FINANZA & POTERI

Crt, altolà a Cirio e Lo Russo.
"Non si intromettano nelle scelte"

In nome dell'autonomia dell'ente i consiglieri respingono la proposta di mediazione: "Non mettano il becco". E così il rappresentante del volontariato non sarà deciso di comune accordo da sindaco e governatore. La "sinistra" Di Mascio sulle barricate

Consiglieri del Pianeta Papalla. Proposti da enti e amministrazioni, designati da capataz di partito, alcuni addirittura con trascorsi politici: tutti, non appena varcata la soglia di via XX Settembre, si scoprono vergini. Al punto da invocare barriere contro le “ingerenze” della politica. È quanto succede alla Fondazione Crt in questi giorni impegnata al varo del nuovo statuto.

Il voto sul testo finale cui sta ancora lavorando la commissione coordinata da Corrado Bonadeo, palenzoniano di ferro e conterraneo del presidente, è previsto per venerdì e, in barba alle rassicuranti veline, potrebbe riservare sorprese inattese. Lo schema è noto. I componenti del Consiglio di indirizzo passano da 18 a 21 per assicurare seggi permanenti per le province fino a oggi soggette a turnazione (tra Asti e Alessandria e tra Novara e Vercelli); tra gli enti designanti sparisce l’European Foundation Centre per fare posto al Terzo Settore, e ogni ateneo del Piemonte (Unito, Polito e Upo) avrà il proprio rappresentante. Una riforma in cui si intrecciano nodi territoriali e politici.

Nella revisione della Carta emergono più volte richiami alla preservazione dell’autonomia dei consiglieri (excusatio non petita?), addirittura prospettando quella che, mutuando dal linguaggio parlamentare, l’assenza di un vincolo di mandato. Una sorta di lavacro con cui cancellare o, più prosaicamente, dimenticare chi li ha messi lì. Ma il meritorio tentativo di arginare le ingerenze della vituperata politica, soprattutto alle sue logiche lottizzatrici e spartitorie, sembra celare la volontà di chiudere i canali di confronto e di osmosi con le istituzioni, finendo per decretare se non un governo autarchico della fondazione, di certo improntato all’autoreferenzialità. Pericolo, peraltro, che qualche più avveduto consigliere ha provato a segnalare.

Una linea non certo teorica, ma che anzi si è mostrata già concretamente sia nell’ultimo periodo della presidenza di Giovanni Quaglia, sia nelle prime mosse di Fabrizio Palenzona. Quando toccò nominare il consigliere espressione della Regione, il consiglio della fondazione non tenne affatto conto delle indicazioni dell’attuale maggioranza e in particolare del presidente Alberto Cirio nominando, non l’ex magistrato Antonio Rinaudo (figura notoriamente preferita dal governatore) bensì l’ex presidente della Fondazione per l’architettura Alessandra Siviero, espressione delle minoranze, vicinissima a Chiara Appendino (che aveva provato a farla entrare in via XX Settembre) poi “adottata” dal Pd. Stesso schema, appena l’altro giorno, con la bocciatura dell’ex presidente della Camere di Commercio di Cuneo Ferruccio Dardanello cui è stato preferito, nella terna del sistema camerale, l’ex ambasciatore vercellese Pier Benedetto Francese.

Addirittura quello che secondo alcuni sarebbe un compromesso in grado di accontentare il sindaco di Torino, ovvero un posto per il mondo del volontariato da affidare nelle quattro mani della cosiddetta concordia istituzionale tra Comune e Regione, è stato fortemente contestato nel corso della discussione in fondazione e l’esito di queste resistenze potrebbe alla fine mandare a monte la procedura escogitata e delegare a una selezione attraverso un bando la ricerca del nome in rappresentanza del Terzo Settore.

La levata di scudi più eclatante contro questa ipotesi (giocata anche sul rapporto, più che di concordia, tra Cirio e Stefano Lo Russo) è stata quella di Anna Maria di Mascio, designata dalla Regione ai tempi di Sergio Chiamparino, la quale non solo non “riconosce” come suo referente l’attuale governatore, ma neppure lo stesso sindaco Pd, manifestando simpatie più a sinistra del primo cittadino. Una posizione, la sua, tutt’altro che solitaria visto che sulla stessa linea si sarebbero attestati i consiglieri che provengono dalla magistratura e gli accademici, quelli della immarcescibile “cricca dei professori”. E le dichiarazioni di ieri non lasciano dubbi circa il sentiment prevalente nel parlamentino: “Non si intromettano nelle nostre scelte”, diceva uno. “Il sindaco non ci metta il becco”, concordava un altro.

Territorio e politica si intrecciano. L’aumento del numero di posti assegnati alle “altre” province segna per Torino la conseguente perdita di peso, a cui si aggiunge il vincolo della non appartenenza al capoluogo del componente di Unioncamere. Basta il pallottoliere. La stessa versione, fatta filtrare, secondo cui il nome in capo al Politecnico possa essere un risarcimento per il sindaco, professore dell’ateneo, significa non conoscere le dinamiche interne a corso Duca degli Abruzzi. Con buona pace della sua capa di gabinetto, Valentina Campana, convinta di riuscire a raddrizzare la situazione con qualche telefonata, Lo Russo ne esce nuovamente con le ossa rotte. “Non me ne occupo”, risponde lasciando sbigottito chi lo interroga sulla questione.

Tra le questioni ancora aperte sul fronte delle nuove regole c’è pure quella del limite di età. A quel che trapela, l’intenzione sarebbe di non mettere vincoli anagrafici, anche a dispetto delle indicazioni dell’Acri, ma soprattutto del Mef che in fase di approvazione dello statuto potrebbe sollevare pesanti obiezioni fino a richiedere una modifica per vidimarlo. Considerato troppo restrittivo quello dei 70 anni adottato dalla Compagnia di San Paolo per i vertici (75 per i componenti del Consiglio generale), non ha trovato ascolto la proposta fatta da Giampiero Leo il quale aduso a frequentare tonache e talari ha richiamato l’esempio dei vescovi, tenuti a rassegnare le loro dimissioni nelle mani del papa al compimento del settantacinquesimo compleanno. Per ora la sua proposta è stata salutata con una fumata nera.

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