POLITICA & GIUSTIZIA

Appendino ricattata a sua insaputa.
Alla sbarra l'ex pitbull Pasquaretta

Prima udienza del processo all'ex portavoce. Per il pm avrebbe fatto pressioni sull'allora sindaca e sul viceministro Castelli per ottenere nuovi incarichi. Le due grilline lo hanno sempre escluso, non costituendosi parte civile. Tra i testimoni anche il sindaco Lo Russo

Per il pubblico ministero avrebbe fatto pressioni sull’allora sindaca Chiara Appendino di cui era stato “il pitbull della comunicazione” (come lo definiva scherzosamente lei prima di liquidarlo), così come sul viceministro del Mef Laura Castelli, per ottenere nuovi incarichi dopo aver perso quello al fianco della prima cittadina. Ma Luca Pasquaretta quegli addebiti riferiti a presunti fatti che risalirebbero al 2018 li ha sempre respinti con decisione, così come sia Appendino sia Castelli hanno sempre spiegato ai magistrati di non aver mai percepito alcun intento estorsivo da parte sua. 

Proprio per questo secondo aspetto, confermato dalla mancata costituzione di parte civile dell’ex sindaca e dell’attuale viceministro, contribuisce a connotare di più di una stranezza il processo a carico dell’ex portavoce apertosi stamani a Palazzo di Giustizia la cui prossima udienza è stata fissata a settembre.

Come detto, la vicenda, risalente al 2018, due anni dopo la vittoria elettorale che ha portato Appendino a guidare la città e rientra in un'inchiesta più vasta che annovera sei imputati. Per quanto riguarda certamente il più noto, ovvero colui che per due anni e prima ancora in campagna elettorale è stato l’ombra di Appendino e il custode, spesso feroce, dei suoi rapporti con l’informazione, il pm Gianfranco Colace sostiene che dopo la cessazione del suo rapporto di collaborazione, avrebbe esercitato pressioni illegittime per ottenere nuovi incarichi. Pressioni che sia Appendino, sia Castelli hanno ribadito nel corso dell’inchiesta di non aver mai subito e neppure percepito.

Ciò nonostante la vicenda è approdata in aula, dove oggi il tribunale, tra l’altro, ha respinto una eccezione degli avvocati sulla utilizzabilità di alcune intercettazioni telefoniche e non ha accolto la proposta presentata dalla difesa di uno degli imputati, Giuseppe Musacchio, all'epoca commissario straordinario del Consorzio di Bonifica della Basilicata, di trasferire a Roma o a Matera la parte del processo che lo riguarda. 

Musacchio è stato chiamato a rispondere di corruzione, poiché  secondo il pm avrebbe procurato a Pasquaretta l'incarico di responsabile dell'ufficio comunicazione del Consorzio. In cambio, l'ex portavoce della sindaca di Torino avrebbe messo a disposizione le sue "relazioni politiche consolidate" per organizzare incontri utili alle sue esigenze. Il tribunale, nel confermare Torino come sede del processo, ha preso atto che a Roma nel gennaio del 2019 ci fu un incontro tra Musacchio e un sottosegretario di governo. Ha però osservato che, in base a quanto risulta dalle indagini, nello stesso periodo Pasquaretta avrebbe telefonato ad Appendino perché' incontrasse un amico del commissario del Consorzio per una questione sorta intorno alla mostra su Leonardo in corso alla Reggia di Venaria. 

Tra i 39 testimoni che saranno chiamati a deporre nel corso del processo, oltre ad Appendino e Castelli, c’è anche l’attuale sindaco Stefano Lo Russo, il presidente della Fondazione per il libro dell'epoca ed ex ministro Massimo Bray, ex assessori e consiglieri comunali. A Lo Russo verrà chiesto di riferire sull’attività svolta da consigliere comunale di opposizione, quando sollevò il caso di una consulenza offerta a Pasquetta dal Salone del libro per il 2017.

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