RETROSCENA

Poker d'assi per il dopo Cirio
(ma sarà lui a dare le carte)

Traguardato il giro di boa della legislatura, maggioranza e opposizione iniziano a interrogarsi sulle reali intenzioni del governatore. Lascia o raddoppia? In Europa o a Roma? E si fanno avanti i primi potenziali successori: Canelli e Ricca a destra, Valle e Borghi a sinistra

Il rimpastino di giunta e il coincidente giro di boa della legislatura regionale aprono la strada verso la fine del quinquennio del governo regionale guidato da Alberto Cirio. Un traguardo non ancora così vicino, ma non tanto lontano da impedire i preparativi e i ragionamenti sul “dopo”. Sia sul fronte del centrodestra, sia su quello opposto. In entrambi i casi la scelta da parte dell’attuale governatore sul suo futuro politico non solo non è marginale, ma riveste un’importanza che, ovviamente, non sfugge al diretto interessato. Non è un caso che rispetto a ormai parecchi mesi fa, quando il presidente non faceva mistero di una concreta possibilità di limitare a un solo mandato la sua “avventura” regionale, guardando con attenzione e interesse a un suo ritorno al Parlamento Europeo o, aggiungere al suo curriculum anche un seggio a Montecitorio o Palazzo Madama, da qualche tempo si è imposto un silenzio ferreo anche con chi è a lui più vicino. 

Se anche non avesse mutato i suoi propositi, di certo ha compreso che non ha alcuna convenienza a lasciar trapelare anche il minimo segnale in proposito. Innanzitutto per non sbarrarsi da solo la strada, o meglio le strade. E poi, logicamente, non intende lasciare terreno a potenziali concorrenti. Non solo a quelli del fronte avverso – e questo sta nelle cose – ma anche agli aspiranti presenti nello stesso centrodestra. Cirio, insomma, sa che è difficile sbarazzarsi di lui. La notorietà acquisita nella gestione dell’emergenza sanitaria, la rete di relazioni tessuta ai vari livelli in questi anni di governo, l’immagine di politico alla mano e sempre disponibile alle richieste finanche del sindaco del più piccolo comune: tutte cose che lo mettono al riparo persino dai contorcimenti autolesionistici così diffusi nel centrodestra che, salvo harakiri incomprensibili, difficilmente potrà dire di no alla sua scelta. Qualunque sarà. Insomma, il boccino è e resterà in mano a lui.

Nell’eventualità di un suo ritorno a Bruxelles nel 2024 quando si terranno le elezioni europee in contemporanea con le regionali, o della fine anticipata della legislatura per un suo trasferimento in Parlamento nel 2023, gli schemi nella maggioranza (ma non di meno nel centrosinistra) contemplano più variabili. 

È noto come nel caso di una mancata ricandidatura di Cirio e che spetti alla Lega l’indicazione del candidato, quello in pectore resta l’attuale sindaco di Novara Alessandro Canelli. Apprezzato amministratore, non torinese (ovvero del cosiddetto Piemonte2, area che decreta la vittoria o la sconfitta), ma sui cui pesa come un macigno il precedente del suo indiretto predecessore: quando l’allora sindaco Massimo Giordano lasciò in anticipo Palazzo Cabrino per andare a fare l’assessore regionale, la Lega e il centrodestra persero le elezioni aprendo la strada al piddino Andrea Ballarè.

Sempre immaginando una golden share leghista e un forzato hic manebimus optime di Canelli, non è un mistero che a scalpitare nei ranghi del Carroccio ci sia l’attuale assessore Fabrizio Ricca. Roba da provocare lo stranguglione al segretario regionale Riccardo Molinari. E pure questo è elemento di cui tenere conto e da inserire in uno scenario che da qui al momento delle scelte potrebbe mutare più volte e non di poco. Nell’attuale maggioranza (non poco attraversata da tensioni, sia pure sopite dallo stesso Cirio nelle attagliate vesti di Conte Zio), così come nell’opposizione.

Guardando al Pd, la recente elezione alla vicepresidenza del consiglio regionale di Daniele Valle ha più di una ragione per essere interpretata (anche) come viatico per la candidatura del giovane consigliere alla guida della Regione, candidatura che rimedierebbe alla fugace investitura svanita sotto il dietrofront di Sergio Chiamparino. Storia nota, acqua passata. L’handicap di Valle è l’essere torinese, quindi poco radicato in quel Piemonte profondo che guarda ormai prevalentemente a destra. E che nel caso di una sfida a Cirio assumerebbe i tratti dell’impresa quasi impossibile. Tuttavia il suo profilo ne farebbe un aspirante governatore con tutte le carte in regola, anche se forse affida troppo le sue chance di strappare la candidatura al sindaco Stefano Lo Russo, di cui è stato spin doctor in campagna elettorale. Visto quanto il primo cittadino ha impiegato per scaricare l’ex deputata Paola Bragantini dalla corsa per la segreteria del Pd torinese, a Valle conviene attrezzarsi per tempo e arruolare qualche altro supporter (anche se ha già dalla sua il senatore Mauro Laus).

Esclusa, anche dallo stesso interessato, una possibile discesa in campo dell’attuale sindaco di Cuneo Federico Borgna, ormai proiettato verso la guida della Fondazione Cr Cuneo, nel Pd ha preso a circolare l’ipotesi di Enrico Borghi. Il deputato ossolano, alla sua seconda legislatura, è ormai figura di livello nazionale nel partito di Enrico Letta (di cui è un fedelissimo), componente del Copasir, responsabile Sicurezza del Nazareno, Borghi sembra ripetere il cursus di Marco Minniti e nella prospettiva di un Governo di centrosinistra è difficile non immaginarlo al Viminale o a reggere il delicatissimo ruolo di sottosegretario con delega ai Servizi. Un profilo politico – è stato nominato commissario in Sardegna, a Benevento e in altre zone del Paese – e una “specializzazione” nel settore dell’intelligence che se da un lato accrescono le quotazioni, dall’altro legherebbero in maniera forte la carriera politica del parlamentare proprio a possibili ruoli di governo nazionale piuttosto che al vertice della Regione.

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