OBITUARY

Addio a Picchioni, politico colto e di grandi passioni

È morto nella notte a 86 anni l'ex presidente del Salone del Libro. Democristiano doroteo, deputato dal 1972 al 1983, sottosegretario. assessore provinciale e consigliere regionale. Gli ultimi anni, amari, segnati dall'inchiesta giudiziaria: "Un calvario"

È morto nella notte, nella clinica Santa Caterina da Siena di Torino, Rolando Picchioni, 86 anni, figura tra le più notevoli nel panorama politico e culturale piemontese. Nei mesi scorsi aveva subito un delicato intervento chirurgico al cuore ma la sua salute era da tempo compromessa e sicuramente aggravata dalle vicissitudini del Salone del Libro, di cui è stato a lungo patron e artefice dell’affermazione.

Una carriera tutta in ambito culturale che si intreccia con la sua carriera politica sotto lo scudocrociato della Democrazia Cristiana, corrente dorotea di Emilio Colombo. Dal 1970 per cinque anni è assessore alla Provincia di Torino, poi deputato Dc dal 1972 al 1983, sottosegretario ai Beni culturali nei due governi Cossiga e nel governo Forlani, dal 1979 al 1981, nel 1972 presidente del Teatro Stabile, consigliere regionale del Piemonte e presidente dell’Assemblea di Palazzo Lascaris. Dal 1999 diventa segretario generale e poi presidente dal 2005 della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura. Sono gli anni in cui Picchioni è la vera mente e motore della kermesse torinese che diventa un punto di riferimento italiano per l’editoria.

Nel 2015 il cataclisma: alle difficoltà finanziarie della fiera che chiude l’ultimo bilancio con un pesante rosso si affianca un’inchiesta della magistratura sugli ultimi anni di gestione che colpisce non solo Picchioni, ma anche altre 28 persone, tra i quali l’ex sindaco di Torino Piero Fassino, l’assessore regionale alla Cultura Antonella Parigi e Giovanna Milella, che era succeduta nel ruolo di presidente a Picchioni nel 2015. L’inchiesta ha vari filoni e riguarda vari reati: peculato, turbativa d’asta e falso in bilancio. Poche settimane fa un filone dell’indagine si è concluso in Appello alla Corte dei Conti, escludendo il peculato per gli impuntati, perché la Fondazione è stata ritenuta “privata” e quindi non si poteva configurare il danno erariale: la Fondazione riceveva soldi pubblici dal Comune, dalla Regione e dalla Provincia, ma – scrivono i giudici – l’impegno dei tre enti locali era semplicemente finalizzato a contribuire alla dotazione finanziaria della stessa.

Un’esperienza amara, vissuta come un’ingiustizia e che ne ha segnato lo spirito e il fisico di Picchioni che era uscito indenne, negli anni Ottanta, dall'iscrizione alla loggia P2 e dall’affaire petroli-Freato, ha attraversato gli ultimi anni quello che definiva un “calvario”. “Mi difenderò – aveva scritto in una lettera aperta a gennaio 2019 a proposito dell’inchiesta – per ogni scatola di cioccolatini, che pure è un omaggio caratteristico della nostra città, per avere utilizzato ogni risorsa mia e della Fondazione per superare diffidenze, pregiudizi e ostacoli, mi difenderò per aver accolto i nostri ospiti con un’ospitalità degna della tradizione torinese, ma l’importante è che Torino sia stata e rimanga per tutti la Città del Libro”.

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