TRAVAGLI DEMOCRATICI

Effetto Schlein: Fioroni lascia il Pd, altri si preparano a fare le valigie

Tra amarezza e delusione c'è grande fermento nel fronte degli sconfitti. I più a disagio sono i cattodem. L'ex dirigente della Margherita leva le tende: "Non c'è più spazio per noi". Canalis: "Ha vinto la cultura radical libertaria, che non è tra le culture fondative"

Il Pd di Elly Schlein è un “altro” Pd. A poche ore dal voto che ha incoronato la giovane deputata alla guida del partito c’è chi fa i bagagli. Il primo ad annunciare l’addio è Beppe Fioroni, esponente cattodem, storico dirigente della Margherita, tra i fondatori del Pd e sostenitore di Stefano Bonaccini al congresso: «Io sono sempre stato uno con le valigie in mano e stavolta prendo atto che è arrivato il momento», dichiara all’Adnkronos. Con la vittoria di Schlein, spiega, «nasce un nuovo soggetto che non è più il Pd che avevamo fondato e prendo atto della marginalizzazione dell’esperienza popolare e cattolico democratica».  Ma forse non c’è da concedere il beneficio del dubbio alla neosegretaria? «No, per me la vittoria di Schlein rappresenta al fine di un ciclo politico – dice Fioroni – Schlein ha detto “Bonaccini fa perfino le iniziative con Fioroni...”, che spazio può esserci per noi?». 

E quindi che fa? Lascia la politica? «No, non possiamo arrenderci. Anzi, quanto accaduto deve essere visto come una chiamata all’azione per noi cattolici democratici. Insieme ad altri amici abbiamo dato vita a un network in cui ricostituiamo l’area popolare che era stata divisa e di cui in questo Paese riteniamo ci sia bisogno. Dobbiamo lavorare per costruire un nuovo progetto politico, che sia in grado di rappresentare le ragioni e le passioni di un elettorato senza più voce». Un soggetto che guarda al cantiere del partito unico del Terzo Polo? «No per il momento pensiamo a noi», conclude.

Ma il malessere di Fioroni non è isolato. Non nasconde la preoccupazione per il futuro del Pd Monica Canalis, ex vicesegretaria Pd del Piemonte. Commentando sui social l’affermazione di Schlein, cui comunque augura buon lavoro, sottolinea: «È indiscutibile che fatti inediti, come un esito delle primarie che ribalta quello degli iscritti e una vittoria di una cultura politica, quella radical libertaria, che non è tra le culture fondative del Pd, aprono una fase delicata. Gioiamo degli elementi positivi, l’affluenza che ha superato il milione di votanti, l’elezione di una donna per la prima volta, l’avvicinamento al Pd di persone nuove, ma nel contempo non neghiamoci che l’archiviazione della vocazione maggioritaria del Pd è un fatto nuovo». Parole intrise di amarezza e di inquietudine: «Ringrazio Stefano Bonaccini per la grande generosità e correttezza dimostrata ed auguro a Elly Schlein e a tutta la comunità del Pd di poter gestire questa nuova fase conservando il pluralismo delle culture politiche che animano il Pd e osservando che i mondi che si sono recati alle primarie questa volta, in molti territori, non sono gli stessi che si recarono a votare per Prodi, Veltroni o Renzi», conclude Canalis.

Un day after intriso di delusione e gravido di attese, quello che sta vivendo a poche ore dal voto il fronte che ha sostenuto il governatore emiliano. Uno schieramento composito che va dall’area capeggiata da Lorenzo Guerini, a Brando Benifei in Europa, alle due capogruppo, alla compagine di sindaci e amministratori locali. «Ora dipende tutto da lei», è il mantra che viene ripetuto. Tradotto significa che dipende da lei tenere il partito unito. «La preoccupazione è forte, il rischio di un’emorragia di dirigenti ed elettori è concreto», si spiega.

L’attesa è su due piani. Il primo quello organizzativo. Schlein asso piglia tutto o chiederà una collaborazione? «Noi saremo leali, ma non diciamo che la sosteniamo. Noi restiamo a rappresentare un’area consistente del partito che Schlein non l’ha votata. A partire dagli iscritti che hanno votato Bonaccini con 18 punti di distacco», si puntualizza. Ma se Schlein aprirà a una gestione unitaria? L’impressione del fronte Bonaccini è che non sarà questa la strada che verrà scelta dalla nuova leader. «E noi non chiediamo nulla, non chiediamo certo di entrare in segreteria».

L’altro piano è quello della linea politica e il primo banco di prova è sull’Ucraina. Schlein si muoverà nel solco di Letta o ci sarà uno scarto? L’interrogativo corre tra i parlamentari riformisti. Se lo chiede Giorgio Gori e dalla risposta che darà la neo segretaria, si vedrà «se il Pd resta il mio partito». E ci mette anche il tema delle politiche sul lavoro: difesa dei salari o accanto a questo l’attenzione alla creazione di lavoro? Dice Alessandro Alfieri, coordinatore nazionale di Base riformista: «Saremo leali con la nuova segretaria. Lo farò, lo faremo con la forza delle idee che abbiamo portato avanti in questo congresso, quelle di un Pd con un profilo riformista, popolare e rispettoso delle diverse sensibilità». E avverte: «Certamente sono emerse alcune contraddizioni, a partire dal fatto che ci sono due vincitori diversi tra gli iscritti e tra gli elettori. Molti sono preoccupati anche delle dinamiche che, se non gestite, può innescare l’esito del voto». E poi l’appello di Enrico Borghi, senatore piemontese “lettiano” che venerdì era alla manifestazione pro Ucraina con Enrico Letta: «Auguri di buon lavoro a Elly Schlein, nuova segretaria eletta del Pd. Grazie a Bonaccini per lo sforzo generoso e unitario. Le novità di un voto diversificato tra iscritti ed elettori e di cambio di linea politica richiedono sensibilità e intelligenza per tenerci uniti».

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