SANITÀ DEL FUTURO

Parco della Salute di Torino,
non c'è (quasi) più dialogo

Dopo quello di Novara anche il polo ospedaliero del capoluogo verso lo stallo. Gli ultimi due gruppi rimasti in corsa pronti a sfilarsi. Pesano rincari delle materie prime ma soprattutto la fornitura energetica. Progetto iniziale stravolto. Torna l'ipotesi di un commissario

Non c’è (quasi) più dialogo sul Parco della Salute di Torino. Ancora nulla è stato messo nero su bianco, ma non è un mistero neppure ai piani alti della Regione Piemonte che anche gli ultimi due gruppi rimasti in queste ore stiano prendendo più che in considerazione l’ipotesi di abbandonare il dialogo competitivo, cioè la procedura per ottenere un appalto giudicato allo stato attuale non più sostenibile.

Così, dopo Itinera del Gruppo Gavio, a tirare i remi in barca potrebbero essere, con una probabilità crescente giorno dopo giorno, anche il consorzio stabile Sis della famiglia Dogliani e la Siram del colosso Salini Impregilo. Non si è arrivati a una comunicazione formale, ma le difficoltà date dall’attuale capitolato e le conseguenti decisioni sono state già manifestate all’assessorato alla Sanità, il cui titolare Luigi Icardi ne è a conoscenza. Così come sono, ormai, chiari ed evidenti i nodi che se non saranno sciolti strozzeranno senza scampo il grande progetto del polo sanitario e scientifico, peraltro parecchio ridimensionato per non dire notevolmente smagrito rispetto agli intenti iniziali. Ci sono, e lo si sa da un bel po’, gli aumenti delle materie prime con costi lievitati a dismisura nei due anni di pandemia, ma c’è soprattutto una voce del partenariato pubblico-privato su cui si basa il progetto che rappresenta un’incognita non sostenibile dai potenziali partner privati della Regione: la fornitura energetica.

Quello che, nel corso della passata legislatura regionale, era stato il jolly calato con enfasi dall’allora assessore alla Sanità Antonio Saitta, oggi si è trasformato in un rischiatutto. Corso Regina Margherita, infatti, aveva messo i costi energetici a carico dei privati gestori nell’ambito del partenariato. Oggi con i rincari già antecedenti alla crisi ucraina e le imprevedibili evoluzioni geopolitiche ed economiche, quella voce che poteva sembrare marginale diventa la grande e inquietante incognita per chi deve costruire, ma anche gestire sotto questo aspetto la futura struttura sanitaria.

E così a oltre tre anni dall’inizio del dialogo competitivo – partito ufficialmente nel febbraio del 2019 – la Regione rischia di trovarsi in un cul-de-sac proprio come a Novara dove la Città della Salute è di fatto bloccata. Con le aziende che si tirano indietro dal progetto del super ospedale da 1.040 posti letto ad alta intensità, integrato in un polo didattico e della ricerca. Un investimento da 456 milioni – 142 in capo allo Stato, 7,5 alla Regione e 305 ai privati – un’eccellenza che rischia di rimanere solo sulla carta.

Come uscire da questa situazione, ben nota alla Regione? Icardi ribadisce in ogni occasione che è necessario un intervento del Governo che vada a fornire maggiori risorse, visto che il caso piemontese non sarebbe l’unico nel Paese. Fonti vicine all’esecutivo spiegano che qualche forma di aiuto potrà anche esserci, ma non prima dell’autunno, quando l’iter del Pnrr sarà definito e avviato. Insomma, l’agenda del dialogo competitivo non si combina con quella di Palazzo Chigi, il che non è un problema da poco. Il governatore Alberto Cirio ha già interessato della vicenda il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri che conta di portare nei prossimi giorni in missione a Novara e successivamente nel capoluogo.

I nodi sono piuttosto intricati. Il partenariato prevede, a fronte dell’investimento del privato, un canone da 32,2 milioni all’anno per 25 anni che la Regione deve versare a partire dal momento in cui la struttura diventa operativa. Se fino a tre anni fa l’operazione poteva essere considerata sostenibile, oggi i rischi superano i benefici. A tutela dei privati potrebbero essere introdotte delle clausole di salvaguardia, che però scaricherebbero i rischi sulle spalle della Regione. Per contro, però, non è possibile perdere altro tempo perché ogni anno che passa la sanità piemontese mette mano al portafogli per tenere in piedi strutture ormai obsolete come le Molinette – per cui si spendono 15 milioni di manutenzione all’anno – il Sant’Anna, il Regina Margherita e il Cto. Su questo serve un discorso a parte dal momento che è stato stravolto il progetto originario, scorporando queste ultime tre strutture dal nuovo ospedale.   

Di fronte a questa situazione, la Regione è in comprensibile allarme. Tant’è che l’idea di affidare a un commissario ad acta il Parco della Salute, accarezzata nei mesi scorsi in alcuni colloqui tra il presidente Cirio e il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, pare riprendere forza. Non è un mistero la difficoltà che da anni attraversa l’azienda Città della Salute diretta da Giovanni La Valle, sottoposta a piano di efficientamento (ovvero di rientro) e con problemi ordinari che uniti alla gestione di un iter così complesso come quello per la realizzazione del futuro polo sanitario risulterebbero un onere troppo gravoso.

Una figura con poteri speciali che metta anche ordine nei continui cambi di direzione impressi dalle amministrazioni regionale su un progetto che è stato stravolto per correre dietro a consorterie politiche e baronati medici. Il primo a uscire dal Parco della Salute fu il Cto, quando in piazza Castello sedeva Sergio Chiamparino, con l’obiettivo di farne un ospedale di base in grado di rappresentare un polmone di posti letto aggiuntivi, nel 2020 la giunta Cirio esclude anche il Regina Margherita, poi – è notizia più recente – Icardi conferma che persino il Sant’Anna resterà dov’è.

Un fiore all’occhiello al quale, uno dopo l’altro, sono stati tolti quasi tutti i petali. Ma dietro questa operazione e la conseguente nascita di una nuova azienda che unisca Sant’Anna e Regina Margherita non ci sono solo logiche di efficienza, come ha raccontato Icardi nella sollevazione generale. Non sono mancati, infatti, all’assessore consigli più o meno disinteressati. Il governatore però adesso vuole vederci chiaro e infatti la dgr con la nuova impostazione non è ancora stata approvata. Il tutto mentre si avvicina la fine dell'anno quando, sempre più in teoria, dovrebbero essere assegnati i lavori.

È nota, per esempio, la posizione a favore della scelta assunta dalla Regione per l’ospedale ostetrico e ginecologico del primario Daniele Franco Farina, candidato nella Torino Bellissima di Paolo Damilano dove ha raccolto 363 voti. Un forte link del cattedratico con il potente capo di gabinetto di Cirio Gian Luca Vignale, molto attivo per la difesa dell’autonomia del Regina Margherita quand’era consigliere regionale nel fronte sovranista. Stesso copione già visto per il Regina Margherita dove la politica si è piegata ai dettami di Franca FagioliTout se tient direbbero francesi. Il problema, però, è quello di tenere gli ultimi due gruppi candidati a costruire il, pur dimagrito, Parco della Salute. Più che le baronie potranno le calorie.