FIANCO SINISTR

Dal campo largo a Campobasso: "L'alleanza Pd-M5s non funziona"

In Molise l'ennesimo schiaffone per il centrosinistra che ora vede con timore l'appuntamento delle regionali in Piemonte. Manco più il fronte giallorosso è in grado di arginare l'onda della destra. Per il politologo Natale i dem devono "trovare un'identità"

Doveva essere il cantiere, l’ennesimo, in cui sperimentare l’alleanza tra Pd e Movimento 5 stelle: l’ormai celebre campo largo profetizzato a ogni piè sospinto da Francesco Boccia, oggi stratega politico di Elly Schlein, e invece le elezioni regionali del Molise hanno trasformato Campobasso nel  suo Campo Santo. Dem e pentastellati sono andati insieme in sei regioni (Lombardia, Friuli, Liguria, Umbria e Molise) e non hanno vinto mai. Brutto presagio in vista delle elezioni in Piemonte dove pure non mancano i primi abboccamenti. «L’alleanza non funziona» sentenzia allo Spiffero il professor Paolo Natale, politologo e docente all’Università di Milano. «C’è un atteggiamento ambiguo di due forze distinte e spesso distanti. Gli elettori non capiscono e infatti si sta consolidando per la prima volta un trend per cui l’incremento dell’astensionismo premia il centrodestra». E questo cosa significa? «Che sono gli elettori del centrosinistra, evidentemente disorientati dai loro leader, a rimanere a casa. Insomma, non funziona più il paradigma che gli elettori di sinistra vanno sempre a votare». E forse non basta mettere dei simboli sotto lo stesso candidato se dietro non c’è una proposta politica comune, le stesse idee e programmi compatibili. Le alchimie nazionali calate sul territorio non hanno sempre gli effetti desiderati e chissà che forse, a Campobasso, qualcuno nel Pd non abbia avuto un capogiro quando ha scoperto che il “suo” candidato governatore, Roberto Gravina, era il sindaco a cui i dem facevano opposizione. Non basta dire che da oggi siamo alleati.

È questa ragione, forse, che ha indotto il segretario del Pd piemontese Domenico Rossi a promuovere una conferenza programmatica per mettere attorno allo stesso tavolo tutti i potenziali alleati. Il Movimento 5 stelle per il momento non ha aderito. «Aspettiamo indicazioni da Roma» fanno sapere da Torino. E intanto nella Capitale anche la leadership di Giuseppe Conte (che rispetto alle Politiche ha visto i suoi voti passare dal 28 al 7 percento) è traballante, mentre Chiara Appendino, da molti indicata come ipotetica futura guida del movimente, dopo la conferma in appello della condanna a 18 mesi per i fatti di piazza San Carlo, è un poì azzoppata. Oggi si parla di Virginia Raggi, ex sindaca di Roma, ad affiancare Conte fino alle europee per poi  magari prenderne il posto. Chissà.

Al Nazareno anche Schlein torna sotto processo mentre sui social impazzano meme e sfottò. L’inquieta Chiara Gribaudo, vicepresidente del partito un tempo coinquilina della segretaria, si è concessa una critica, seppur composta. Secondo l’esponente cuneese l’aver regalato il candidato al M5s è stata una scelta “generosa” ma che “non ha funzionato”. Si continua a parlare di strategie e alleanze in un partito che forse ha perso la sua identità e per questo non viene più scelto dagli elettori. «Bisognerebbe piuttosto puntare su un programma che abbia senso, con parole d’ordine comprensibili per gli elettori» prosegue Natale nella sua analisi. Una ricerca di senso, prima che di consenso perché, come spiega il professore, «l’ultima volta che il Pd ha avuto un’identità chiara è stato con Matteo Renzi”. Cosa sia oggi se non un crogiuolo di clan in perenne guerra tra loro non è chiaro. E finché il Pd non ritrova un suo profilo politico (essere ambientalisti vuol dire essere contro o a favore dell’inceneritore di Roma che peraltro sta realizzando un sindaco “amico”? Sull’abuso d’ufficio la posizione è quella dei primi cittadini dem o di alcuni esponenti giustizialisti?) “occuparsi di alleanze è inutile” conclude Natale. A Campobasso come a Torino.

print_icon