TRAVAGLI DEMOCRATICI

Salizzoni verso il passo indietro?

L'ipotesi primarie si allontana e così si affloscia anche la candidatura del chirurgo uscito malconcio dal confronto con Lo Russo. Spunta il nome di Pentenero. Ma chi dovrà decidere? E sulla data delle elezioni campeggia un enorme punto interrogativo

Una frase buttata lì, senza pensarci troppo su, o dal sen fuggita quasi a rivelare un piano B? Chissà cosa intendesse Mauro Salizzoni quando, alle battute finali del faccia a faccia con Stefano Lo Russo, parlando di parità di genere nella sua ipotetica giunta, ha detto che in fondo perché dovrebbe esserci una donna vicesindaco, “potremmo avere anche una candidata sindaco”. Che si riferisse a qualcuno in particolare o solo un modo maldestro di togliersi dall’impiccio? Chissà. Intanto, però, si intensificano le voci di un suo possibile passo indietro. Chi ha parlato con lui dopo il confronto organizzato da Moderati e Lista Monviso lo ha sentito scorato, sul punto di cedere, di gettare la spugna. Non sarebbe la prima volta, certo, lui d’altronde continua a ripetere di non essere neanche in pista e che ha solo “dato la disponibilità”, ma proprio mentre il cerchio si stringe intorno alle principali città al voto, questa defezione potrebbe segnare un punto, forse decisivo, per il suo sfidante nella corsa per la poltrona di sindaco di Torino

Ci sono due ipotesi che si rincorrono senza conferme. Una vedrebbe i maggiorenti della sinistra – sia interna sia esterna al Pd – principali sponsor di Salizzoni, pronti ad assecondare la sua voglia di farsi da parte, chiedendo a Lo Russo il medesimo sacrificio così da poter individuare serenamente e senza strappi e lacerazioni una terza via. Una strategia quasi velleitaria. La seconda riporta a quella donna evocata proprio dal chirurgo nel dibattito e che in molti hanno visto materializzarsi nel corpo di Gianna Pentenero, già assessore regionale a Istruzione e Lavoro, anche lei “disponibile” in questa corsa per Palazzo Civico. Lei è considerata donna della sinistra dem, ma può vantare rapporti stretti con una parte degli ex renziani, seppur ormai residuale, come quella rappresentata dal deputato Davide Gariglio

Le vicende locali s’intrecciano con quel che accade a Roma dove il Pd è uscito malconcio dalla crisi del Governo Conte e ora sta tentando di riorganizzarsi, (ri)costruendo assieme a Movimento 5 stelle e Leu le fondamenta del prossimo esecutivo di Mario Draghi. Un’alleanza strutturale che si rinnovi anche nelle grandi città al voto, almeno laddove è possibile. A Roma, dov’è stato lanciato l’ormai ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, pare difficile e così anche a Torino: le due città dove il Movimento ha amministrato e il Pd per cinque anni è rimasto all’opposizione. Altrove ci si sta lavorando.

Un nome che nessuno si sente ancora di escludere (con l'eccezione non trascurabile del diretto interessato) è quello di Andrea Giorgis, sottosegretario alla Giustizia uscente, esponente della sinistra cuperliana che, qualora rimanesse fuori dalla compagine governativa, auspica qualcuno, potrebbe impegnarsi direttamente per quella città in cui ha mosso i primi passi, come consigliere comunale con i Ds e poi capogruppo del Pd nel secondo mandato di Sergio Chiamparino. A chi gli ha parlato, tuttavia, lui ha continuato a ripetere che non è un’opzione sul campo. Sono altre oggi le sue prospettive e che anzi lui potrebbe sostenere proprio Pentenero.

Intanto a Torino resta l’impasse e anche l'aggiornamento previsto per la settimana appena passata tra i vertici del Nazareno e quelli locali del Pd è saltato, causa crisi di governo. Una variabile non certo indipendente è il tempo. Quando si vota? Fino a pochi giorni fa un rinvio delle urne in autunno sembrava scontato (fine settembre, forse inizio ottobre) ora, con la pandemia almeno apparentemente sotto controllo e il centrodestra che pressa per andare a votare si sta riproponendo con forza l’ipotesi di elezioni in primavera. Magari inoltrata, tra fine maggio e giugno. “Il Governo stava già ragionando con noi su un possibile spostamento delle comunali, se non dovesse abbassarsi la curva dei contagi” ha confidato il presidente dell’Anci Antonio Decaro, che poi però ha aggiunto che questa “ipotesi al momento mi pare lontanissima, certamente improbabile”.

Dunque voto entro quattro, massimo cinque mesi e un nodo ancora da sciogliere in quasi tutte le città. A Bologna il responsabile dell’Organizzazione del Nazareno Stefano Vaccari, dopo aver annunciato la disponibilità entro fine febbraio-inizio marzo di una piattaforma per le primarie online, ha lanciato il suo endorsement per l’orlandiano Matteo Lepore, facendo indispettire il suo principale sfidante Andrea De Maria, il quale ieri lo ha accusato di ingerenze. La sensazione è che le primarie difficilmente potranno essere svolte: non piace l’ipotesi di scegliere il candidato con un click e anche riguardo all’applicativo su cui starebbe lavorando il partito romano non mancano dubbi e perplessità al punto che c’è chi pensa possa essere solo un diversivo per prendere tempo. Fumo negli occhi in attesa che la situazione si chiarisca. Intanto il tempo passa.

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