GRANA PADANA

Il "caso Allasia" lacera la Lega

Sette consiglieri pronti a non votare la riconferma del presidente uscente, almeno alla prima chiama. Il partito torinese a tavola con Molinari, mentre i "separatisti" canavesani cenano per loro conto a Chivasso. Le sirene di Fratelli d'Italia per Gavazza, Fava e Perugini

Si mastica amaro dalle parti delle Lega. E il boccone indigesto, con conseguenti mal di pancia tanto nel gruppo consiliare di Palazzo Lascaris quanto al vertice del partito piemontese, non fa certo parte del menù consumato ieri sera alla sezione degli Alpini di Giaveno dove la nomenclatura, a partire dal segretario regionale Riccardo Molinari, si è attovagliata nella cena prenatalizia della Lega torinese. Assenti i "separatisti" canavesani, che nella vecchia geografia del Carroccio appartengono a una provincia autonoma e staccata da quella del capoluogo: una distanza che hanno intenzionalmente voluto rimarcare ieri sera, mangiando tra di loro a Chivasso. A questo punto per decidere il destino del presidente del consiglio regionale, oggetto di non poche critiche intestine, ci vorrà ancora il poco tempo a disposizione da qui a martedì quando l’aula voterà il rinnovo (o le riconferme) delle cariche che compongono l’ufficio di presidenza di via Alfieri.

La questione che riguarda Stefano Allasia, l’ex parlamentare insediato sullo scranno più alto di Palazzo Lascaris sotto accusa per un eccesso di autonomia nelle sue decisioni troppo indipendenti o addirittura in contrasto con quelle indicate dal partito, come nel caso della recente nomina del presidente del Corecom, è tutt’altro che di poco conto, tantomeno liquidabile senza strascichi. Il peso della vicenda e le possibili conseguenze emergono, tra l’altro, da quello sfogatoio che sono le chat interne. Dando retta ai messaggi sarebbero almeno 7 i consiglieri su 23 pronti a negare ad Allasia il loro voto per la sua riconferma. I più inviperiti per il blitz con cui il presidente ha nominato il manager Vincenzo Lilli, sarebbero Andrea CaneClaudio Leone, ma anche il novarese Riccardo Lanzo e persino Letizia Nicotra, insieme ad altri in una pattuglia che potrebbe ancora rinfoltirsi.

A far saltare le mosca al naso ad almeno un terzo del gruppo, ma anche allo stesso segretario regionale, non è stato soltanto il nome del manager scelto da Allasia, pressoché sconosciuto persino in ambienti leghisti, quanto e forse ancora più il metodo da lui applicato, tanto da aver trasformato in un’amara sorpresa per il gruppo e il vertice del partito quella che avrebbe dovuto essere una scelta condivisa. È noto come da parecchie settimane per quel posto alla guida del comitato regionale per le comunicazioni, più che dignitosamente retribuito con oltre 3mila euro al mese, era stato individuato il giornalista Gianni Pintus, da un po’ di tempo consulente della Lega per la comunicazione. Ma proprio questo incarico aveva fatto scattare negli uffici delle Regione l’allarme per l’inconferibilità dell’incarico al Corecom. Lo stop a Pintus (nome comunicato formalmente a Molinari che lo aveva avallato) – è il ragionamento del fronte critico verso Allasia – non giustifica certo una decisione del tutto autonoma come quella che, invece, il presidente ha assunto, peraltro indicando una figura su cui alcuni sollevano dubbi circa possibili conflitti di interessi per il suo ruolo professionale in società di telecomunicazione. Allasia non ha neppure virato sull’avvocato Mauro Pianasso, tra i papabili e sostenuto da una parte del gruppo a partire da Leone. Anzi delle presunte incompatibilità avrebbe taciuto fino all’ultimo, evitando di informare il gruppo.

Più che maretta, nel gruppo, pare esserci tempesta. Per dire, un altro consigliere come Gianluca Gavazza avrebbe minacciato, in caso di una sua mancata riconferma nel ruolo di segretario di presidenza, di passare armi e bagagli in Fratelli d’Italia. Potenziale migrazione che non si fermerebbe qui: altri, come Mauro Fava e Federico Perugini, avrebbero fatto intendere che i loro intensi rapporti con il capogruppo dei meloniani Paolo Bongioanni potrebbero preludere a una transumanza. Roba da far tremare le vene ai polsi di Molinari che ieri sera avrà certamente chiesto conto di quanto successo al suo commensale, per nulla convitato di pietra, Allasia.

Il quale avrebbe fatto innervosire non poco pure il capogruppo Alberto Preioni, tirato in qualche modo dentro la vicenda Corecom, avendolo citato in più di un’occasione come partecipe della decisione assunta. Tesi seccamente smentita dal capo dei consiglieri leghisti e ulteriore elemento che rende difficile, la forzatamente rapida, decisione su come affrontare il caso Allasia prima del voto di martedì. Dirompente rottura con tutte le conseguenze del caso o, piuttosto, un segnale chiaro al presidente con la sua elezione solo alla seconda chiama? La seconda ipotesi sembra, ad oggi, la più probabile, ma che nella Lega volino i piatti non basta la cena di ieri a negarlo.

print_icon