LOTTA AL COVID

"Le Rsa non sono carceri", il Garante bacchetta Cirio

Le visite dei familiari sono ancora troppo complicati in molte strutture. Le associazioni: "Le stanze degli abbracci non bastano più. A rischio la tenuta psicologica degli anziani". Ora occorre che la Regione emani direttive univoche

La stanze degli abbracci, quando ci sono, non bastano più. “Bisogna consentire incontri in presenza vera, abbracci veri senza ostacoli. La vaccinazione degli ospiti delle Rsa ormai lo consente e non è più accettabile che questo non avvenga”, sostiene Andrea Ciattaglia della Fondazione Promozione Sociale, presieduta da Maria Grazia Breda.

A chiedere alla Regione un “intervento in merito alla criticità rilevate nelle strutture residenziali che non hanno adottato le misure organizzative opportune in grado di assicurare la ripresa in sicurezza delle visite esterne” è il Garante nazionale delle persone private della libertà personale, istituzione che abitualmente si occupa di detenuti. E che molti anziani, sotto il profilo dei contatti con i parenti, siano equiparabili ai detenuti lo sostiene la stessa associazione presieduta da Breda.

Un sollecito autorevole e pesante quello rivolto ormai da alcune settimane al presidente Alberto Cirio e all'assessore alla Sanità Luigi Icardi dal Garante Mauro Palma. “Il perdurare di situazioni di isolamento protratti per anziani e disabili ospiti delle residenze non trova ragione di essere e quindi configurerebbe una compressione de facto della libertà del cittadino – si legge nella missiva – sia per l’andamento della campagna vaccinale ormai in fase di completamento, sia per l’inosservanza della norma vigente in materia”. 

Un intervento, quello che si sostanzia nella lettera inviata al presidente della Regione, sollecitato da associazioni, caregiver e familiari degli ospiti delle case di riposo. Che, dal canto loro, attraverso i vertici delle associazioni di categoria respingono l’accusa di non applicare le norme. “Nelle strutture gli incontri avvengono in locali adeguati e con misure di sicurezza che possono essere un vetro divisorio, così come la stanza degli abbracci realizzata con teli in plastica, ma approfittando del clima si stanno attrezzando tavoli all’esterno che mantengano la distanza dove far incontrare l’ospite con i parenti – spiega Michele Colaci, vicepresidente di Confapi Sanità – Per gli ospiti allettati il visitatore viene vestito con dispositivi di sicurezza individuale e può recarsi accanto all’ospite stesso”.

A confermare l’adizione di questi sistemi di sicurezza è anche il presidente di Anaste Piemonte Michele Assandri: “C’è chi opta per il divisorio in plexiglass e chi per un tavolo che assicuri la distanza di due metri, tra ospite e visitatore entrambi dotati di mascherina”. Alle rimostranze dell’associazione presieduta da Breda circa l’esistenza di strutture dove le visite non vengono consentite neppure con questa misure di sicurezza, peraltro indicate in un recente Dpcm, risponde con un invito: “Ho detto a Ciattaglia di segnalarci quei casi di inadempienza sui quali interverremo se nostri associati, oppure segnaleremo il fatto ai Nas, ma fino ad oggi non ho ricevuto nulla”.

La Fondazione promozione sociale evidenzia come a Torino “da giorni non ci sono casi di positività nelle Rsa”, per rafforzare la richiesta di concedere incontri “anche nelle camere degli ospiti”.  Oltre al fatto che ancora nel bollettino di ieri in Piemonte di casi positivi nelle strutture se ne contavano 22, la “resistenza” da parte dei gestori ad allentare ulteriormente le misure di sicurezza è dovuta alle indicazioni della Regione che di fatto demanda alle direzioni sanitarie delle Rsa la valutazione circa le visite e le misure anticontagio da adottare.

“Non basta vedere a distanza l’ospite perché in molti casi, soprattutto in persone con disabilità, l’assenza di relazioni anche gestuali dirette determina una regresssione cognitiva. Rischi evidenziati dal Garante nella lettera a Cirio”, rimarca Brada. 

E proprio un protocollo chiaro, senza spazi ad interpretazioni, sarebbe forse la risposta che la Regione dovrebbe dare, contemperando le esigenze di sicurezza per preservare le strutture che nella prima e nella seconda ondata hanno contato un numero enorme di vittime, con quelle affettive e si salute psicologica degli ospiti.

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