RETROSCENA

Molinari prenota la Camera

Non solo collegi e futuri ministeri, nel centrodestra iniziano a spartirsi con largo anticipo anche le principali cariche parlamentari. Il capogruppo leghista non disdegnerebbe sedersi sullo scranno più alto di Montecitorio. E le ambizioni di Tajani fanno felice Cirio

Divide et impera. Piace al centrodestra la definizione nobile della spartingaia e a questa di prepara la coalizione guardando oltre e prima ancora (nella scansione temporale) che a Palazzo Chigi, alla seconda e terza carica dello Stato. Lo fa cercando di scacciare lo spettro delle mosse e degli sgambetti che precedettero l’elezione di Elisabetta Alberti Casellati alla presidenza del Senato dopo la “candidatura” della forzista Anna Maria Bernini da parte di Matteo Salvini con Silvio Berlusconi che puntava su Paolo Romani e dovendo accontentarsi solo (si fa per dire) di Palazzo Madama di fronte al successo dei Cinquestelle che portò Roberto Fico alla guida dell’Aula di Montecitorio.

Stavolta se le previsioni e le aspirazioni troveranno conferma si tratterà di occupare un posto da parte di ciascuna delle tre forze alleate. Giorgia Meloni non lascia spazio a diverse interpretazioni sulla presidenza del consiglio: “Un voto in più degli altri e il nome è il mio”. Se i sondaggi avranno ragione, andrà così. E così Lega Forza Italia si preparano, pur non ammettendo palesemente l’avverarsi dello scenario, a piazzare il segnaposto sullo scranno più alto del Senato e su quello della Camera. Schemi che possono ancora stare nei confini della fantapolitica, ma che ai vertici dei partiti già si preparano, anche per evitare i rischi corsi in passato. Tante le variabili e le incognite, come non può che essere prima dell’esito del voto. Con questa premessa vanno presi i rumors, non certo infondati, che raccontano di come tra le questioni sul tavolo dell’alleanza ci sia quella, appunto, dei vertici parlamentari e qualche passo in avanti che porterebbe a prevedere la presidenza del Senato a Forza Italia e quella della Camera alla Lega, sempre nello scenario con Fratelli d’Italia primo partito della coalizione.

Dalle parti di Arcore, mentre ancora è in forse la candidatura di Berlusconi. il quale ha comunque già escluso la possibilità di sedere dove ora sta la Casellati, il nome che circola con insistenza è quello di Antonio Tajani. Il numero due del partito, già presidente del Parlamento Europeo, ha il profilo giusto per quella carica. Sarebbe il primo monarchico (nota è la sua antica, giovanile e mai rinnegata militanza nell’Unione Monarchica Italiana e del Fronte Giovanile Monarchico) a ricoprire la seconda carica della Repubblica. Spigolature. 

La sostanza sarebbe ben altra e le ricadute pure, tant’è che proprio in Piemontetout se tient, direbbero i francesi – c’è chi guarda con attenzione e pure con speranza a questa ipotesi. Per il governatore Alberto Cirio, che anela il ritorno a Bruxelles (con un ruolo che potrebbe essere anche diverso e più alto rispetto al seggio al Palais de l’Europe), il passaggio da Strasburgo a Roma di Tajani sarebbe qualcosa che potrebbe assomigliare a un viatico. Il rapporto tra i due è antico e solidissimo. Proprio a Tajani si deve l’investitura, con molto anticipo rispetto a quella ufficiale, di Cirio a candidato alla presidenza della Regione. 

E la Lega? Salvini potrebbe puntare su un profilo decisamente politico e parlamentare, su una figura che nella legislatura ha messo in luce doti di equilibrio e maturato esperienza dei lavori d’Aula. L’identikit è quello di Riccardo Molinari. Alla guida del gruppo di Montecitorio, ricevendo il testimone da Giancarlo Giorgetti quando l’eminenza grigia di via Bellerio si trasferì a Palazzo Chigi nel governo gialloverde, il parlamentare alessandrino nonché segretario regionale del partito ha sempre mostrato più propensione all’attività parlamentare rispetto a quella di governo. Quando si trattò di comporre l’esecutivo, Salvini chiese a lui e al ligure Edoardo Rixi cosa avrebbero preferito e Molinari non titubò indicando la guida del gruppo, quindi l’attività in quell’emiciclo che potrebbe vederlo sullo scranno più alto, portandolo a diventare il terzo piemontese a ricoprire quella carica nella storia della Repubblica. L’ultimo presidente della Camera piemontese è stato Luciano Violante, dal 1996 al 2001, prima di lui solo Oscar Luigi Scalfaro, per appena un mese dall’aprile al maggio del 92 quando venne eletto alla Presidenza della Repubblica.

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