FORMAZIONE

Scuola italiana bocciata in scienze

Continua a essere indietro in particolare per le discipline Stem: abbiamo una media di 6,7% di laureati in materie tecnico-scientifiche contro una media europea del 12-13%. Fallimento soprattutto per le ragazze, relegate a studi umanistici

La scuola italiana “sta fallendo il suo compito nel fornire le conoscenze e le competenze adeguate in ambito scientifico ad una parte molto rilevante degli studenti”. A bocciare il sistema d’istruzione nazionale è Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, intervenuto oggi a Roma al convegno annuale dell’Associazione Italiana per la Ricerca Industriale (Airi), che vede al centro della giornata di quest’anno il tema estremamente urgente del divario tra offerta formativa e domanda industriale.

Il fallimento è particolarmente evidente per le studentesse: “L’Italia è il Paese in cui le ragazze soffrono di più di un divario sulle competenze scientifiche e tecnologiche – commenta Gavosto – divario che inizia molto presto, già alle elementari, e quindi si trascina poi per tutto il percorso di studi successivo”. Infatti, nonostante le donne rappresentino più della metà dei laureati (58,7%), nel 2020 solo il 18,9% si è laureata in materie scientifiche, contro il 39,2% degli uomini.

Le scarse conoscenze scientifiche trasmesse dalla scuola fin dall’inizio incidono poi sulla scelta dei giovani di scegliere percorsi tecnico-scientifici all’università, come ricorda il direttore di Fondazione Agnelli. “L’Italia continua ad essere indietro per numero di laureati, in particolare per le discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica): abbiamo una media di 6,7% di laureati in materie tecnico-scientifiche contro una media europea del 12-13%. Inoltre – aggiunge – le aziende chiedono sempre più anche competenze trasversali, come la capacità di organizzazione e di lavorare in autonomia, che il sistema scolastico non è attrezzato a fornire”.

La supremazia tecnologica dei prossimi decenni si giocherà sempre di più sulla competizione scientifica, economica e culturale, ma per vincere la sfida è necessario preparare i giovani di oggi e di domani. “L’Europa è in un momento critico sull’innovazione, dove è rimasta indietro in molte aree fondamentali, e ci aspetta un’innovazione ancora più veloce e dirompente”, dice Marcello Cattani, presidente di Farmindustria. “L’unico fattore su cui le aziende possono lavorare in questo momento così difficile è la crescita della produttività, che è in mano al tema della tecnologia e del digitale – aggiunge Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere – ma proprio qui c’è il collo di bottiglia che si viene a creare tra offerta formativa e domanda delle imprese: in futuro crescerà sempre più il fabbisogno delle aziende e dobbiamo capire come risolverlo”.

Il convegno dell’Airi ha ribadito, infatti, che i laureati italiani non possiedono le competenze giuste richieste ora dalle imprese e che è necessario potenziare la cultura tecnico-scientifica delle nuove generazioni, favorire l’ibridazione tra le competenze tecniche e scientifiche con quelle umanistiche e sociali, come anche progettare un nuovo sistema educativo. “Abbiamo bisogno di una nuova e più forte cultura della ricerca industriale”, ha sottolineato Andrea Bairati, ex assessore della Regione Piemonte e attuale presidente di Airi, “capace di creare innovazioni che rispondano alle sempre più pressanti sfide sociali, economiche ed ambientali. La risposta sta nei giovani”.

Il sistema scolastico italiano ha compiuto grandi passi avanti da un punto di vista storico, ma le competenze scientifiche degli studenti italiani risultano ancora troppo scarse e molto indietro rispetto al panorama europeo. “In Italia il 51% dei maturandi non raggiunge la soglia minima sulle competenze di matematica”, dice ancora Gavosto: “In alcune regioni del Sud la percentuale sale addirittura al 70%, un dato terrificante”. Un primo passo avanti nella giusta direzione potrebbero essere i 500 milioni di euro destinati alle università e dedicati alle borse di studio per gli anni 2024 e 2025, che sono stati inseriti nell’ultima legge di bilancio: “Siamo riusciti a stabilizzare con 250 milioni di euro le borse di studio ottenute dal ministro Messa – ha affermato il ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, durante l’inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico di Milano – che altrimenti sarebbero rimaste orfane”.

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