INTERVISTA

Canelli: "Damilano può farcela, ma non diffidi dei partiti"

Il sindaco leghista di Novara racconta la sua vittoria a furor di popolo e indirizza qualche consiglio all'aspirante collega di Torino. "Non abbia paura di perdere e se fossi in lui vorrei al mio fianco tutti i leader"

“Conto di avere la giunta pronta entro fine settimana, al massimo i primi giorni della prossima”. Va di corsa Alessandro Canelli, riconfermato sindaco di Novara con un risultato da record sfiorando di un soffio il 70 per cento. Cinquant’anni compiuti a giugno, dieci giorni prima di festeggiare i quarantacinque aveva sconfitto al secondo turno l’allora uscente Andrea Ballarè del Pd, riportando la Lega ad avere un suo uomo alla guida della città.

Stavolta, sindaco, è stato il candidato più tranquillo. Poteva dormire tra due guanciali in campagna elettorale.  
“Beh non esageriamo. Dormire si è dormito davvero poco, però è vero avevamo la percezione di farcela al primo turno, una base solida su cui essere abbastanza tranquilli. Quello che non sapevamo, anzi che non immaginavamo, era un così alto gradimento”.

Lei ha lasciato il suo principale avversario, Nicola Fonzo candidato per il centrosinistra, al 20,5%, ma c’è un altro dato che è balzato subito agli occhi: la sua lista civica Forza Novara-Canelli Sindaco è arrivata al 16,7% appena dietro a Lega e Fratelli d’Italia pari al 23. Nel suo partito c’è chi mastica ancora amaro, convinto che gran parte di quei voti finiti alla sua lista siano drenati dalla Lega facendo, alla fine un favore, al partito della Meloni. È andata davvero così?
“Ma no. E non è vero che nella Lega ci sia malcontento, tutt’altro. Ma le voglio spiegare com’è andata davvero. Questa lista nasce cinque anni fa ed era alternativa a Forza Italia che allora aveva deciso di non appoggiarmi”.

C’era ancora bisogno di quella lista, visto che Forza Italia stavolta la sosteneva e dalle urne ha incassato il 5,7 per cento?  
“Si, ma la lista Forza Novara abbiamo deciso di tenerla perché al suo interno c’erano persone che in questi anni hanno lavorato. Abbiamo tolto il tricolore per non fare confusione con Forza Italia e abbiamo aggiunto il mio nome e qui sta la spiegazione”.

Gli elettori hanno pensato di dare il voto a lei?
“Proprio così. Nella scheda elettorale al contrario delle scorse volte non c'era il quadratone col nome del sindaco ma solo una strisciolina piccola in alto. Quindi aprendo la scheda il primo posto dove si leggeva il mio nome era sul simbolo della lista civica. Il che non significa che non ci sia stato un cospicuo numero di elettori che non si identifica nei partiti della coalizione ma che hanno voluto esprimere la preferenza per il sindaco”.

Però essere raggiunta da Fratelli d’Italia, per la Lega è un rospo grosso da ingoiare. 
“Ma la Lega qui, nella seconda città del Piemonte ha preso il 23 per cento, abbiano tenuto su la media nazionale da Novara”.

Ma i Fratelli non sono stati da meno.  
“Siamo andati bene noi e sono andati bene loro, cosa volere di più? Il successo del partito di Giorgia Meloni è dovuto a un voto di opinione nazionale migliore del nostro, ma anche perché hanno costruito una lista con persone provenienti dal mondo dell’ex Pdl, di Forza Italia,  molto in gamba a raccogliere preferenze. La Lega ne ha preso circa 5mila loro 8mila. E poi c’è Gaetano Nastri, un amico oltre che un alleato, che ha lavorato benissimo. La forza del nostro lavoro di questi cinque anni appena passati è anche dovuta alla sintonia tra lui e me”.

Salvini e Giorgetti, si è andati al voto con una Lega sempre più divisa su due fronti, quello del suo leader a rincorrere la Meloni e quello filogovernativo e più affine ai governatori incarnati dal ministro. Quanto ha pesato questo clima? 
“Salvini è venuto a Novara due volte, una all’inizio della campagna elettorale e una alla fine. È quello che cinque anni fa si è battuto perché la Lega potesse avere il candidato sindaco a Novara e a Novara questo non ce lo dimentichiamo. Salvini è quello che ha portato la Lega dal 3 per cento a sopra il 20 e questo nella Lega non lo deve dimenticare nessuno”.

Detto questo?
“Detto questo è evidente che all’interno del movimento ci possano e ci debbano essere sensibilità diverse su certe tematiche, ci mancherebbe altro. Questo non significa che la Lega sia spaccata come certe narrazioni tendono ad enfatizzare. Anche nei momenti difficili la Lega ha sempre dimostrato di saper fare sintesi. Poi c’è chi ha più sensibilità su aspetti governativi o con un certo tipo di impostazioni rispetto a certe fasce economiche e sociali e chi verso altri temi”.

A proposito di temi, qual è quello su cui ha incentrato maggiormente il suo messaggio ai novaresi e che ritiene l’abbia portata al risultato che ha ottenuto?
“A differenza della scorsa campagna elettorale che era stata molto imperniata sull’immigrazione, questa volta abbiamo impostato la nostra campagna sullo sviluppo e della crescita territoriale perché in questi cinque anni abbiamo lavorato su questo e quindi è evidente che vogliamo dare continuità. Attrattività per le imprese, riqualificazioni urbanistiche del patrimonio residenziale pubblica, attenzione si temi sociali ma non in una logica assistenzialistica da reddito di cittadinanza”. 

Dall’immigrazione allo sviluppo. Avete ricalibrato le priorità e quanto ha influito la pandemia?
“Noi avevamo già incominciato prima del Covid. La pandemia non ha fatto altro che confermare ancora la necessità delle direttrici di sviluppo”.

Sindaco, lei che cinque anni fa ha vinto al ballottaggio con il 57,77 per cento dia un consiglio a Paolo Damilano.
“Premesso che Damilano ha bisogno di tutto fuorché dei miei consigli. Non è che arriva Canelli lo scienziato. E premesso che ogni città ha le sue dinamiche e quelle di Torino non le conosco benissimo, ma ci sono delle impostazioni comuni a ogni secondo turno”.

Tutto ciò premesso…
“I partiti contano ancora, anche se al secondo turno non ci sono più liste e simboli. Chi va al ballottaggio si deve ricordare che è stato indicato o sostenuto da uno o più partiti. E poi la partita è diversa dal primo turno: c’è la tua faccia, il tuo profilo, la tua storia, le tue caratteristiche non solo politiche ma anche personali contro quelle dell’avversario. Quindi sarà importante entrare nel cuore, nella pancia della gente, entrare in sintonia con quelli che sono i bisogni e le necessità che in questo momento Torino ha, in ogni fascia sociale, non solo di una parte. Empatico con chi è fragile o ai margini della società, ma anche concreto e pragmatico su quelle che devono essere le direttrici di rilancio e sviluppo della città che, per quello che vedo, sconta da anni un certo immobilismo”.

Un faccia faccia potrebbe essere utile?
“Fare un faccia a faccia all’americana può servire, ma non tanto per mettere in evidenza le carenze dell’altro quanto per convincere i torinesi della bontà del proprio progetto rispetto a quello dell’avversario”. 

C’è qualcosa che Damilano non dovrebbe fare?
“Non deve avere paura di non farcela. Lui può farcela. È espressione di un mondo della società civile che ha sempre caratterizzato il dinamismo economico e sociale di Torino. Forse qualcun altro è più espressione di apparati”.

Lei dice di non tralasciare i partiti. Enrico Letta ha annunciato che sarà a Torino per sostenere Stefano Lo Russo. Sarebbe utile lo facessero anche i leader del centrodestra, seppur Damilano continui a rimarcare il suo essere civico,?  
“Io fossi in lui li vorrei”.

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