VERSO IL VOTO

Alleati o listone unico poco cambia, Salvini si è già pappato Forza Italia

Nelle truppe berlusconiane del Piemonte prevale la rassegnazione di fronte all'anschluss leghista. Con i consensi in picchiata e un gruppo dirigente in disarmo gli azzurri sperano di conquistare "se va bene" 5 seggi, tra Camera e Senato. La madre-padrona Ronzulli

“Brunetta e Gelmini? Riposino in pace”. Ma a fare gli scongiuri toccando quel che capita sottomano non sono soltanto i due ministri che hanno abbandonato Forza Italia (Carfagna seguirà tra poco) e che ricevono da Silvio Berlusconi il non gradibile viatico. A toccar ferro per non toccare il fondo sono in molti dentro al partito, a quel che rimane. Il pozzo di Matteo Salvini non è, per gli azzurri, quello di San Patrizio, ma finirci dentro pare un destino segnato, anche se da Villa Grande (versione capitolina dell’arcoriana Villa San Martino) partono messaggi che paiono quelli di un marziano a Roma.

L’“appiattimento sulla Lega” denunciato da Renato Brunetta è proprio quello verso cui, come un dirupo, s’incammina rapidamente la truppa dei berluscones con la data segnata sull’agenda, dal Colle, al 25 settembre. Fino a ieri l’altro le quotazioni di un listone unico tra i due partiti in funzione di diga contro la tracimante (nei sondaggi)  Giorgia Meloni erano molto alti. Oggi, con il calendario accorciato, l’ipotesi è decisamente meno concreta, pur restando sempre e ancora sul tavolo. Ma anche se l’anschluss salviniano verso il sempre più debole alleato non dovesse passare per quella via, poco cambia. 

E così, come spesso accade, il riverbero delle questioni nazionali sui cosiddetti territori offre una visione se possibile ancor più nitida e, in questo caso preoccupante, per protagonisti e aspiranti di una competizione elettorale che, calendario alla mano, fa un baffo alla balnearità di lontani governi della Prima Repubblica. Drizzano le antenne quelli che da azzurri stinti temono di morire leghisti, per mutuare ribaltando una celebre frase di Luigi Pintor (“non moriremo democristiani”, era il 1983) e temono i leghisti nel caso si dovessero cedere posti nell’eventuale rassemblement

Fibrillazioni, telefonate, messaggi, domande che spesso non possono ancora avere risposte. “Davvero si farà il listone?”, vecchio progetto di Licia Ronzulli, madre-padrona del partito del Cav di cui ormai è impenetrabile filtro e schermo. Ma è solo uno degli interrogativi che si rincorrono in queste ore, con ormai i giorni che hanno preso a scorrere verso l’appuntamento di fine settembre. 

Nelle fila berlusconiane del Piemonte si guarda a vecchi numeri con la consapevolezza di non poter ripetere quei risultati. Nel 2018 dei 67 eletti in Parlamento Forza Italia portò a Roma 8 deputati e 6 senatori (alcuni poi persi per strada, con passaggi di casacca) e oggi in una prospezione del coordinatore regionale Paolo Zangrillo, quella cifra viene ridotta a un terzo, insomma, se va proprio bene si portano a casa sei seggi in tutto, ma 5 sarebbe già un successo. Gli stessi 6 consiglieri regionali rispetto ai 5 di Fratelli d’Italia paiono una parte di uno scenario difficilmente replicabile. 

In questo scenario fin troppo facile vedere le maggiori difficoltà per i due parlamentari che hanno, rispettivamente nei due ministri usciti dal partito i loro riferimenti. E dunque futuro a dir poco incerto (in Forza Italia) per la gelminiana Claudia Porchietto e per il brunettiano Carlo Giacometto, entramni privi di copertura nazionale. Nel prodromo del totonomi entra la giovane coordinatrice del partito in Valle d’Aosta Emiliy Rini, investita a suo tempo del ruolo dal plenipotenziario piemontese con propaggini nella Vallè Zangrillo, noto fratello del più noto medico personale del Cav, nonchè deputato con assicurazione certa di posizione blindata.

Circola pure il nome della consigliera regionale Alessandra Biletta e del suo collega, nonché assessore Andrea Tronzano, talmente habitué delle urne da candidarsi in ogni elezione. Sarà invece il titolare del Trasporti in giunta regionale Marco Gabusi a rappresentare Alberto Cirio in Parlamento prendendo il posto di Marco Perosino, mentre tira aria non proprio in poppa per la senatrice Virginia Tiraboschi, mai entrata in sintonia con il cerchio tragico di Arcore e per Mirella Cristina a quanto si dice già scaricata dal suo pigmalione Gilberto Pichetto, viceministro e senatore che ha rapporti diretti e molto solidi con aziende e famiglia Berlusconi senza dover passare dai varchi renzulliani, seppure con la Licia abbia ottimi rapporti e anche per questo potrebbe contare su una tranquilla ricandidatura. Possibile aviolancio per paracadutare sul suolo piemontese la capogruppo al Senato Anna Maria Bernini come capolista per parare oggettive difficoltà in Emilia-Romagna. Ricandidature anche per i due dioscuri di Zangrillo, ovvero Roberto Rosso e Roberto Pella, quest’ultimo con un link diretto con Ronzulli. Finge un certo disimpegno il parlamentare novarese Diego Sozzani, al cui posto andrebbe più che volentieri l’ex governatore Roberto Cota passato da tempo dalla Lega al partito di Berlusconi. Non è, tuttavia, affatto detto che l’ex presidente della Provincia di Novara molli facilmente il suo posto. Dato come new entry Eugenio Gambetta, ex sindaco di Orbassano, almeno se verrà tenuta fede alle promesse fatte. Tanti aspiranti alla riconferma, non di meno coloro che ambiscono a mettere per la prima volta piede in Parlamento e tutti questo a fronte di quei cinque, se va bene sei, posti stimati dal vertice del partito.

Tira aria diversa nella Lega dove non si fa mistero della quasi certezza di poter riconfermare tutti gli uscenti, salvo qualche sostituzione o rincalzo. Nel 2018 il partito di Salvini portò a Roma 13deputati e 5 senatori. Proprio tra gli inquilini di Palazzo Madama, c’è il verbanese Enrico Montani che completata la sua terza legislatura potrebbe, ma non è detto, passare il testimone al suo sodale e fedele Alberto Preioni, oggi capogruppo a Palazzo Lascaris. A Novara molti si attendono il ritorno di Massimo giordano, ex sindaco e assessore regionale, anche se tra i molti pretendenti al probabile unico seggio parlamentare della zona (Marzio Liuni farà di tutto per conservare lo scranno) alla fine prevarrà Alberto Gusmeroli. Da capire se nell’Alessandrino la senatrice Rossana Boldi deciderà di ritentare un ritorno oppure, chissamai, spendersi per il molto apprezzato (da lei) sindaco di Tortona Federico Chiodi.  Sempre in terra mandrogna scenderà in campo, ovviamente, il segretario regionale e capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, anche se per lui come per tutti i big nazionali le candidature in altrui collegi, fino a cinque, paiono scontate. 

Insomma, la corsa per le liste ormai è incominciata. Se poi dovesse essere un listone, allora sì che i patemi d’animo, da una parte e dall’altra aumenterebbero. Come la temperatura, climatica ma non solo, che segnerà questa campagna elettorale da ombrellone. Che molti capovolgerebbero volentieri per farne un paracadute.

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