LOTTA AL COVID

Vaccinazioni, corsa contro il tempo (e gli intoppi burocratici)

Si attendono le indicazioni per le priorità. I medici di famiglia: "Non sappiamo se partiremo dai più anziani". Solo dieci giorni per mettere a punto il sistema. Valle (Pd): "Visti i precedenti, siamo preoccupati per le prenotazioni attraverso i Sisp"

Mancano meno di due settimane all’avvio della campagna vaccinale per gli ultraottantenni e le attese circolari del ministero con le priorità in base alle quali procedere non sono arrivate. “Non sappiamo ancora se si inizierà a vaccinare i più anziani oppure si partirà proprio dagli ottantenni”, ammette Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, il maggior sindacato dei medici di famiglia. Non è, purtroppo, soltanto la questione dell’età da cui partire ad attendere una risposta certa, in vista della partenza fissata al prossimo 21 febbraio dell’immunizzazione della popolazione anziana. Uno dei parametri da utilizzare per stabilire la priorità nell’accesso alla vaccinazione dovrebbe riguardare alcune patologie e comorbilità, che in assenza delle linee guida ministeriali quasi certamente verranno fissate a livello regionale. “Ci sono quelle dell’Oms e dell’Ecdc, il centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie”, spiega l’assessore alla Sanità Luigi Icardi, lasciando intendere che non si aspetterà più di tanto la circolare del ministero. Ieri mattina i sindacati dei medici di famiglia hanno avuto una riunione tecnica in Regione proprio per affrontare gli aspetti di quella che la nuova classificazione ha indicato come Fase 1C e che rappresenta, dopo le vaccinazioni in ambito sanitario e all’interno della Rsa, il primo banco di prova sulla popolazione.

Dieci giorni, per arrivare alla vigilia del Vaccine day, che dovranno servire a mettere in condizioni di marcia una macchina che va ancora, per la gran parte, costruita. I medici di medicina generale devono ancora ricevere lo strumento informatico per stabilire, tra i loro assistiti over 80, le priorità di vaccinazione. Poi dovranno inviare l’elenco alle Asl di competenza territoriale per il contatto con gli anziani o i loro famigliari e l’invito a vaccinarsi. “Se penso a come hanno funzionato i Sisp delle Asl sul fronte dei tamponi, sono molto preoccupato”, dice Daniele Valle, consigliere regionale del Pd e coordinatore della commissione di indagine sulla gestione dell’emergenza Covid. In effetti il possibile imbuto che si potrebbe creare nelle gestione da parte delle aziende sanitarie è un rischio concreto.

Intanto ancora non si sa con certezza quale sistemi saranno utilizzati. Si parla di mail, di messaggi, di lettere spedite per posta, ma ad oggi nessuno sa come sarà scelto un sistema rispetto ad un altro, come saranno superati eventuali problemi di comunicazione con gli ultraottantenni.

Basteranno meno di due settimane per sistemare tutto? Forse sarebbe stato meglio affidare agli stessi medici di famiglia l’incombenza di contattare e prenotare i propri assistiti, con cui hanno un rapporto costante. Va detto che sono stati, però, proprio i camici bianchi a rifiutare di “essere usati come una sorta di centro di prenotazione”. Posizione legittima, ma che vista la situazione ancora emergenziale avrebbe potuto evitare una gran parte dei problemi. Non è un caso se già in questi giorni i mutualisti continuano a ricevere telefonate dei loro pazienti anziani per sapere quando potranno avere il vaccino. Tanto valeva affidare a loro, con un ovvio riconoscimento, quel compito che svolto dagli uffici delle Asl rischia di presentare molte più difficoltà.

Tra queste ultime si profila anche quella dei centri vaccinali. Il piano presentato pochi giorni fa dalla Regione ne contempla 60, ma non è affatto escluso che possano essere aumentati. A ipotizzarlo è stato lo stesso assessore alla Sanità, ieri in IV commissione di Palazzo Lascaris, a fronte di alcune richieste dei consiglieri, soprattutto per quanto riguarda i punti previsti per Torino. Ma ci sono altri numeri che ancora non si conoscono. Il piano stabilisce quanti centri saranno distribuiti sul territorio regionale, ma non è dato sapere quanti medici, infermieri e amministrativi opereranno in ciascuno dei punti stabiliti, quali gli orari, e di conseguenza quale sarà la loro potenzialità giornaliera di somministrazione dei vaccini. Sempre sperando che forniture di dosi previste vengano rispettate.

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