ECONOMIA DOMESTICA

Al Pnrr mancano le riforme

Soldi per progetti in gran parte già esistenti. Dopo il leghista Molinari che ieri ha ipotizzato la rinuncia di una parte delle risorse del Recovery oggi è la volta del presidente di Confindustria Bonomi a bacchettare il governo. "Serve una co-programmazione"

Il Pnrr “avrebbe dovuto portare l’Italia a una serie di riforme”, ci doveva essere una “co-programmazione con i corpi intermedi dello Stato” ma “così non è successo perché il 90 per cento dei progetti erano già esistenti”. Resta acceso il dibattito sui fondi del Recovery su cui da mesi è scattato l’allarme per le difficoltà di rispettare tutti gli impegni presi con l’Unione Europea e soprattutto la tabella di marcia imposta da Bruxelles. E dopo le parole del capogruppo leghista a Montecitorio Riccardo Molinari, arrivato a ipotizzare la rinuncia, almeno di una parte di quei fondi, oggi è il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, a sferzare l’esecutivo di Giorgia Meloni: “Siamo molto contenti di sentire che il presidente del Consiglio non vuole disturbare chi fa impresa e che il lavoro non si crea per decreto. Ma chi più dell’imprenditore sa di cosa hanno bisogno le imprese? E quindi ogni tanto qualche suggerimento andrebbe colto” ha affermato all’inaugurazione di Pavia capitale della cultura d’impresa 2023.

Il numero uno di viale dell’Astronomia lamenta una carenza di dialogo e non nasconde anche una certa preoccupazione per il futuro: “Sono ottimista, ma come tutti gli imprenditori guardo i dati”, ha spiegato sottolineando che “certo sono importanti i 209 miliardi, circa il 28 per ceno del totale europeo, ma la parte importante del Pnrr erano le riforme che ci devono consentire di fare quello Stato moderno e inclusivo che tutti noi vogliamo”. Sul rapporto con l’Unione europea, Bonomi ha sottolineato che oggi “è impensabile competere con Usa o Cina in una dimensione nazionale. Siamo un continente trasformatore, quindi è essenziale stare insieme: abbiamo bisogno di più Europa con una visione, non come somma di interessi. L’impresa non è il problema ma la soluzione ed è un asset strategico: l’Europa per anni ha visto l’impresa come un problema”.

L’allarme sui fondi del Pnrr sembra tuttavia rientrato mentre ieri è stata la giornata delle polemiche con la Lega, e in particolare con Molinari che aveva ipotizzato la rinuncia a parte dei finanziamenti del Pnrr su cui l’Italia potrà contare se rispetterà gli accordi presi con Bruxelles. Soldi che andranno in parte ad accumularsi nella montagna di debito pubblico che già grava sull’Italia e che quindi sarebbe meglio non spendere se deve essere “per cose che non servono”.

Parole che hanno costretto Meloni a una decisa smentita. La gestione dei fondi del Pnrr è stato uno dei temi affrontati dalla premier nell’incontro dello scorso venerdì con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Stiamo lavorando molto – ricorda – anche per favorire soluzioni a problemi che oggi nascono ma che non sono figli delle scelte di questo governo. La Commissione europea su alcuni progetti che erano già inseriti nel Pnrr sta chiedendo maggiore documentazione, noi la stiamo fornendo. Mi pare però che complessivamente il clima di collaborazione sia ottimo”. “Su alcune cose – prosegue Meloni – bisogna verificare la fattibilità. Però è oggetto di una interlocuzione con la Commissione sulla base di quello che noi riteniamo essere necessario per spendere queste risorse al meglio”. Poi smonta l’ipotesi leghista avanzata da Molinari che ha scatenato subito la reazione delle opposizioni. “Non prendo in considerazione l’ipotesi di perdere le risorse – assicura Meloni –. Prendo in considerazione l’ipotesi di farle arrivare a terra in maniera efficace e tutto il lavoro che questo richiede è un lavoro che noi faremo”. Ipotesi assolutamente “fuori discussione, non è mai stata sul tavolo del governo né su quello del negoziato” con Bruxelles, chiariscono fonti di governo ‘correggendo’ subito la linea dopo la dichiarazione del leghista definita “leggermente sgrammaticata” rispetto al lavoro che sta portando avanti l’esecutivo.

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