SACRO & PROFANO

"Per voi vescovo, con voi sacerdote", il primo passo d'addio di Nosiglia

Il prossimo 7 maggio passerà il testimone al suo successore don Repole. Oggi alla Messa crismale ha voluto accomiatarsi dal clero, stilando una sorta di bilancio dei 12 anni di episcopato a Torino

Cesare Nosiglia, 77 anni, si prepara a congedarsi dopo dodici anni alla guida della Chiesa di Torino. Un saluto ai presbiteri della diocesi, prima del commiato che avverrà sabato 7 maggio alle 15,30 con l’ingresso ufficiale del suo successore, don Roberto Repole. La celebrazione odierna della Messa crismale nella chiesa del Santo Volto ha offerto l’occasione all’arcivescovo uscente di stilare una sorta di bilancio del suo lungo episcopato, iniziato l’11 ottobre 2010: «Parafrasando il detto di Agostino, mi sento di dirvi che il mio intento è stato quello di essere per voi vescovo e con voi sacerdote, dove quel “per” indicava il mio servizio e il “con” indicava la mia piena partecipazione all’unico sacerdozio di Cristo. La tentazione individualistica si insinua sempre nel tessuto umano, ecclesiale e pastorale e impedisce di realizzare i cinque verbi che Giovanni Paolo II ha indicato al “suo” presbiterio e che io ho fatto risuonare tra voi la prima volta che abbiamo celebrato la messa: stare insieme, pregare insieme, decidere insieme, operare insieme e mangiare insieme».

Ha ringraziato il clero torinese per la «fiduciosa disponibilità e generosità e soprattutto la serenità, malgrado anche tante condizioni di vita difficili, di solitudine, di precaria salute a volte, di incomprensione da parte di alcune persone. Mi ha stupito il vostro spirito di obbedienza al vescovo e di rispetto ed accoglienza con cui mi avete ascoltato». Ha esortato i sacerdoti a condividere il più possibile i vari momenti della loro vita e attività pastorale: «Sono molti i sacerdoti, che vivono da soli in canonica facendosi anche da mangiare. Anche se per molti questo fatto viene affrontato con serenità e senza eccessivi problemi, credo che non sia una scelta positiva. A lungo andare, rischia di pesare, e fortemente, sul carattere oltre che spesso anche sulla salute. Chiedo di ripensare questa situazione per ricercare forme di maggiore condivisione, anche per i pasti, tra sacerdoti delle parrocchie dello stesso vicariato o unità pastorale o comunque vicine sul territorio. Incontrarsi, anche solo per i pasti principali, con altri sacerdoti è un grande dono ed arricchimento personale e comunitario».

Ripercorrendo gli anni trascorsi da arcivescovo, Nosiglia ha rivelato di essersi sempre chiesto «come predico, come faccio catechesi, come aiuto i poveri, i senza dimora e gli operai privi di lavoro, come dirigo le anime. Tutto ciò l’ho fatto per vivere e far crescere il mio sacerdozio e dunque la mia unione a Cristo e alla Chiesa. Ho cercato di condividerlo con voi e avere con voi un confronto: è stato parte del mio compito, il mio servizio. Vi chiedo scusa, se non sono riuscito a farlo emergere». Tanti i nodi che sono stati un cruccio: dalla formazione alla crisi vocazionale, al servizio missionario. «Dobbiamo guardaci molto dal permettere che il nostro sacerdozio, vissuto nel presbiterio, cessi di essere per noi la realtà più importante ed essenziale da curare, proteggere, aiutare a crescere come elemento unificante di tutto ciò che facciamo. Esso non deve mai diventare un fatto scontato e supplementare rispetto all’agire pastorale. Questo comporta un costante lavoro su noi stessi e nella nostra vita interiore con una permanente formazione spirituale, pastorale e intellettuale».

Nosiglia si è dimostrato particolarmente attento alla pastorale sociale, ponendosi accanto alle situazioni di crisi di molte aziende della diocesi: ha incontrato i lavoratori di molte aziende in crisi, partecipato alle assemblee, condiviso l’angoscia. Ha celebrato la messa di Natale davanti allo stabilimento di Riva di Chieri dell’Embraco. Un calvario, povertà vecchie e nuove seguite dalla Caritas diocesana: i rom, i migranti alle palazzine ex Moi e in montagna, ad Oulx, confine con la Francia, accanto a parroco, prefetto, associazioni. Da custode pontificio della sindone nell’ostensione del 2015 chiamò i giovani alla riscoperta delle radici della fede, accogliendo papa Francesco nel bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco e accompagnandolo nella storica visita al tempio valdese. Anni complessi fino all’ultimo, ha affrontato la solitudine del lockdown, la messa di Pasqua senza festa, l’accorata invocazione davanti alla Sindone in diretta mondiale, speciale liturgia che rinnovò nel 2021. La pandemia costringerà tra l’altro al rinvio del raduno mondiale di Taizé, la comunità ecumenica che ha celebrato il nuovo anno proprio a Torino, con cui si chiude questo episcopato. Per Nosiglia si chiude una stagione, ma «Torino resta per me un passaggio fondamentale della mia vita. Ci vedremo ancora, io resto qui, anche se volevano a tutti i costi che andassi a Roma. Ma ho preferito rimanere qui con voi». 

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