BANCHI DI NEBBIA

Gli studenti tornano in piazza: "Diteci perché ci lasciate a casa"

Ancora proteste contro la didattica a distanza. In 260 Comuni del Piemonte scuole chiuse dalle materne alle superiori, negli altri dalla seconda media in su. "È passato un anno e siamo allo stesso punto"

Nel giorno in cui 260 comuni del Piemonte entrano in dad al 100%, secondo Governo e Regione misura necessaria per contenere la diffusione dei contagi da Covid 19, gli studenti torinesi sono tornati in piazza per protestare contro la didattica a distanza che sotto la Mole coinvolge le scuole dalla seconda media in su. Muniti di computer, qualcuno anche thermos di caffè e coperte, sono seduti in piazza Castello davanti alla sede della Giunta regionale. Tra le prime ad arrivare Anita, la dodicenne allieva della Calvino che con il suo esempio ha ispirato la mobilitazione in tutta Italia. «I cosiddetti esperti dicono da un anno le stesse cose, ma nessuno ha niente e noi ci ritroviamo fuori dalle classi», aggiunge Maya, 16enne del liceo classico Gioberti. «Certo che siamo arrabbiati – aggiunge –. Nella mia scuola non ci sono praticamente casi di Covid». A questo punto, afferma Anita «meglio un lockdown totale che la chiusura della sola scuola. Avrebbe più senso». Decisioni, come quella delle chiusure delle aule, che sembrano prese senza un’adeguata valutazione. E comunque non comunicate in modo adeguato: «Continuiamo a chiedere i dati che dimostrino che noi studenti siamo veicolo di contagio e che per questo chiudono le scuole ma non ci dimostrano il perché. Ecco perché siamo nuovamente qui».

In piazza anche i genitori che non nascondono il disappunto dopo le notizie arrivate ieri dal ministero dell’Istruzione che esclude dalla didattica in presenza i figli dei lavoratori essenziali. “Il ministero smentisce se stesso: prima concede la didattica a scuola ai figli dei lavoratori essenziali poi se lo rimangia. Stiamo valutando con dei legali se ci sono margini per un ricorso su questa decisione” osserva Carola Messina, portavoce piemontese di “Priorità alla scuola”. «È passato un anno e siamo allo stesso punto, la scuola di nuovo paga un prezzo altissimo e i genitori con loro. Non ci sono congedi, né sostegni per le famiglie: il peso del welfare familiare è sulle spalle delle donne, sono loro a rimanere a casa in queste situazioni e mi pare non sia una grande conquista il giorno della festa della donna», conclude Messina.

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