Full electric? Pensiamoci bene

Si sussurra che la 500E a Mirafiori, dopo averne prodotte oltre 50mila nel 2021 potrebbe produrne 300 al giorno, superando la soglia delle 60mila nel 2022 (senza cassa integrazione) e andare anche oltre questo livello. I più ottimisti si sbilanciano su 500 al giorno superando le 100mila vetture all’anno.

Naturalmente numeri giornalieri così alti sono possibili perché al montaggio vi sono meno componenti, manca il motore endotermico e tutta la parte relativa al cambio, e quindi le fasi di allestimento sono ridotte. Ma i maggiori produttori europei con in testa Herbert Diess, amministratore delegato di Volkswagen e Carlos Tavares, numero uno di Stellantis, sono molto critici sulle scadenze del 2030 e 2035 per il passaggio all’elettrico, sostenendo che l’addio al motore endotermico “è praticamente impossibile”. E non è un problema di microchip e i due ad non sono contrari all’auto elettrica, anzi.

I problemi del passaggio all’elettrico sono molteplici: dal software alle piattaforme per le batterie, alle infrastrutture di ricarica sulla rete autostradale. Oggi il mercato dell’auto elettrica è ancora lontano dagli obiettivi europei del 2030 e non guardiamo ai Paesi come la Norvegia che non fanno testo. Sembra davvero una missione impossibile considerando anche il numero di gigafactory che servirebbero in Europa. Diess ne ipotizza sei solo per Volkswagen. Quindi per Stellantis ne servirebbero da cinque a sei e dovrebbero essere pronte molto prima del 2030 e oggi siamo già al 2022.

Perché oltretutto, se consideriamo tutta la filiera elettrica, non si può pensare di produrre auto elettriche e ottenere l’energia elettrica per produrle dal carbone. È un non senso che non ridurrebbe l’inquinamento globale. L’energia per produrre elettrico va ottenuta da energie rinnovabili. Si apre quindi un capitolo complicatissimo e ideologizzato. Sempre che non inseriamo il gas e il nucleare pulito del futuro tra le rinnovabili come ha anche sostenuto in un’intervista il leader dei verdi italiani Bonelli.

Fa bene allora Tavares ad annunciare la messa in produzione del nuovo motore diesel euro 7, durante la visita ai due stabilimenti italiani di Termoli e Pratola Serra, in provincia di Avellino. Se da una parte si confermano i 30 miliardi di investimento per l’elettrificazione dall’altra bisogna perseguire la diversificazione dell’alimentazione dei propulsori. Considerando che i diesel, man mano che si evolve la ricerca, diventa sempre più puliti e meno inquinanti. Al netto del nostro parco macchine italiano molto vetusto. Perciò le politiche di incentivazioni statali vanno si applicate all’elettrico ma anche ai motori di nuova generazione.

D’altra parte la  maggior parte dei produttori, tra cui Chevrolet, Ford, Honda e Chrysler, produce dei mezzi flex fuel (il mercato brasiliano ha l’81% di motori flex fuel) che assomigliano alle versioni a benzina, ma che ovviamente hanno i tubi del carburante, il motore stesso e varie componenti necessarie per poter funzionare con E85.

Facendo un esempio il motore ibrido che combina l’uso dell’elettricità e della benzina. I motori flex fuel usano meno benzina e funzionano in maniera efficiente. Se invece pensiamo a un mezzo a carburante alternativo con motore biodiesel allora possiamo pensare a motori alimentati da carburante biodiesel, che deriva da oli vegetali e grassi animali o anche dal petrolio.

Il biodiesel brucia più pulito rispetto al diesel a base di petrolio, ma non è ancora molto usato perché in realtà ci sono pochi motori diesel che funzionano anche con biodiesel (ma potrebbe davvero essere un’ottima alternativa in futuro).

Allora diventa anche importante su questo territorio sviluppare alleanze di filiera tra mondo industriale della ricerca e agricoltura per recuperare gli scarti di produzioni agricole, le deiezioni animali e trasformarle in mezzo di alimentazione propulsiva. Il nostro territorio ne ha le caratteristiche, se pensiamo alle quantità di allevamenti animali esistenti e che potrebbero essere incentivati a crescere come sviluppo  agricolo in un’ottica di economia circolare nella gestione anche degli scarti vegetali e animali. Come è importante l’accordo raggiunto tra IP e Politecnico, con Environment Park e l’Istituto di tecnologia per la ricerca su altre fonti di energia come l’idrogeno verde e a un’azienda come IP andrebbe chiesto di ampliare, sebbene credo già esista, ricerca e sviluppo per la trasformazione degli oli esausti.

Rimane sempre lo stesso tema per cui oggi non ci si può concentrare su un solo sistema di propulsione ma occorre guardare in tutte le direzioni. Questo però dice anche che siamo in un periodo di grande incertezza. Evitiamo di fare come quel famoso sindacalista che quando bisognava fare una scelta diceva: “Siamo a un bivio, imbocchiamolo”. Occorre ponderare bene la strada da prendere e forse al bivio fermarsi a riflettere. Che poi le auto elettriche non sono una novità, agli albori del novecento a Torino vi erano già alcune aziende torinesi che le producevano.

print_icon