RETROSCENA

L'opa di Meloni su Forza Italia, 
Cirio sempre più vicino a FdI

Con la morte di Berlusconi riprende il cammino interrotto dalla pandemia. Crosetto regista dell'operazione in chiave partito repubblicano. Ma dopo le europee. E così alla premier sarà poco più di una formalità la rivendicazione del "suo" primo governatore del Nord

“Per me è come perdere un papà”. La frase pronunciata, tra le lacrime, da Alberto Cirio alla notizia della scomparsa di Silvio Berlusconi nella indubitabile genuinità dell’immediatezza e dell’emozione apre tuttavia a un vuoto che il governatore del Piemonte dovrà colmare anche e forse prima di tutto sul piano politico. Meno di ventiquattr’ore prima della morte del leader di Forza Italia, il presidente della Regione aveva espresso, pur in una doverosa lettura dipendente dalla necessità di fermare una narrazione ad uso del centrosinistra, la sua disponibilità a ricandidarsi alla guida del Piemonte, “che è nel mio cuore”. Ma quale potrebbe essere la bandiera politica sotto la quale l’ormai navigato politico che da Alba varcava il cancello di Villa San Martino sempre fornito di tartufi il cui afrore annunciava il suo arrivo al cospetto del Cavaliere, ora che purtroppo Silvio non c’è più?

Sul futuro e sull’esistenza stessa di Forza Italia, da qui a quando si sarà esaurito l’effetto emotivo della dipartita del leader, già ci si interroga al suo stesso interno. Addirittura nella stridente cornice del San Raffaele, ieri, circolava con una certa convinzione e speranza incarnata da una parte della nomenclatura azzurra di un’eredità da raccogliersi da parte della primogenita Marina. Ipotesi, in verità, circolata quando il Cavaliere era ancora in splendida forma, ma si prospettava già la necessità di trovare in famiglia quel quid che egli mai riconobbe a nessuno. Non sono pochi a sperarci, pochi a crederci veramente, anche se il rapporto tra la prima figlia di Berlusconi e la prima donna arrivata a Palazzo Chigi è, notoriamente, ottimo e ha segnato alcune azioni da quando Giorgia Meloni guida il primo governo politico dopo anni di surrogati.

Nell’ormai sfilacciato cerchio tragimagico di Arcore, tra governisti più vicini alla premier come Antonio Tajani e il capogruppo Paolo Barelli e recenti epurati rappresentati dall’ex vestale Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo, i governatori attualmente in carica – dal siciliano Renato Schifani al calabrese Roberto Occhiuto, dal presidente del Molise Donato De Toma a quello della Basilicata Vito Bardi – paiono anime perse. Tra loro, naturalmente, c’è pure Cirio il cui futuro, oggi, paradossalmente può appare più solido rispetto quanto non fosse ancora ieri. Non può sfuggire l’occasione che, con la scomparsa di Berlusconi e il futuro a dir poco incerto del partito che egli ha fondato, si presenta per la Meloni e, di conserva, per l’oggetto delle sue scelte, ovvero l’attuale governatore del Piemonte.

Un percorso che oggi non può essere delineato con certezza e che può riservare più d’una variabile, ma che avendo come punto fermo la riconferma di Cirio quale candidato alla successione di sé stesso presenterebbe più di un vantaggio per la premier e per il suo partito. L’incoronazione a (ri)candidato governatore del Piemonte consentirebbe alla Meloni di avere il suo primo presidente di Regione al Nord, potendo rivendicare la vittoria da parte di una figura moderata, profondamente europeista e altrettanto radicata sul territorio. Un atout ancor più importante nella contemporaneità del voto regionale con quello europeo con la prospettiva di un nuovo asse tra Conservatori e Popolari, ma anche guardando allo scenario politico nazionale in cui potrebbe prospettarsi la nascita di un Partito Repubblicano, vecchio sogno del Cavaliere e baluginante effimera ambizione di Carlo Calenda, sorpassato d’un lampo da Matteo Renzi nel riconoscimento delle qualità di Berlusconi come il senatore di Rignano ha saputo fare in queste ore. La stessa possibilità che a costruire questo fronte moderato, con uno stretto rapporto con Noi Moderati di Maurizio Lupi, sia il cofondatore di FdI Guido Crosetto, indiscutibile supporter di Cirio nonché padrino di battesimo di uno dei suoi figli, si prospetta come ulteriore solido pilastro a un Cirio bis. 

Quale maglia indosserà il presidente per il suo secondo mandato? Prima che il Covid stravolgesse e congelasse tutto o quasi, si vociferò non senza motivo di un possibile suo approdo al partito della Meloni. Il non aver fatto quel passo, restando leale e fedele al Cavaliere, non suona oggi come un’occasione mancata, semmai un vantaggio tattico per se stesso e per chi ha in mano le carte da dare al tavolo nazionale su cui si giocherà la partita delle candidature. Se la situazione all’interno del partito rimasto senza guida dovesse precipitare, le porte della fortezza meloniana certamente non si chiuderebbero, anzi accadrebbe il contrario, per Cirio. Ma anche nel caso dell’assai probabile trascinamento di una sopravvivenza di Forza Italia, almeno fino al voto del 2024, l’attuale governatore rappresenterebbe la soluzione ottimale per la premier-leader di partito, superando anche quelle pulsioni interne che la scomparsa di Berlusconi e quanto ciò si porterà dietro farà passare in secondo piano. 

Negli scenari ancora poco definiti si prospetta pure una sorta di comitato di salvezza per il partito orfano del leader, nel quale quello di Cirio sarebbe uno dei nomi che circolano. L’ipotesi c’è, ma è difficile vederla tra quelle di più probabile concretizzazione, non foss’altro per il ruolo pur rilevante, ma secondario per l’attuale presidente rispetto a quello di interprete protagonista (con quale maglia si vedrà) di una tempesta perfetta per la Meloni e per sé stesso.

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