REGOLE DEL GIOCO

Riforme, dalle Regioni ai Comuni centrodestra in ordine (sparso)

Non solo presidenzialismo o premierato. Salvini mette i paletti sull'autonomia "prima delle europee", ma FdI e Forza Italia restano tiepidi. Veto "fraterno" al terzo mandato dei sindaci (citofonare Canelli). Tutti d'accordo solo sul ritorno delle Province

Dietro la scelta fatta da Giorgia Meloni di avviare le interlocuzioni con le opposizioni sulle riforme costituzionali senza mettere sul tavolo una proposta definita è difficile non vedere, oltre all’evidente tattica rispetto alle minoranze, anche una più (tenuta) nascosta differenza di vedute all’interno della stessa maggioranza. Basterebbe la doccia gelata aperta dal capogruppo della Lega Riccardo Molinari, l’altro giorno, sulla schiena della premier: “Sul premierato, vedremo come sarà la proposta, non bisogna privare il Parlamento dei suoi poteri”.

Sfumature o, probabilmente, qualcosa di più che inevitabilmente si riflettono ai vari livelli territoriali laddove il centrodestra governa o dove aspira a farlo. E ancor più dove, come in Piemonte, le riforme si incrociano con un’imminente, ma di fatto già incominciata, campagna elettorale per le regionali del prossimo anno in cui gli alleati restano saldamente tali, coniugando però il ruolo di concorrenti se non si vuol dire avversari per pesarsi nelle urne.

È noto come la temperatura sul fronte dell’autonomia rafforzata, riforma-bandiera della Lega e vessillo innalzato fin dai primi passi della legislatura regionale che ora si avvia al termine, sia poco più che tiepida dalle parti dei Fratelli d’Italia e nello stesso partito di Silvio Berlusconi. Nelle scorse ore Matteo Salvini ha ricordato l’obiettivo di approvare il testo del ministro Roberto Calderoli prima delle elezioni europee, che incidentalmente coincidono con quelle per il futuro governo piemontese. Un paletto che il leader della Lega, più che prevedibilmente, prova a mettere proprio per rafforzare il suo partito alla prova dell’Europa, ma che potrebbe giovare non poco nella competizione con FdI per l’assegnazione dei posti nella futura assemblea di Palazzo Lascaris, così come dell’esecutivo in caso di vittoria. Ma il paletto di Salvini rischia di vacillare se, come pare, Meloni non ha alcuna intenzione di consentire una corsia preferenziale all’autonomia rispetto al presidenzialismo, sia pure ancora da declinare in una forma di premierato. In questo quadro non poco complicato, tra tutte la riforma che pare destinata a compiersi più agevolmente pare essere quella che riguarda le Province. 

Meno al centro dell’attenzione del dibattito nazionale, ma decisamente sentito tra gli amministratori locali, il riordino di questi enti intermedi con il ritorno all’elezione diretta del presidente e degli altri organi trova sostanzialmente d’accordo tutti. Il traguardo di un voto, anch’esso contestuale con quello europeo, che faccia ripartire da zero le Province seppellendo definitivamente la unanimemente deprecata che porta il nome dell’allora ministro del PdGraziano Delrio, sembra il più facilmente raggiungibile.

Più arduo, per contro, appare un altro obiettivo prefissato, soprattutto ancora una volta dalla Lega, qual è il superamento del limite al terzo mandato per i sindaci delle città al di sopra dei 15 mila abitanti. I lavori delle commissioni parlamentari mostrano più di un segnale contrario, apertamente da Fratelli d’Italia che ufficialmente teme la crescita di cacicchi locali, ma in realtà potrebbe temere di avvantaggiare proprio la Lega assai più fornita di primi cittadini di lungo corso. Neppure da Forza Italia arriva quel che si potrebbe dire una spinta al cambiamento che, sempre guardando al Piemonte, agevolerebbe non poco i leghisti che hanno nel sindaco di Novara Alessandro Canelli, l’archetipo e il prototipo del sindaco da eleggere più di due volte. Un problema, certamente, per il Carroccio piemontese che sul terzo mandato per il sindaco della città di San Gaudenzio aveva fatto più d’un ragionamento anche in virtù dei probabili non ampi spazi di manovra sul terreno regionale. 

E anche le Regioni, oltre che per l’autonomia, giocano un ruolo da protagoniste nella sarabanda delle riforme che, ad oggi, vede il centrodestra in ordine sì, ma sparso. La questione se aprire o meno al terzo mandato per i presidenti è sul tavolo con tutto il suo peso e le sue possibili conseguenze. Perché se è vero che nel centrodestra la spinta leghista è indirizzata verso la riconferma di Luca Zaia alla guida del Veneto, confermando vieppiù il non immeritato appellativo di Doge, altrettanto rilevante nella strategia della maggioranza di governo ci sono gli effetti che l’apertura al terzo giro produrrebbe sul fronte avverso dove scalpita il governatore della Campania Vincenzo De Luca. Insomma, un bello sgambetto a Elly Schlein e al suo Pd

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