RETROSCENA

Molinari vorrebbe fare il Fico ma Salvini teme trappoloni

Braccio di ferro FdI e Lega sulle presidenze delle due Camere. Il partito della Meloni spinge su La Russa al Senato e fa filtrare il nome di Giorgetti per Montecitorio facendo infuriare il Capitano. Ecco il calendario parlamentare fino alla fiducia al governo

Mancano pochi giorni all'avvio ufficiale della XIX legislatura. Al massimo entro sabato prossimo, se non addirittura già venerdì – sempre salvo sorprese dell’ultimo minuto – si conosceranno i nomi di entrambi i nuovi presidenti dei due rami del Parlamento. Dunque, si va verso un’elezione a tempi di record, almeno per quel che riguarda il successore di Elisabetta Casellati: numeri alla mano, la maggioranza incassata dal centrodestra al Senato lascia infatti prevedere che già al primo scrutinio sarà eletto il nuovo presidente. Per conoscere il successore di Roberto Fico, invece, si dovrà attendere la giornata di venerdì, quando si procederà al quarto scrutinio. Votazione che, se tutto filerà liscio e senza intoppi, potrebbe avvenire la mattina stessa.

I rumors delle ultime ore riferiscono di uno stallo a causa del braccio di ferro tra Fratelli d’Italia e Lega, dopo che Forza Italia avrebbe rinunciato a rivendicare la guida di una delle due Camere avendo incassato la promessa di un paio di ministri “pesanti” nel futuro governo (in particolare gli Esteri per Antonio Tajani). Il partito di Giorgia Meloni vorrebbe lo scranno più alto di Palazzo Madama per il cofondatore del partito Ignazio La Russa, mentre la Lega sembrerebbe orientata a proporre Roberto Calderoli. In verità, Matteo Salvini, per scongiurare l’ipotesi di trovarsi Giancarlo Giorgetti alla guida dell’aula di Montecitorio, come ambienti di FdI fanno circolare, starebbe puntando solo apparentemente sull’uomo macchina del Carroccio per ottenere il via libera alla Camera per il “fido” Riccardo Molinari. Il capogruppo uscente e segretario della Lega in Piemonte è, come si dice, in “vigile attesa”: ufficialmente dichiara di essere completamente all’oscuro delle trattative ma è chiaro che la cosa non gli spiace affatto, al contrario. Occupare la terza carica dello Stato sarebbe un onore e un prestigio che vale l’inevitabile passo indietro dagli incarichi di partito, anche per un politico giovane (non ha neppure quarant’anni) e potenzialmente con una lunga carriera davanti a sé. Anzi, visti i sommovimenti presenti all’interno della Lega – quantunque, al momento, nessuno sappia prevedere se e quando potrebbero travolgere la leadership del Capitano e investire i suoi colonnelli – indossare una veste più istituzionale lo metterebbe al riparo da eventuali putsch in via Bellerio. Chissà.

Nelle intenzioni della maggioranza si è fatta largo l’ipotesi – che non dovrebbe trovare grossi ostacoli tra le forze di opposizione – di procedere con i primi tre scrutini nella prima giornata di votazioni (quando i quorum richiesti sono molto alti, il che rende impossibile l’elezione del presidente di Montecitorio da parte della sola maggioranza, seppur ampia), per svolgere poi la quarta votazione, in cui il quorum si abbassa, il venerdì mattina.

La prima seduta di Camera e Senato è convocata per giovedì 13 ottobre, ma già da stamattina deputati e senatori, soprattutto quelli eletti per la prima volta, hanno varcato i portoni dei due palazzi per l’adempimento delle incombenze burocratiche (dalla registrazione alla foto per il tesserino parlamentare fino all’assegnazione dell’account personale). È una sorta di primo “giorno di scuola” segnato da una novità assoluta: a occupare gli scranni dei due emicicli ci saranno 345 deputati e senatori in meno, conseguenza della riforma costituzionale targata M5s che ha tagliato il numero degli eletti: da 630 a 400 a Montecitorio, da 315 a 200 a Palazzo Madama. Un “vuoto” che sarà reso plasticamente anche dalla disposizione in Aula: le ali estreme dei banchi dell’assemblea della Camera saranno ridotte (sono circa un’ottantina le postazioni adibite al voto che andranno in pensione), anche se non eliminate del tutto per garantire la capienza in occasione delle sedute comuni.

A Montecitorio la vera novità sarà il nuovo display elettronico, posto alle spalle dello scranno più alto riservato alla presidenza, che non solo rendiconterà le votazioni, ma darà conto anche di ogni singolo documento che si sta per approvare o bocciare e, soprattutto, proietterà l’immagine video del deputato che sta intervenendo in Aula. Anche l’emiciclo di Palazzo Madama è stato sottoposto ad un restyling, con l’eliminazione di alcune postazioni.

Spetterà alla senatrice a vita Liliana Segre e al vicepresidente uscente di Montecitorio, il renziano Ettore Rosato, dirigere i lavori della prima seduta dei due rami del Parlamento. A stabilire a chi spetta il compito di presiedere la prima seduta di Camera e Senato sono i regolamenti. A Montecitorio il compito è assegnato al più anziano per elezione tra i vicepresidenti della legislatura precedente, quindi Rosato. Al Senato il ruolo viene affidato provvisoriamente al più anziano di età, quindi il presidente emerito Giorgio Napolitano. Ruolo che ha già svolto all’avvio della legislatura appena conclusasi. Ma le condizioni di salute dell’ex presidente della Repubblica fanno propendere per un passaggio del testimone a favore della senatrice a vita Segre. I rispettivi presidenti provvisori procederanno quindi alla proclamazione degli eletti. A seguire, si alzerà il sipario sul primo atto politico della nuova legislatura, ovvero l’elezione dei nuovi presidenti di Camera e Senato, che succederanno a Fico e Casellati.

Come si eleggono i presidenti - L’elezione del presidente della Camera ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dei componenti (267 deputati), dal secondo scrutinio è richiesta la maggioranza dei due terzi dei voti calcolando anche le schede bianche. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti. Dunque, poiché il centrodestra conta almeno 237 deputati, e la maggioranza assoluta richiesta è pari a 201, è presumibile ritenere che sarà eletto il successore di Fico al quarto scrutinio. Quindi, a seconda che si proceda con tre o due votazioni al giorno, la proclamazione è attesa in ogni caso entro venerdì 14 ottobre.

Per eleggere il presidente del Senato, invece, alla prima e seconda votazione è richiesta la maggioranza assoluta dei voti dei componenti. Se le due votazioni vanno a vuoto, il giorno successivo si procede ad una terza votazione nella quale è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti dei presenti, computando tra i voti anche le schede bianche. Qualora nella terza votazione nessuno risulti eletto, il Senato procede nello stesso giorno al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti e viene proclamato eletto quello che consegue la maggioranza, anche se relativa. A parità di voti è eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età. Il centrodestra può contare su almeno 113 senatori e poiché la maggioranza assoluta è pari a 104 (vanno computati nel calcolo anche i 6 senatori a vita), il nuovo presidente di palazzo Madama si prevede possa appunto essere eletto già al primo scrutinio di giovedì.

I quattro vicepresidenti - Una volta eletti i due presidenti, si procede all’elezione di quattro vicepresidenti, di tre Questori e di otto segretari che costituiscono l’Ufficio di Presidenza. Intanto, entro due giorni dalla prima seduta, i deputati devono dichiarare al segretario generale della Camera a quale Gruppo appartengono, mentre i senatori hanno un giorno in più a disposizione. A seguito del taglio dei parlamentari, il Senato, proprio sul finire della legislatura lo scorso luglio, ha approvato delle modifiche al regolamento per adeguarlo al nuovo assetto di Palazzo Madama. Nessuna modifica è stata invece apportata al regolamento di Montecitorio che, in ogni caso, dovrà essere ritarato in corso d’opera sulla base dei nuovi numeri.

I Gruppi - Per costituire un gruppo parlamentare alla Camera occorre un numero minimo di 20 deputati, al Senato i componenti necessari erano 10 e sono stati ridotti a 6. Entro quattro giorni dalla prima seduta (quindi entro lunedì 17 ottobre), il presidente della Camera indice le convocazioni, simultanee ma separate, dei deputati appartenenti a ciascun Gruppo parlamentare e di quelli da iscrivere nel Gruppo misto per procedere all’elezione dei rispettivi capigruppo. A palazzo Madama il nuovo regolamento dispone che i gruppi vengano convocati per l’elezione del proprio presidente “entro sette giorni dalla prima seduta” (quindi entro giovedì 20 ottobre).

I passaggi tecnici e burocratici proseguono poi, una volta costituiti i gruppi parlamentari, con la nomina – a Montecitorio – dei componenti della Giunta per il Regolamento, della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari e della Commissione per la biblioteca e per l’archivio storico, dandone comunicazione al Senato. E così via.

Fiducia al Governo - Ma i passaggi necessari perché il Parlamento in seduta comune sia pronto ad ospitare il nuovo presidente del Consiglio per il voto di fiducia sono i primi: elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento, composizione dei gruppi ed elezione dei rispettivi capigruppo. Questo perché, in base alla consolidata prassi costituzionale, i due presidenti e i capigruppo partecipano alle consultazioni al Quirinale. Dunque, sfogliando il calendario, è ipotizzabile che entro domenica prossima, 16 ottobre, deputati e senatori debbano comunicare a quale gruppo intendono iscriversi, passaggio necessario per consentire poi la convocazione – si ipotizza tra domenica stessa e lunedì 17 ottobre – delle Assemblee dei gruppi, chiamate ad eleggere i propri capigruppo. A quel punto, almeno per quel che riguarda i richiesti passaggi parlamentari, nulla osta all’avvio delle consultazioni al Colle che, quindi, potrebbero iniziare già nel pomeriggio di lunedì 17 ottobre (o martedì mattina). Sempre calendario alla mano, il governo potrebbe presentarsi in Parlamento per la fiducia nell’ultima settimana di ottobre, che parte dal 24. Recita la Costituzione: “Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia”.

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