo di assessore senza passare dalle elezioni. Un altro documento, questa volta consegnato ai segretari di tutti i partiti e associazioni della coalizione, è stato redatto dall’ex segretario della Margherita, Pino De Michele, e altri esponenti di area per chiedere alle forze del centrosinistra di affidare a un gruppo di cinque saggi capeggiato da Castellani la selezione del candidato sindaco. Difficile, sia nel primo sia nel secondo caso, che tali appelli possano avere riscontro positivo.

print_icon