RETROSCENA

Governo, Pichetto nella rosa

Nella lista che oggi Berlusconi porterà con sé a Canossa c'è pure il nome del viceministro uscente. Piace alla Meloni e alla famiglia del Cav. Crosetto tra Mise e un ruolo da sottosegretario a Palazzo Chigi. Chi sale e chi scende nel Toto-ministri

“Famiglia, natura e castagne”, scrive sui social a commento della fotografia che lo ritrae con moglie e nipoti nei boschi dell’amata Gifflenga. Poi, Gilberto Pichetto in versione agreste aggiunge una domanda che pare rubata a George Clooney nella pubblicità del caffe: “What else”. Già, che altro? Un posto da ministro, magari.

Oggi Silvio Berlusconi va ad incontrare Giorgia Meloni, per la prima volta dopo il pizzino fitto di giudizi durissimi e la conseguente risposta della premier in pectore. Sede del faccia a faccia, la sede di Fratelli d’Italia (e storicamente del Msi) di via della Scrofa, nell’occasione ribattezzabile per il Cav in Canossa. E se dall’incontro oltre alla prevedibile pace (con poche condizioni per l’ex sultano di Arcore, come attesta la scelta del luogo a dispetto di uno meno simbolicamente pesante come sarebbero stati gli uffici dei Fratelli alla Camera), scaturiranno ulteriori punti certi per quanto riguarda gli esponenti di Forza Italia cui affidare un dicastero, non è affatto improbabile che tra i nomi sui fogli della Meloni finisca proprio quello del viceministro uscente del Mise. Fedele al Cav e di casa ad Arcore, senza essere mai stato un cortigiano, piace alla Meloni che da statista della Garbatella ne apprezza (e forse invidia) l’understatement sabaudo.

A favore di Pichetto gioca anche il trasloco da Palazzo Madama, dove sedeva nella scorsa legislatura, a Montecitorio, evitando così la fatwa o che la futura premier avrebbe messo su tutti i senatori di Forza Italia dopo il mancato voto a Ignazio La Russa. I bookmaker di Palazzo lo danno papabile all’Istruzione per il quale è in lizza pure la capogruppo uscente Anna Maria Bernini, oppure la Ricerca, i Beni Culturali o addirittura il Lavoro, senza tralasciare ulteriori eventualità (tipo la Transizione ecologica) che come la storia insegna non sono poi così difficili da trovare quando si tratta di bilanciare appartenze politiche e ruoli. A rendere più facile l’eventuale decisione della Meloni di scegliere, tra le fila forziste, l’ex coordinatore regionale azzurro c’è anche il suo posizionamento nell’ala governativa di Antonio Tajani (ormai dato per certo alla Farnesina), marcando una distanza visibile dalla madre di tutte le battaglie tra Silvio e Giorgia, ovvero Licia Ronzulli alla quale invece è assai più legato il successore di Pichetto alla guida del partito in Piemonte, Paolo Zangrillo, fratello del medico personale del Cav e fedelissimo dell’ex infermiera. Del resto Pichetto è stato rieletto parlamentare per il rotto della cuffia, piazzato dalla Crudelia di Arcore in una posizione a dir poco insicura.

E a proposito di Renzulli e delle impuntature di Berlusconi per averla dentro il Governo, addirittura in un ruolo pesante come la Sanità (che, invece, andrà quasi certamente a un tecnico, l’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso o il presidente della Croce Rossa Francesco Rocca), l’incontro di oggi si annuncia dirimente per un totoministri ancora assai aperto, pur con alcune caselle che s’approssimano alla certezza.

È il caso degli Esteri, ma anche per l’Economia dove si dovrebbe insediare l’eminenza grigia della Lega Giancarlo Giorgetti, con il Capitano rassegnato a rinunciare al Viminale (dove tornerà da ministro il suo ex capo di Gabinetto Matteo Piantedosi) e pronto ad occuparsi di Infrastrutture, “scippando” il dicastero al suo fedelissimo ligure Edoardo Rixi che ci aveva fatto più di un pensiero. Sicuro Roberto Calderoli agli Affari regionali e Autonomia, premio di consolazione per essere stato costretto a rinunciare allo scranno più alto di Palazzo Madama.

Niente Giustizia alla Lega, con l’ex pm Carlo Nordio eletto in FdI sempre più probabile guardasigilli, così come ai Fratelli andrà la Difesa. Non a chi avrebbe più che volentieri varcato da titolare l’ingresso di Palazzo Baracchini, ovvero Guido Crosetto, bensì al presidente del Copasir Adolfo Urso. Per il cofondatore Meloni ha in mente il dicastero per lo Sviluppo Economico e il gigante di Marene certamente non dirà di no, anche se potrebbe chiedere un rinforzino con deleghe aggiuntive per quanto riguarda il settore dell’energia. Altri punti fermi nello scacchiere sono il leghista Gian Marco Centinaio all’Agricoltura, l’ex presidente della Puglia Raffaele Fitto agli Affari Europei, ambasciatore della Meloni a Bruxelles, e Maurizio Lupi ai Rapporti con il Parlamento. Per la Transizione Ecologica dove è assai difficile la riconferma di Roberto Cingolani, che pure non dispiacerebbe affatto alla premier in pectore, si parla del “fratello” Fabio Rampelli o, nel caso di uno spacchettamento delle deleghe, dell’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato (molto sponsorizzato da Crosetto). Per il Lavoro si parla sempre più insistentemente di un tecnico in quota Fratelli d’Italia e nome più gettonato è quello di Marina Calderone, presidente dell’Ordine dei consulenti del Lavoro. Nell’elenco pare scomparsa Letizia Moratti, la vicepresidente della Lombardia che ha lasciato intendere di essere disposta a rinunciare alla sfida con Attilio Fontana solo in cambio della poltrona di Roberto Speranza. Non è il caso di gettare altra benzina sul fuoco, confermano dall’inner circle meloniano. Nulla in contrario all’ingresso di Maria Elisabetta Alberti Casellati, ma come detto non alla Giustizia, mentre il forzista Alberto Barachini aspirerebbe a diventare ministro dei Beni Culturali così come un dicastero dovrebbe essere assegnato anche ad Anna Maria Bernini.

Nel gioco di incastri, per Crosetto, potrebbe esserci anche un ruolo diretto a Palazzo Chigi come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, in tandem con l’ideologo di riferimento della Meloni Giovanbattista Fazzolari: un posto che visto il rapporto con gli alleati potrebbe essere non poco utile alla premier per togliere, nel caso, le castagne dal fuoco. Ben diverse da quelle raccolte ieri da Pichetto.

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