GIUSTIZIA

Assalto a Confindustria, 7 arresti

Undici misure cautelari nei confronti dei militanti di Askatasuna e di altri centri sociali responsabili dell'attacco all'Unione industriale di Torino durante il corteo studentesco dello scorso 18 febbraio. Rispondono del reato di resistenza aggravata alle forze dell'ordine

La Digos di Torino sta dando esecuzione a undici misure cautelari, nei confronti di militanti del centro sociale Askatasuna e di altri collettivi, per l’assalto all’Unione Industriali del capoluogo piemontese dello scorso 18 febbraio in occasione di una manifestazione studentesca contro l’alternanza scuola-lavoro. Quella mattina una ventina di manifestanti ha aggredito, anche con bastoni, un contingente delle forze dell’ordine dislocato a protezione dell’ingresso della sede dell’organizzazione datoriale di via Fanti. Tre arresti in carcere, quattro ai domiciliari e altrettanti gli obblighi di firma. Lesioni aggravate, resistenza e violenza le accuse contestate.

Secondo gli investigatori della Digos di Torino, guidata dal dirigente Carlo Ambra, gli undici antagonisti colpiti da misure cautelari tentarono con bastoni, petardi e lancio di oggetti di fare irruzione nella sede dell’Unione industriale. Dopo aver lanciato uova di vernice contro il palazzo, i manifestanti forzarono la porta d’ingresso per entrare negli uffici, ma le forze dell’ordine riuscirono a bloccare il tentativo. Nell’assalto rimasero feriti sei carabinieri e un funzionario della polizia.

«Non un legittimo esercizio del diritto di manifestazione del pensiero», né «l’intento di esprimere, anche con toni accesi, una propria posizione su una questione che è sicuramente di importante attualità, che ha avuto un risvolto innegabilmente tragico è il cui ripetersi è da scongiurare in futuro». Al contrario, «l’intento è stato solo ed esclusivamente quello di caricare le forze dell’ordine, strumentalizzando una questione di elevato valore simbolico e utilizzandola come vessillo per legittimare una azione che nient’altro è stata che semplice esercizio di violenza gratuita fine soltanto a sé stessa». È quanto si legge nell’ordinanza con cui sono state disposte le 11 misure cautelari. Al centro della manifestazione le proteste per le morte di due studenti, in provincia di Udine e nelle Marche, deceduti durante altrettanti stage a seguito delle quali si erano verificate in tutta Italia iniziative di protesta e occupazioni di scuole. Nelle carte si sottolinea, poi, che gli indagati «con azione organizzata si sono portati presso un “luogo simbolo” e, utilizzando strumenti di fortuna, quali aste ricavate da bandiere, hanno dato sfogo ad una violenza totalmente insensata e in spregio di ogni elementare valore di pacifica convivenza». In particolare, nel descrivere le singole posizioni, l’ordinanza evidenzia quella di un indagato che durante alcuni interventi di speakeraggio, prima dell’aggressione alla sede dell’Unione Industriale invitava i manifestanti “a farla pagare a questi che continuano a guadagnare sul nostro sangue, promettiamo vendetta, con la nostra forza possiamo piegarli, è il tempo del riscatto”.

“Abbiamo aperto le porte di Confindustria, non ci facciamo intimidire dalla polizia, andiamo avanti, andiamo dentro”. Una delle leader del movimento studentesco, attivista di Askatasuna. A parlare al megafono era una ragazza di vent’anni ora agli arresti domiciliari. “I responsabili di queste morti”, ovvero gli studenti deceduti durante gli stage “dovranno pagare e gliela stiamo facendo pagare. Gli abbiamo assaltato il palazzo. Forza ragazzi, possiamo aprire le porte di Confindustria. Grandi raga, non ci facciamo intimidire dalla polizia, non facciamo passi indietro, stiamo vincendo, siamo fortissimi, Confindustria è sotto attacco. Possiamo piegarli”.

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