XIX LEGISLATURA

Pd e M5s fanno man bassa di posti. Ma Renzi gioca la carta del Copasir

Un accordo "segreto" tra Conte e Letta punta a tagliare fuori il Terzo Polo dalle cariche parlamentari in capo alle opposizioni. Il contropiano del leader di Iv sull'organismo di controllo sull'intelligence. Presidenza più lontana per l'ossolano Borghi insidiato da Guerini e Rosato

“Allora chiederemo il Copasir”. Quando Matteo Renzi chiosa con questa prospettiva la possibilità di restare a becco asciutto nella spartizione tra Pd e M5s delle vicepresidenze delle due Camere e delle altre cariche parlamentari che spettano alle opposizioni, ancora non c’è stata l’elezione del presidente del Senato. Soprattutto erano ancora di là da venire quei voti esterni alla maggioranza indispensabili per portare Ignazio La Russa sullo scranno più alto di Palazzo Madama. Un aiuto che nessuno dei sospettati ha ovviamente ammesso, che tutti incominciando proprio dal leader di Italia Viva hanno negato, ma che potrebbe disvelare ulteriori effetti proprio nel delicato passaggio che riguarda il comitato parlamentare cui è attribuito il controllo sui Servizi Segreti.

Per legge la presidenza dell’organismo costituito da cinque deputati e altrettanti senatori spetta a un parlamentare di minoranza. Infatti, con l’insediamento del governo di larghissime intese presieduto da Mario Draghi, la guida del Copasir passò dal leghista Raffaele Volpi a Adolfo Urso di Fratelli d’Italia. Proprio il probabile arrivo a Palazzo Baracchini di Urso, alimenta la versione più soft circa la previsione di quel che potrebbe accadere al comitato sui Servizi, ovvero un cambio di poltrone tra uno dei più fedeli di Giorgia Meloni e il ministro della Difesa uscente, Lorenzo Guerini, il capo della corrente di Base Riformista in seno al Pd, moderato, apprezzato negli ambienti Usa e Nato e certamente non inviso alla premier in pectore e al suo partito.

Un’ipotesi, quella dello switch Urso-Guerini, ma non l’unica. Se per l’attuale presidente del Copasir, l’incarico di ministro pare più che probabile e senza ostacoli (anche se quel posto, per sua stessa ammissione, non dispiacerebbe affatto al cofondatore di FdI Guido Crosetto, per il quale Meloni sembra tuttavia approntare il Mise), diverse e meno solide sono le chance di Guerini per un suo ritorno al comitato che presiedette nel corso del Governo gialloverde, il Conte1.

Da presidente del Copasir sta studiando da tempo un altro parlamentare di primo piano del Pd, come Enrico Borghi. Segretario del comitato, il deputato piemontese, oggi senatore, è ormai una delle voci più autorevoli e accreditate nel centrosinistra in materia di geopolitica e intelligence. Dopo che il voto del 25 settembre ha messo il Pd in minoranza, il nome di Borghi è stato per parecchi giorni l’unico in circolazione per la guida dell’organismo la cui importanza è ulteriormente cresciuta dopo l’invasione russa dell’Ucraina e la crescita degli allarmi sulla cybersicurezza, senza dire dei rischi che da tempo minacciano l’economia e le imprese italiane sullo scacchiere internazionale. Anch’egli di Base Riformista ma legato a Enrico Letta. Peserà e in che modo questa marcata vicinanza al segretario in uscita? Sul fronte opposto, quello della maggioranza e in particolare dei Fratelli d’Italia, Borghi è descritto come più spigoloso rispetto al ministro della Difesa e i suoi duri attacchi di questi giorni non hanno certo affievolito questo giudizio. 

Come spiega chi conosce i meccanismi del comitato, i cui lavori sono quasi sempre coperti dal segreto, la scelta del presidente vede la maggioranza del momento privilegiare sempre figure il più possibile meno radicali e con capacità di dialogo, un giro di parole per dire che chi governa cerca di avere al Copasir parlamentari se non più vicini, certo meno lontani. Ecco, perché è importante tenere a mente le parole quasi buttate lì nel mezzo di un più ampio ragionamento da Renzi e, pure, quei voti arrivati in soccorso a La Russa. Dirimente (ma forse non del tutto) sarà il passaggio di mercoledì, quando si voteranno le vicepresidenze di Camera e Senato, i questori e tutte le altre cariche che per le minoranze sommano a sette.

Se, come subodora il senatore di Rignano, Letta e Giuseppe Conte decideranno di fare l’en plein, non lasciando neppure una delle vicepresidenze al Terzo Polo, l’annuncio di Renzi si tramuterà in formale richiesta, con probabile accoglimento da parte del centrodestra. Insomma, Renzi chiederà e, facilmente, otterrà quel posto che oggi il Pd considera (quasi) già suo. E l’uomo giusto, nel Terzo Polo, c’è: Ettore Rosato, Un profilo certamente gradito o, comunque, non osteggiato dalla maggioranza che, nell’ipotesi, avrebbe modo di tenere fuori da un ruolo importante sia il Pd sia i Cinquestelle

Il tempo per preparare mosse e contromosse stringe, visto che se è vero che il comitato scadrà venti giorni dopo il giuramento del nuovo Governo, la nomina di Urso a ministro abbrevierà i termini. Insomma, mentre nel Pd ancora si deve sciogliere la questione della scelta tra Borghi e Guerini, Renzi ha già la soluzione per Palazzo San Macuto.

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