ITALIA ALLE URNE

Comunali, prove generali del 2023

Nel voto amministrativo si misurano non solo rapporti di forza locali per la conquista dei municipi. Chi più e chi meno, tutti i leader hanno qualcosa da vincere (o da perdere). Con occhio alle prossime politiche. L'asse Toti-Renzi a Genova e la sfida di Molinari nella "sua" Alessandria

Non saranno sfide epocali come le amministrative del 1993, le prime con l’elezione diretta dei sindaci, ma le comunali di domenica prossima rappresentano un termometro importante per i leader in campo, anche in vista delle Politiche dell’anno prossimo.

Gli occhi sono puntati soprattutto sul M5s dell’ex premier Giuseppe Conte la cui leadership, tra qualche giorno, potrebbe essere di nuovo messa in discussione dal tribunale di Napoli. I Cinquestelle sono presenti in poche realtà locali perché sono, ormai, consapevoli che il loro bacino elettorale è quello del voto d’opinione che trova la sua massima espressione nelle elezioni Politiche. Lo stesso avvocato di Volturara Appula non nutre grandi aspettative da questa tornata elettorale, ma ha ugualmente battuto tutto il territorio nazionale, in particolare il Sud. La sfida decisiva, per lui, è quella di Palermo, capoluogo della Sicilia, una delle poche regioni che si possono definire “granaio” di voti per i pentastellati. Qui, Giuseppi è stato acclamato dai suoi sostenitori come un papà che, grazie al reddito di cittadinanza, ha risollevato le sorti dei propri figli. Se il M5s, a Palermo, dovesse avere un crollo come è successo in precedenza a Roma, Torino e Napoli, allora Conte non potrebbe più trincerarsi dietro delle motivazioni da azzeccagarbugli. Perdere consensi a Palermo, per i pentastellati, sarebbe come sbagliare un gol a porta vuota.

Enrico Letta, invece, apparentemente non ha nulla da perdere dal momento che le amministrative di cinque anni fa furono una sorta di Caporetto per il Pd. Qualsiasi città in più conquistata sarebbe una vittoria ma, come si sa bene, ci sono partite che contano più di altre. Dando quasi per scontato che a Genova rivincerà il centrodestra, forse anche al primo turno, l’altro importante capoluogo di Regione in cui il Pd si gioca la faccia è L’Aquila. Il capoluogo abruzzese è stato espugnato cinque anni fa dal meloniano Pierluigi Biondi che, oggi, viene dato per favorito. Certo, Letta è pisano e non gioca propriamente in casa, ma la candidata sindaco di centrosinistra è la senatrice Stefania Pezzopane, un volto storico della città e un esponente di spicco del partito a livello nazionale. Perdere vorrebbe dire che, nella sfida a distanza tra amici-nemici, la Meloni avrebbe avuto la meglio su Letta.

Genova, invece, è la città-chiave per capire non tanto il futuro del M5s che è nato qui per volontà di Beppe Grillo, ma per saggiare il futuro del centro targato Renzi-Toti. Il leader di Italia Viva ha deciso di sostenere il primo cittadino uscente Marco Bucci, probabilmente, per rafforzare il suo legame con Giovanni Toti, presidente della Liguria e leader di Cambiamo! La nascita del nuovo centrino passa sicuramente da Genova.

La Lega ha la responsabilità del campione uscente che deve ripetersi in tre città della Lombardia: Como, Monza (patria del capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo), e Lodi. Ma non solo. La vera sfida sarà Verona dove Matteo Salvini e Giorgia Meloni si sono ritrovati, tra baci e abbracci, per sostenere il sindaco uscente di FdI, un tempo leghista, Federico Sboarina. A fare da terzo incomodo, tra centrodestra e centrosinistra, c’è l’ex sindaco Flavio Tosi, acerrimo nemico di Salvini che gode dell’appoggio di Forza Italia e dei renziani di Italia Viva. Se a Verona, a causa delle divisioni nel centrodestra, vincesse l’ex calciatore giallorosso Damiano Tommasi, la Meloni avrebbe perso la sfida di sfondare al Nord, ma per Salvini sarebbe come perdere in casa.

Le altre importanti competizioni, almeno per i ministri Andrea Orlano e Lorenzo Guerini sono La Spezia e Lodi, le loro due rispettive città d’origine. Entrambi sono a capo di una corrente del Pd e, perciò, vincere o perdere nel cortile di casa determina un rafforzamento o un indebolimento all’interno del partito (e non solo). Stesso discorso vale per il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari che, in questi giorni, sta girando in lungo e in largo la “sua” Alessandria. Da ultima c’è Piacenza, governata dal centrodestra, ma storico feudo di Pierluigi Bersani. Da Nord a Sud, tutti i leader politici devono stare attenti a quel che avviene nella cinta daziaria perché nessuno è profeta in patria.

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