SANITÀ

Scuole per specializzare i medici, in Piemonte oltre 300 posti vuoti

Tra mancate iscrizioni e abbandoni il 19% dei corsi non viene coperto. Una situazione che riguarda tutto il Paese e preoccupa per gli anni a venire. I neolaureati privilegiano specialità che danno maggiori sbocchi nell'attività privata. Lo studio di Anaao

Mancano medici, ma su 1.861 posti nelle scuole di specialità delle università del Piemonte per l’anno accademico 2021-2021 ben 253 non sono stati assegnati e 101 sono stati abbandonati. Un dato che non solo preoccupa, ma ancor più finisce se non con lo smentire, certamente sminuire la tesi che rimanda proprio alla scarsità di posti negli atenei la carenza di camici bianchi.

Quella piemontese non è la situazione peggiore, visto che la percentuale di posti complessivamente scoperti pari al 19% è superata dal Veneto con il 23% e dalla Toscana (22%), arrivando al record negativo proprio nel profondo Nord del Friuli-Venezia Giulia dove si tocca il 36%. Dati raccolti ed elaborati dal sindacato dei medici ospedalieri Anaoo-Assomed che raccontano di come ci sia molto che non va nel sistema della specializzazione dei medici, tema su cui si dibatte da tempo. Soprattutto, da quando la carenza di professionisti è un’emergenza sempre più complessa e di cui tenere conto nella programmazione per gli anni a venire. 

Dallo studio emerge, inoltre con evidenza, un altro aspetto: le specialità che restringono l’attività nell’ambito ospedaliero e offrono pochi sbocchi nell’attività privata e ambulatoriale crollano in fatto di iscrizioni. Nulla di non già, purtroppo, palesato dalla situazione che già si vive negli ospedali, dove gli specialisti in emergenza-urgenza sono sempre meno e senza sufficienti rincalzi. Ma anche questa anomalia, forse, ha una spiegazione in scelte discutibili fatte in passato. Quando, sulla spinta di una parte di medici che intravedevano possibilità di sviluppi di carriera e posti da primario, venne istituita questa specialità.

“Il segnale giunge chiaro e forte, corroborato dai numeri: la medicina sta diventando un affare selettivo, in cui le specialità più colpite e sotto pressione durante la pandemia da Covid-19, le specialità gravate da maggiori oneri e minori onori sono in caduta libera, non hanno più appeal”, spiega il segretario nazionale del sindacato Pierino De Silverio. Per Anaoo-Assomed, “non è un problema di medici, ma di medici specialisti ed è un problema che avrà ripercussioni inevitabili sul futuro di un sistema di cure sempre più in crisi. Il medico – osserva ancora De Silverio – ha perso la sua identità sociale ancor prima che professionale relegato a mero prestatore di opera alla stregua di un venditore di prodotto, il paziente si è trasformato in un cliente”. La differenza nei posti occupati per specializzazioni come quella in chirurgia plastica che vede solo il 2,2% di posti scoperti a fronte del 60,7% della citata emergenza-urgenza, la dice lunga su come pesi la prospettiva economica e di ambiente lavorativo sulle scelte dei neolaureati. 

“Questi dati danno una chiara fotografia della nuova generazione di medici: i colleghi giovani vogliono scegliere, piuttosto perdono un anno e cambiano la scuola di specialità ma non accettano lavori che poi li costringono a sacrificare la loro qualità di vita o non gli danno la soddisfazione che vorrebbero e che credono di meritare dopo i 6 anni di faticoso studio”, sostiene Chiara Rivetti, segretario  per il Piemonte di Anaao-Assomed. “È una differenza sostanziale rispetto al passato, dove le rinunce che il lavoro in ospedale implica erano accettate e poco o nulla era messo in discussione”.

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