LOTTA AL COVID

Vaccini, raddoppiare in 7 giorni

La Regione è certa di arrivare in una settimana a 20mila inoculazioni giornaliere. Le dosi ora non mancano, la vera incognita è la dimensione reale dell'esercito di vaccinatori. Barillà (Smi): "I medici non possono rifiutarsi". In campo gli specializzandi

Basterà una settimana per passare da poco più di 10mila vaccinazioni al giorno a quelle 20mila annunciate “entro la fine del mese” dal presidente della Regione, nel corso della conferenza stampa venerdì scorso? L’eventuale ostacolo non sarà più rappresentato dalle dosi: la struttura commissariale diretta dal generale Francesco Paolo Figliuolo ha comunicato che sarà proprio di 20mila dosi la disponibilità media giornaliera ad aprile per il Piemonte. Nel dettaglio dovrebbero essere tra le 12mila e le 18mila le dosi quotidiane di Pfizer, dalle 3mila alle 15mila quelle di AstraZeneca e circa 5mila quelle di Moderna. Ma ci sarà il personale sufficiente per raddoppiare il numero di inoculazioni?

Dell’esercito di vaccinatori evocato da Alberto Cirio e citato ancora ieri dall’assessore Luigi Icardi la Regione conosce la reale consistenza? I numeri esatti di medici, infermieri, operatori sociosanitari e amministrativi su cui poter contare sono reali e, soprattutto, saranno in grado di far fronte a quelle 20mila vaccinazioni al giorno? Per settimane si è continuato a stimare e annunciare in circa 3mila i medici di famiglia da impegnare nella campagna vaccinale, salvo poi scoprire che a quell’esercito mancava più di un battaglione. È stato lo stesso Cirio ad ammettere che alla fine della scorsa settimana i medici di base che avevano risposto all’appello erano solo un migliaio e di questo appena 400 quelli pronti a vaccinare nei loro studi con Astrazeneca non appena partirà l’immunizzazione per la fascia di età tra i 70 e i 79 anni. 

Di fronte a un quadro che se non si modificherà finirà con il pesare in modo grave sul numero di vaccini quotidiani, interviene con forza Antonio Barillà, segretario regionale del sindacato Smi. “I medici di medicina generale non possono rifiutarsi di vaccinare, è per noi un dovere etico e professionale, tanto più ineludibile visto che ci è data la possibilità di vaccinare nei nostri studi, ma chi non può farlo ha a disposizione i centri vaccinali”. Un richiamo forte di fronte a un dato per nulla incoraggiante che vede solo un terzo dei medici di famiglia fino ad ora impegnati nell’immunizzazione. Barillà un problema, tuttavia, lo evidenzia: “Non tutte le Asl hanno ancora formalmente chiesto ai loro medici di base se intendano o meno rendersi disponibili e questo non può che avere un riflesso negativo”.

Non solo, il segretario regionale dello Smi ricorda come la vaccinazione sia stata inserita negli obiettivi dati ai medici di medicina generale e quindi “è necessaria una formale richiesta da parte delle aziende per avere un quadro preciso di chi aderisce e chi rifiuta, superando una fase in cui ci si è affidati alla disponibilità fornita su base volontaria e non come risposta a una precisa domanda”.

Nell’attesa di vedere se e quanto il numero dei medici di famiglia aumenterà, anche per quanto riguarda un’altra parte dell’esercito dei vaccinatori si profila un’incognita. Ieri in un incontro con le scuole di Medicina dell’Università di Torino e di quella del Piemonte Orientale la Regione ha affrontato la questione dell’utilizzo degli specializzandi. In base al protocollo nazionale potranno dare il loro contributo, retribuito 40 euro l’ora, solo al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica. E già questo si profila come un problema: in quale orari potranno andare a vaccinare e con quale frequenza settimanale, vista anche la pressione prodotta dalla pandemia sui reparti delle cliniche universitarie? Il fatto che questa attività non possa valere al fine della formazione è un ulteriore elemento a sostegno delle perplessità circa l’apporto che potrà arrivare dagli specializzandi.

Mentre si attende la partenza della vaccinazione degli over 70 fissata per il 27 marzo, quella degli ultraottantenni vede per ora solo il 54% aver ricevuto la prima dose e il 13% il rischiamo a fronte dell’annunciato completamento delle prime dosi entro la metà di marzo. E non vanno meglio, al momento, le vaccinazioni a domicilio. Dei circa 36.500 piemontesi che per problemi fisici non possono andare nei centri vaccinali, nella stragrande maggioranza dei casi molto anziani, ne sono stati vaccinati appena 4.500. Entro domani le Asl dovranno inviare il calendario delle vaccinazioni per queste persone al Dirmei che, in caso di necessità metterà a disposizione la Protezione Civile. Ma più che di mezzi e di volontari, c’è bisogno di medici e infermieri. Alla fine del mese, quando le inoculazioni dovrebbero passare a 20mila al giorno manca poco. E, forse, è il momento di contare la forza reale del sempre evocato esercito di vaccinatori, senza far conto su possibili riservisti e volontari fino a quando il loro arruolamento non sia certo. 

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