GRANA PADANA

Inizia la grande fuga dalla Lega, lascia pure il presidente della Provincia di Asti

A poche ore dallo strappo dell'"esterno" Damilano, un altro duro colpo al partito di Salvini: l'addio di Lanfranco dopo trent'anni di militanza. Accuse alla linea politica nazionale e alla gestione locale. E dopo le amministrative la resa dei conti

“Ero nella Lega Nord quando raccoglieva il 3% dei consensi e ci sono sempre rimasto perché sentivo di condividere, pur tra molte contraddizioni, una tensione verso il cambiamento che oggi posso solo rimpiangere”. Si conclude così la lettera con cui il presidente della Provincia di Asti Paolo Lanfranco dice definitivamente addio al suo partito. Un epilogo in buona parte atteso, dopo mesi di fibrillazioni e accuse che arriva all'indomani di un'altra scossa tellurica che ha agitato il centrodestra piemontese con l'uscita dell'ex candidato sindaco di Torino Paolo Damilano.

Sempre più stretto tra il vicepresidente della Regione Fabio Carosso e il parlamentare Andrea Giaccone, Lanfranco si è sentito isolato al punto da essere costretto a violente uscite pubbliche per essere ascoltato. Era già successo all’inizio dell’anno quando aveva polemizzato contro il Piano delle strutture sanitarie di comunità approvato dalla Regione e poi in varie altre occasioni. Per esempio sul piano degli investimenti del Pnrr, in cui ha lamentato il mancato coinvolgimento della Provincia e poi, sempre a proposito di Sanità, sul servizio di emergenza, dal momento che molti centri del nord della provincia di Asti risultano “penalizzati” di notte a causa di una non adeguata distribuzione dei mezzi di soccorso. L’ultimo siluro è delle scorse ore contro il “Sistema Asti” riguardo il rinnovo delle cariche nel Gal (Gruppo azione locale). Nella sua lettera Lanfranco lamenta di essere stato lasciato solo dai vertici locali della Lega.  

Il suo addio arriva a pochi giorni dalla fine del suo mandato da sindaco di Valfenera che porterà anche alla conclusione della sua esperienza a capo della provincia. “È giunto il momento di prendere atto di come la mia permanenza risulti ormai inconciliabile e fonte di reciproco imbarazzo, per ragioni che afferiscono la linea politica nazionale e, soprattutto, a causa di profonde divergenze in ordine al modo di intendere il ruolo del partito nel contesto istituzionale locale” scrive ancora Lanfranco nel suo commiato.

Ma come si è arrivati a questo punto? Nelle dinamiche leghiste, Lanfranco è sempre stato considerato vicino a Giaccone, che lo aveva sostenuto alle scorse regionali contro Carosso che però ebbe la meglio, surclassandolo di circa mille preferenze. Fu a questo punto il leader piemontese Riccardo Molinari a imporre le condizioni della pace: Carosso sarebbe diventato vicepresidente della Regione in cambio di una tregua con Giaccone, commissario del partito, mentre Lanfranco ha ottenuto la presidenza della Provincia con l’ex assessore della giunta Cota Giovanna Quaglia ad affiancarlo nel ruolo di capo di gabinetto.

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