Bene Schlein, ora i riformisti altrove

Trovo francamente stucchevole le continue polemiche attorno al progetto politico di Elly Schlein, la segretaria del Pd che ha stravinto le primarie nello scorso febbraio. Stucchevoli per una motivazione alquanto oggettiva. Tranne per gli ingenui e gli ipocriti. Schlein, cioè, ha vinto le primarie attorno ad una piattaforma politica chiara ed inequivoca. E cioè, basta con il Pd delle origini – ovvero l’unità degli ex comunisti e della ex sinistra Dc –; archiviato il partito a “vocazione maggioritaria” di veltroniana memoria; azzerata la concezione di un partito di centro sinistra e, in ultimo ma non per ordine di importanza, basta con il Pd come “partito di potere” e soprattutto come “partito al potere”. Di conseguenza, e proprio grazie al nuovo progetto della Schlein, decolla un partito che a livello culturale ha una chiara impronta radicale e libertaria e a livello politico un profilo squisitamente estremista e massimalista. Un Pd, quindi, dichiaratamente e legittimamente di sinistra che chiude una lunga fase iniziata con Veltroni e conclusasi miseramente e con raro squallore da Letta e che apre, altrettanto legittimamente, una nuova fase nella politica italiana. Nello specifico, nel campo della sinistra.

Ecco perché, e di conseguenza, sono francamente strumentali le lamentele e i piagnistei dei cosiddetti ex popolari e di coloro che continuano a militare in quel partito e che denunciano, ossessivamente, la debolezza o gli errori della nuova gestione di quel partito. La Schlein, invece, si muove in perfetta coerenza con il suo progetto politico, peraltro ripetutamente richiamato. La necessità, cioè di costruire una salda alleanza con i populisti dei 5 stelle, la sinistra estrema di Fratoianni e Bonelli e con tutti quei movimenti che si collocano pregiudizialmente a sinistra e che avversano, di conseguenza, tutto ciò che si muove nel Centro e al Centro della geografia politica italiana.

Per questi semplici e chiari motivi il nuovo Pd sarà un partito dichiaratamente di sinistra. Una sinistra, appunto, radicale nei valori e massimalista nella concreta azione politica, come ha confermato in questi primi mesi di segreteria la stessa Schlein.

Certo, si tratta di una impostazione culturale e di una piattaforma politica quasi incompatibile con la cosiddetta vocazione riformista del partito. E questo lo ritengo un fatto positivo e anche di rara chiarezza che contribuisce da un lato a favorire l’unità dei riformisti al di fuori del Pd e, dall’altro, a rafforzare un polo centrista, democratico e appunto riformista e di governo al di fuori e al di là del campo della sinistra estremista e massimalista. Un elemento, lo ripeto, anche necessario per restituire credibilità e coerenza alla stessa politica italiana da troppi anni impantanata in una confusione che non ha fatto altro che rafforzare l’opportunismo parlamentare e il trasformismo politico.

Ora, e finalmente, è tutto più chiaro. Perché accanto alla vittoria elettorale di una destra democratica e di governo, dopo il ritorno di una sinistra radicale e massimalista, con la conferma di un populismo antipolitico e qualunquista dei 5 stelle finalmente c’è spazio anche per un Centro dinamico, plurale, riformista e di governo. Al di fuori del Pd, come ovvio e persin scontato. Per questo la Schlein, per fermarsi al campo della sinistra, ha contribuito a fare chiarezza. E per questo va politicamente ringraziata e non pregiudizialmente avversata.

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