CAPITALISMO MUNICIPALE

Iren, per la presidenza spunta Gilli

Rumors sull'ex rettore del Politecnico, oggi addetto scientifico a Washington. Fu lui a mettere in cattedra il sindaco Lo Russo. Svolazzo di grembiulini e candidature dei poteri forti. I tempi stringono, primi nomi tra due settimane al tavolo del patto

Gli indizi sembrano portare in corso Duca degli Abruzzi. Nelle ultime ore c’è chi scommette che Stefano Lo Russo alla fine pescherà nel “suo” Politecnico il nome da piazzare al vertice di Iren. Il siparietto di venerdì scorso tra il sindaco e il vicerettore Giuliana Mattiazzo, salutata dal palco dell’inaugurazione del nuovo impianto di accumulo di calore a Mirafiori – “dicono sia molto vicina a me ma non ci sentiamo da un po’” – sembra, tuttavia, preludere al calo del sipario sul nome dell’accademica. Del resto, solo coloro che non conoscono il sindaco e la sua proverbiale assenza di senso dell’umorismo potevano scambiare quel saluto per un endorsement: la partita è troppo seria per essere liquidata con una battuta. In verità, Lo Russo non avrebbe del tutto distolto gli occhi dal Poli, da decenni fucina di pezzi di nomenclatura casalinga cui attingere in tempi di vacche magre. Da Rodolfo Zich a Valentino Castellani, senza scordare tra gli altri l’ex ministro e rettore Francesco Profumo che, guarda caso di Iren è stato presidente prima di traslocare in Compagnia di San Paolo. Continuerà, Lo Russo, nel solco della continuità?

Secondo alcuni che scrutano le sue, peraltro, imperscrutabili mosse in vista della scelta, non escluderebbe tra le ipotesi quella di Marco Gilli, che dell’ateneo è stato rettore prima di Guido Saracco e che all’epoca mise in cattedra l’attuale sindaco, oggi professore ordinario di Geologia, e che lo seguì nei suoi rapporti con la russa Gazprom. L’ex Magnifico dal 2019 è addetto scientifico all’ambasciata d’Italia negli Stati Uniti, come viene non a caso sottolineato nell’inner circle del primo cittadino (“Ma non sta a Washington?”), e potrebbe rimanere in quel ruolo almeno ancora un paio d’anni: l’incarico è biennale, rinnovabile fino a un massimo di otto anni.

Nel tourbillon che accompagna il rinnovo del board della multiutility, tra svolazzi di grembiulini e velleità di alcuni, certamente il sindaco è consapevole dell’entità della sfida: segnare con questa prima importante nomina, la coerenza con ciò che ha caratterizzato la proposta politica sfociata nella sua travagliata candidatura a Palazzo civico, ovvero il ricambio della classe dirigente: un rinnovamento generazionale ma anche nel metodo e nei parametri delle scelte. Insomma, chi indica come un curriculum troppo leggero (di cariche) un handicap per Alessandro Battaglino – profilo di vaglia tra i nomi in lizza e ritenuta da figure vicine al sindaco come “l’unica candidatura che oggi abbia un senso” – e pesa il valore con il lungo elenco di posti in cda, finisce per dar credito a quel “sottogoverno di relazione” che fa il paio con lo sgangherato capitalismo “di relazione” nostrano, di cui è campione insuperabile (ma non un’eccezione, purtroppo) il presidente della Fondazione Crt Giovanni Quaglia. E non è un caso che tra i principali supporter di Gabriele Galateri di Genola – molto attivo nel cercare sponde soprattutto all’ombra della Lanterna – vi sia Profumo più interessato al suo futuro e, non di meno, attento a quegli intrecci, appunto, “di relazione” che potrebbero finalmente coronare il sogno di guidare la Cdp.

Tu nomini me, io poi nomino te: sembra la parodia di una pubblicità della tivù in bianco e nero; invece, è quel circolo vizioso che è stata la fortuna di troppe mezzecalzette, un sistema che si perpetua e che il nuovo sindaco può, almeno per quanto gli compete, interrompere. A Lo Russo, inoltre, non dovrebbe sfuggire che le obiezioni mosse da alcuni della sua stessa cerchia verso l’eventuale scelta di Battaglino sono le stesse che vennero rivolte a lui quando era in ballo la sua ostinata candidatura a sindaco. Sarà in grado di rompere questo schema anche a costo di perdere qualche amico del quartierino? È la grande scommessa che si giocherà nei prossimi giorni.

I tempi per la scelta da parte del sindaco si fanno sempre più stretti, un paio di settimane e poco più. Il prossimo 21 giugno è convocata l’assemblea, ma già il 13 aprile tornerà a riunirsi il tavolo degli azionisti istituzionali: Genova, Torino e Reggio Emilia. In quell’occasione, probabilmente, si inizierà a stringere sul nome del presidente anche perché le liste per il consiglio devono esser depositate entro e non oltre 60 giorni prima dell’assemblea. E se c’è chi aleggia lo spettro di veti, in particolare da parte di Marco Bucci, va ricordato che il potere di interdizione è nelle mani di tutti i “pattisti” e va esercitato con estrema cautela. La verità è che a quel punto non si arriverà. Quando un nome arriva ufficialmente sul tavolo, dietro c’è un accordo, un lavoro di preparazione. A testimonianza di ciò giova ricordare quando l’allora sindaco Piero Fassino aveva deciso puntare su Alessandro Lorenzi, manager di lungo corso con incarichi di altissimo livello in gruppi come Fiat, Ferrero, Lavazza e in enti come Smat ed Eni, ma ritenuto per gli altri azionisti un po’ troppo attempato (classe ’48) e con qualche potenziale incompatibilità, in particolare da Genova con Marco Doria: proprio per evitare impasse imbarazzanti e fratture, Fassino ripiegò in fretta su Paolo Peveraro, salvaguardando la “torinesità” dell’indicazione. Cosa che fece solo apparentemente Chiara Appendino con Renato Boero, torinese milanesizzato da tempo. Ma l’aspetto geografico, che pure conta, non può essere messo davanti rispetto alla necessità di individuare un profilo alto e adeguato per una società quotata in borsa, con un ruolo importante nel settore dell’energia (ancor più nella prospettiva indicata dalla situazione attuale e i possibili sviluppi) e dalle potenzialità di future acquisizioni.

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