CAMPANILE SERA

"Torniamo alle vecchie Province"

Abolire la riforma incompiuta di Delrio e ristabilire l'elezione di presidenti e consiglieri da parte dei cittadini. Ora al coro di chi vuole restaurare l'antico ordinamento si aggiunge la voce del sindaco di Asti Rasero. Che scrive al più che favorevole ministro Calderoli

Post fata resurgo. E così dopo otto dalla riforma che, nella prospettiva di una loro abolizione, li ha declassati a enti di “secondo livello”, le Province potrebbero presto tornare all’antico, riprendendo gran parte delle competenze e, soprattutto, con presidenti e consigli eletti nuovamente dai cittadini. È quanto chiedono da tempo amministratori locali di ogni colore politico ed è un impegno che il governo di Giorgia Meloni dichiara di voler assolvere in questa legislatura.

Dal Piemonte, a sollecitare l’esecutivo a superare – ovvero a cancellare – la norma vigente che porta la firma dell’allora ministro del centrosinistra Graziano Delrio è il sindaco di Asti Maurizio Rasero. Nella sua veste di presidente della Provincia ha scritto una lettera al nuovo titolare degli Affari regionali e le Autonomie, il leghista Roberto Calderoli, facendosi portavoce delle richieste di tanti colleghi. La Provincia di Asti, infatti, è capofila del “Manifesto dei Comuni della Provincia di Asti per la Riforma delle Province”, inviato nei giorni scorsi ai 118 sindaci del territorio e ai 1299 amministratori locali per la sottoscrizione, con cui si invita a “superare la precarietà giuridico-istituzionale, finanziaria e operativa in cui versa l’Ente Provincia”. Spiega Rasero: “L’Italia è chiamata al massimo sforzo per ricostruire il tessuto economico-sociale duramente provato dalla pandemia da Coronavirus e le Province rappresentano i pilastri da cui ripartire. Per questo rinnovo l’invito che venga dato ascolto alla richiesta di ripristinare l’elezione diretta e adeguate garanzie finanziare”.

Una petizione che trova più che ben disposto il Governo. Nei giorni scorsi Calderoli nell’incontro con l’Upi (Unione delle Provincie Italiane), registrando “una totale convergenza sulla restituzione dell’identità alle Province”, ha assicurato che il 2023 sarà l’anno in cui darà il via alla procedura legislativa per “ripristinare la normalità”, a partire proprio dall’elezione diretta dei rappresentanti. “È idea condivisa che alla luce di questo obiettivo si debba procedere a un aggiornamento delle funzioni delle Province stesse e dei relativi finanziamenti”. Inoltre, Calderoli ha riscontrato “un atteggiamento positivo da parte delle Province sull’autonomia differenziata, rispettosa dell’unitarietà giuridica ed economica del Paese, con la previsione che le ulteriori competenze, fra cui quelle amministrative acquisite attraverso l’autonomia differenziata, possano a loro volta essere devolute agli enti sul territorio”.

La rotta, insomma, pare tracciata. Naturalmente ora occorrono interventi ad hoc che possano fare tornare ai meccanismi con cui a lungo sono stati eletti presidenti e consiglieri provinciali. Se fino ad alcuni anni fa, da un punto di vista istituzionale, le Province erano enti amministrativi del tutto simili ai Comuni con organi eletti, attualmente la situazione è decisamente diversa. La legge 56/2014 aveva definito una disciplina che sarebbe dovuta essere transitoria, in attesa della completa abolizione delle Province. La riforma costituzionale Renzi-Boschi del 2016 infatti prevedeva che le Città metropolitane restassero gli unici enti di area vasta presenti nel Paese. Come è noto però la riforma non è mai entrata in vigore, visto il voto contrario dei cittadini al referendum del dicembre 2016 che poi ha portato anche alla conclusione del Governo guidato da Matteo Renzi. In questa lunga transizione lo smantellamento delle Province è rimasto a metà: gli enti non sono più guidati da giunte e presidente eletti dai cittadini, eppure gestiscono ancora servizi pubblici essenziali, come scuole e viabilità, ma con minori stanziamenti e personale. Sono ora consiglieri comunali e sindaci a votare per eleggere gli organismi. Questa “normativa provvisoria”, seppur con qualche accorgimento, è rimasta attiva dal 2014 ad oggi. Un periodo lungo in cui è diventato evidente come l’indebolimento degli enti di area vasta abbia rappresentato una criticità nel sistema istituzionale. Ed ora in questo contesto si torna indietro, alla cara e vecchia Provincia.

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