TRAVAGLI DEMOCRATICI

Schlein o Bonaccini poco cambia,
per Ricolfi la sinistra diventi blu

C'è una terza via che nulla ha a che fare con quella blairiana e che rappresenta per il Pd un territorio inesplorato. Welfare e tradizione per ritrovare il rapporto con le fasce deboli. Sentendosi sempre superiori le classi dirigenti non colgono i reali problemi

C’è una terza via tra un freddo riformismo liberal-democratico incarnato da Stefano Bonaccini e il massimalismo verde-arcobaleno di Elly Schlein. E non si può non tenerne conto ora che il congresso del Partito democratico entra nel vivo e, oltre al valzer dei posizionamenti, i candidati dovranno indicare anche idee e programmi per rifondare una sinistra sempre più in crisi di senso, prima ancora che di consenso. A offrire un contributo al solito originale è Luca Ricolfi, uno studioso abituato ad andare controcorrente, fustigando la sua stessa parte politica, la sinistra, a cui ha dedicato numerosi saggi piuttosto impietosi come il celeberrimo Perché siamo antipatici? Di certo non ha mai demonizzato le posizioni avversarie, neppure quelle provenienti dalla destra di Giorgia Meloni. E, forse, non è un caso se il suo nome è stato tra quelli circolati durante il toto-ministri all’indomani del successo elettorale di Fratelli d’Italia e alleati.

Secondo il professore torinese, che insegna Analisi dei dati all’Università subalpina, c’è uno spazio ancora inesplorato a sinistra che viene suggerito dal mondo anglosassone, dove spesso è stato gettato il seme delle più significative innovazioni politiche dell’ultimo secolo. Anche qui si potrebbe parlare di una terza via, come quella che alla fine dello scorso millennio indicava l’allora segretario Labour Tony Blair, ma dai contenuti profondamente diversi.  

“Da oltre un decennio – spiega Ricolfi – esistono anche posizioni non riducibili all’alternativa fra massimalisti e riformisti”. “Negli stati Uniti, ad esempio, esiste una componente dei Democratici che combina idee progressiste in materia economica (più welfare) con idee conservatrici e neotradizionaliste sul piano culturale e sociale, innanzitutto sul cruciale terreno della sicurezza. Denominati in vario  modo, ora Blue dogs ora “cowboy democratici”, sono stati essenziali nella vittoria di Obama nel 2008”. Non solo: “Nel Regno Unito – prosegue Ricolfi – fin dal 2009 è molto attiva una componente del Labour Party, il cosiddetto Blue Labour, che si propone di recuperare il consenso dei “colletti blu” sposando idee spesso considerate conservatrici, come famiglia, fede, vita di comunità e, soprattutto, limiti all’immigrazione irregolare, cui hanno dato contributi teorici essenziali pensatori come Marc Stears, Maurice Glasman, David Goodhart”.

Una “sinistra blu” in grado di coniugare l’attenzione dei più deboli con il loro bisogno di protezione. Una sinistra, va detto, più conservatrice in grado di ritrovare nei sobborghi cittadini e nelle aree rurali quello che è stato per decenni il suo elettorato. Una sinistra di nuovo accanto agli ultimi a costo di rinunciare almeno in parte alla sua spinta modernizzatrice oltreché al suo colore tradizionale, il rosso.

“Una delle idee chiave di questo filone di pensiero è che gli strati popolari siano culturalmente conservatori e, anche per le loro condizioni di esistenza, siano portati ad assegnare una importanza decisiva al valore della sicurezza, quale che sia la fonte della minaccia (terrorismo, criminalità, immigrazione irregolare). Di qui l’assoluta necessità, se si desidera non perdere il contatto con gli strati popolari, di prenderne sul serio il tradizionalismo e la domanda di protezione, anche quando farlo implica abbandonare le politiche tradizionali di apertura verso i flussi migratori” spiega Ricolfi in un articolo pubblicato questa mattina sul portale della Fondazione Hume.

“Da noi – è la conclusione di Ricolfi – una vera e propria sinistra blu non esiste, tutt’al più sono esistiti politici progressisti che, in tempi diversi, hanno provato a prendere sul serio il problema della sicurezza. E in qualche caso, anche ad avviare una riflessione teorica (penso al libro Sicurezza è libertà, di Marco Minniti). Forse è giusto così, dopotutto una sinistra che adotta valori conservatori che sinistra è? Ma forse la domanda andrebbe capovolta: che sinistra è, una sinistra che rinuncia al sostegno dei ceti popolari?

Con la sua suggestione di una sinistra blu il sociologo intende offrire un contributo a un dibattito mai così povero, come quello che si sta svolgendo in questa fase – pomposamente definita costituente – del congresso dem. “Serve un adeguato sforzo di approfondimento teorico e programmatico” dice Ricolfi. Per ora, dalle parti del Nazareno, di blu c’è solo la fifa.

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