ECONOMIA DOMESTICA

Gigafactory, ora Cirio alza la voce:
"Il Governo non se ne lavi le mani"

Per il ministro Cingolani "basta che sia in Italia", ma in realtà l'ultima parola sulla sede spetta proprio all'esecutivo visti gli ingenti contributi pubblici previsti. E la Regione Piemonte spedisce il dossier a Draghi

La sede della nuova gigafactory? Il ministro della Transizione ecologica se ne lava le mani. “A me interessa che sia in Italia per renderci autonomi. Sul dove decidono i territori e le aziende. A me spetta favorire il successo del Paese e da questo punto di vista garantisco laicità” ha detto Roberto Cingolani, intervenendo in una conferenza online della Regione Piemonte. Parole che hanno indispettito e non poco il governatore Alberto Cirio, da settimane impegnato assieme a parlamentari, industriali e sindacati in questa disfida tra lobby territoriali opposte per far sì che il nuovo hub per la produzione delle batterie sia a Torino e, nello specifico a Mirafiori (l’alternativa più accreditata è Melfi).

“Mi preoccupa quando il ministro della Transizione ecologica dice che la gigafactory potrà essere semplicemente in Italia e che spetta ai territori decidere dove, perché spettasse ai territori io firmerei domani mattina. Invece sarà proprio il Governo che dovrà fare la scelta” ribatte Cirio. Una decisione che, chiarisce il governatore “è fortemente politica”. Poi prosegue: “Noi rivendichiamo fortemente la localizzazione in Piemonte, non con un tono nostalgico e lamentoso, perché qui è nata l’auto e quindi ce lo meritiamo. Bensì perché c’è la convenienza nel venire qui, perché con l’auto sono nate qui anche tutte le competenze che le sono legate. Qui esiste un legame strettissimo tra Università e aziende, e grazie anche alle dotazioni infrastrutturali che abbiamo e alle quali stiamo lavorando, l’Italia ha convenienza a investire in Piemonte. E quando sento, come ha detto il ministro, che altrove c’è un problema di riconversione industriale vorrei accompagnare il ministro nelle nostre periferie e fargli vedere che i problemi di riconversione industriale li abbiamo anche in Piemonte”. “Mi auguro – conclude Cirio – che il Governo italiano sappia dire la sua: qui parliamo di investimenti che il privato da solo non può fare, e quando uno paga il conto può anche decidere qualcosa dei piatti che vengono serviti”.

Il ruolo dell’esecutivo in questa partita sarà tutt’altro che marginale giacché sulla nascita della gigafactory sono previsti importanti contributi pubblici legati proprio alla transizione ecologica. Per questo la competizione diventa anche, se non soprattutto, politica. Cirio ha annunciato che porterà a Mario Draghi il dossier della candidatura: “È una partita di tutto il Piemonte, non della Regione”. Ma proprio mentre intraprende la missione a Cirio arriva l’altolà del Pd: “Vuole che il suo dossier sia condiviso da tutti – attaccano il segretario regionale Paolo Furia e il capogruppo a Palazzo Lascaris Raffaele Gallo – ma proprio lui non ha ritenuto opportuno condividere il progetto con il Consiglio regionale e ieri la sua maggioranza ha deciso di rinviare per l’ennesima volta il voto sul progetto di insediamento e su tutti gli ordini del giorno, preferendo affrontare in una riunione dei capigruppo le prossime fasi della sua sanatoria sul gioco d'azzardo”. 

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