Siamo al pian dij babi

La mancata assegnazione della gigafactory a Mirafiori è solo e tutta una sconfitta torinese, della sua classe dirigente che parla, parla, parla, ma non è più classe dirigente riconosciuta nel Paese e nemmeno nei meandri di Governo. Ricordo solo che al governo della Regione vi è il centrodestra che da tempo governa anche il Paese e con loro i Cinquestelle, anch’essi governativi.

Un Presidente forzaitaliota (ancora?) scrive a Giorgetti, leghista; un’assessore Fratelli d’Italia scrive anch’essa allo steso ministro; abbiamo un sottosegretario governativo di centrodestra ma per Embraco, per l’Intelligenza Artificiale, per Stellantis perché non ottengono risultati? È colpa di altri? Sempre di altri?

Una sindaca pentastellata, punta emergente del Movimento declinante (è un ossimoro), scrive a Draghi ma fino a ieri al Mise ci stava un grillino, i Cinquestelle sono preponderanti nella maggioranza parlamentare, ma… Una sindaca rancorosa e astiosa verso la mobilità automotive, salvo gingillarsi a favore di telecamera per un centinaio di metri su un prototipo a guida autonoma.

Quindi non dovrebbe esserci problemi per Torino e il Piemonte essendo ben rappresentato a Roma. Eppure questa Regione, questa città non contano nulla nel panorama nazionale, perché?

Torino e il Piemonte negli anni passati, nei decenni scorsi hanno fornito molta parte della classe dirigente nazionale, di governo e di opposizione. Ultimamente abbiamo fornito la ministra Dadone, quella che mette i piedi sulla scrivania... Questa nuova politica, a cui hanno  contribuito, insieme, da via Fanti alla Fiom airaudiana, dalla Lega alla destra, ha prodotto negli ultimi cinque anni codesti risultati. Paghiamo la propaganda e il consenso facile con un’ambiguità fatta di sostegno al progetto di Scarmagno, per compiacere Confindustria Canavese, insieme alla gigfactory a Mirafiori. Paghiamo una miopia industriale, della politica (solo?) che ha fatto diventare Melfi l’antagonista di Mirafiori anziché pensare che Stellantis avrebbe messo la gigafactory, il cuore del motore elettrico, dov’è il cuore del motore termodinamico di Stellantis.

Ciò significa un’altra carenza nella capacità di essere classe dirigente sul territorio: non avere più rapporti con la proprietà di Stellantis e ciò non deriva dal fatto che Tavares sta in Francia e nel mondo, deriva dal fatto che questa città non ha coltivato i rapporti con gli eredi Agnelli. John Elkann è cittadino del mondo ma ha sempre detto di avere radici a Torino ma è la città politica che ha respinto questo dialogo. Lo ha rifiutato altezzosamente ritenendo che Fiat prima, Fca poi, se ne fosse andata e invece era qui. Ora questa città si beve la “storiella” fiommina-radicalchic che con Stellantis si scrive un capitolo nuovo e invece Stellantis, questo sì, è già da un’altra parte.

Torino e il Piemonte non hanno fatto squadra, i protagonisti erano tutti in campo ma per convenienza non per coesione e perché credessero in una visione strategica comune. D’altra parte lo dimostra l’approccio della Regione al Pnrr con il suo elenco di quasi tremila richieste di finanziamenti. Non parliamo di progetto Piemonte che sarebbe un’altra cosa.

Ecco perché abbiamo perso su Embraco, sull’Intelligenza Artificiale, sulla gigafactory e le postume, propagandistiche, lettere dei vari soggetti politici e non solo, a Draghi, sono la rappresentazione lampante del fallimento e dell’essere al “pian dei babi” come capacità di contare nei palazzi romani. A Torino servirebbe una scuola di formazione di alta politica diffusa sul territorio, accessibile e estesa il più possibile che scenda alla base della piramide di chi deve avere la visione d’insieme per realizzare la mission. Per riottenere risultati bisogna ricostruire e ci vuole tempo, costruire un progetto di alta formazione politica potrebbe anche vedere soggetti diversi unirsi su temi comuni e poi proseguire con le proprie specificità e orientamenti sociali e politici sempre restando in un progetto comune. I fondi europei potrebbero essere la base di sostentamento.

L’alternativa, purtroppo, rimane quella dell’attuale scuola di formazione politica in cui ti danno il kit del partito o del leader, ormai, il quale poi ti fa un “pippone”di un’ora e mezza e sei pronto a diventare sindaco, presidente, candidato, quello che preferisci e a distruggere tutto ciò che incontri. Insomma, a fare danni… agli altri.

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