INTERVISTA

"Con Damilano per voltare pagina", Crosetto scommette sulla vittoria

La volata del co-fondatore di FdI all'imprenditore candidato per il centrodestra: "La città si è impoverita, bisogna invertire il trend. Paolo persona libera senza debiti da saldare o rendite di posizione da conservare". Intanto manda in campo il nipote

Paolo Damilano? Rappresenta l’insofferenza di una città e del suo tessuto imprenditoriale che non ne può più della sinistra”. Questa volta ci crede Guido Crosetto, fondatore di Fratelli d’Italia insieme a Giorgia Meloni, il gigante di Marene che in passato ha visto almeno due volte sfumare sul traguardo (prima con Raffaele Costa poi con Roberto Rosso) il sogno del centrodestra di espugnare quella che un tempo era una capitale rossa del Nord Italia. E a furia di andarci vicini hanno dovuto accontentarsi cinque anni fa di dirottare su altri – leggi Chiara Appendino – i voti pur di vedere perdere i nemici di sempre. E questa volta c’è pure un Crosetto sulla scheda, il nipote Giovanni, in corsa per uno scranno in Sala Rossa nella lista di FdI.

Crosetto, i sondaggi al primo turno danno il centrodestra favorito col rischio però che l’anima progressista di Torino riemerga al ballottaggio con la saldatura dei voti di Pd e M5s. Teme una beffa come avvenne nel 1997 contro Valentino Castellani?
“Sono sfide profondamente diverse, allora per noi c’era Raffaele Costa, candidato forte ma un politico. Questa volta il centrodestra si presenta con un volto nuovo che incarna la volontà di una città di voltare pagina, di rilanciarsi, consapevole di quanto sia uscita indebolita da questi anni di amministrazioni rosse e gialle”.

Damilano continua a rivendicare la vocazione civica della sua candidatura, vivendo quasi come un peso l’ingombrante presenza dei partiti. Ma alla fine, se sarà eletto, comanderà lui o i partiti?
“Mi auguro che a Torino comandino idee e coraggio, ciò che è mancato in questi anni”.

Troppo comodo così!
“Ma guardi, io penso davvero che non ci sia tempo di discutere su chi comanda mentre assistiamo al lento declino di Torino a vantaggio di Milano”.

Torniamo alla concorrenza, sempre perdente, con Milano?
“Ma insomma possiamo dire che in questi anni abbiamo perso i nostri istituti finanziari, la nostra banca, la Rai, le reti. Per non parlare della Fiat che ora non si chiamerà più Fiat ma continua con il solito modus operandi: prende finché c’è da prendere e dietro di sé non lascia nulla se non aree in disuso e capannoni vuoti. Questo è il declino che la sinistra di fatto ha assecondato”.

Cioè alla sinistra tutto questo stava bene?
“Non voglio denigrare i miei avversari e poi la sinistra ha anche avuto amministratori decenti che hanno, appunto, amministrato l’ordinario. Ma senza nessuna visione, senza un’idea di come invertire il declino. Un po’ come i padroni di Gondor, nel Signore degli Anelli, che hanno rinunciato a difendere il proprio regno”.

Insomma, una città senza anelli né Agnelli. E Damilano ha la forza e la visione per invertire questo declino?
“Damilano dovrebbe far tornare Torino a essere trainante anche dal punto di vista economico. Far sì che torni a offrire delle opportunità ai giovani (che oggi scappano) e sia attrattiva per le aziende che continuano ad andarsene. Serve ripensare completamente questa città e lui ha l’energia per farlo, non ha rendite di posizione da difendere o debiti da saldare”.

Intanto anche a destra la politica ora si nasconde dietro candidati civici. A Roma Salvini e Meloni un po’ litigano un po’ fanno la pace ma di fatto sono antagonisti.
“Non è vero che litigano”.

Peggio, stanno su fronti opposti. Uno è al governo con sinistra e M5s l’altra all’opposizione, alla faccia dell'unità d'intenti.
“Però fanno le stesse battaglie e mi pare che gli elettori stiano premiando la coerenza della Meloni. Non c’è una competizione tra di loro anzi questa doppia posizione è quella che potrebbe consentire al centrodestra di governare tra un paio d’anni, magari meno”.

Governare per fare cosa? Lei ha partecipato alla prima stagione del berlusconismo quando il centrodestra era una coalizione di stampo liberale, almeno nelle parole del suo leader. Oggi cos’è il centrodestra? Esiste ancora un’alleanza organica di governo o è un retaggio del passato che vi portate dietro per via di un sistema elettorale che nelle città e nelle regioni impone ancora le alleanze?
“Questo è un tema che non dobbiamo eludere. Le parole d’ordine di Berlusconi spesso non sono state declinate nei provvedimenti presi poi dai suoi governi e quando ci ha provato hanno iniziato a piovere gli avvisi di garanzia. Certo che oggi va riscritta l’agenda a partire dai programmi. Da troppo tempo il centrodestra non riesce a fare squadra: bisogna che si trovino, si parlino”.

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