VERSO IL 2024

"No all'alleanza, sì a intese locali".
Così Conte si cuoce la Schlein

I due forni del capo dei 5 Stelle. Respinge la proposta di un'accordo "strutturale": "Non ha senso". Si vedrà regione per regione. A buon punto in Sardegna e Abruzzo, in stallo in Piemonte. Dove pesano ancora gli scontri con Appendino che però...

Si vedrà caso per caso, regione per regione. «La politica non può essere incontri di vertice e al tavolino, ma è un confronto costante molto faticoso. Ora ci sono delle regionali, non abbiamo una direttrice precostituita, ho detto ai responsabili locali “fateci sapere se ci sono le condizioni per andare in una coalizione che ci renda ambiziosi negli obiettivi”. Un accordo strutturale per tutte le regionali con il Pd non può essere, non ha senso. Fare un accordo strutturale tradisce». Giuseppe Conte seppellisce l’ipotesi di campo largo: nessun fronte progressista, almeno nel breve periodo, sono possibili invece intese elettorali in chiave locale. «Noi non abbiamo mai dichiarato andremo in coalizione solo con tizio o solo con caio. Nel 2018 siamo stati costretti a formare un governo con la Lega, perché il Pd aveva detto di no – ha spiegato il presidente del M5s alla festa del Fatto –. È stata un’esperienza eccezionale, ma quella che appartiene a una fase storica del Movimento. Perché dopo di allora c’è stato un nuovo corso e abbiamo cercato di rafforzare l’identità del Movimento. Questo ci ha permesso di poter chiarire che noi con questa destra non ci andremo mai», ha affermato il bisConte. L’ex premier gialloverde e giallorosso respinge al mittente la proposta che proprio la segretaria del Pd gli aveva lanciato poche ore prima dallo stesso palco della Casa del Jazz. «Alle prossime elezioni regionali dobbiamo lanciare un segnale, noi e i Cinque Stelle», aveva detto Schlein.

«Non voglio che il titolo sia “Conte chiude la porta in faccia a Schlein”, ma un accordo strutturale non ha senso – ha ribadito –. Vediamo se ci sono programmi condivisi e candidature adatte. Stiamo lavorando. Alcuni percorsi sono già avviati, per altri non ci sono presupposti. Ma è un laboratorio ancora aperto». A quanto pare i pourparler sarebbero in fase molto avanzata in Sardegna e Abruzzo, con buone prospettive di chiudere l’accordo, mentre in Piemonte le intendenze locali grilline attendono lumi.

Da una parte i quasi cinque anni di comune opposizione a Palazzo Lascaris hanno levigato asperità e fatto superare antiche ruggini, dall’altro pesano ancora come un macigno gli scontri al fulmicotone che hanno contrassegnato la Sala Rossa durante il mandato di Chiara Appendino alla guida del Comune di Torino. Una stagione travagliata, segnata da una contrapposizione irriducibile, a volte scaduta anche in attacchi personali, come l’esposto in Procura sul “caso Ream” presentato dall’allora capogruppo dem Stefano Lo Russo. E la prospettiva che a contendere la Regione ad Alberto Cirio possa essere molto probabilmente l’uomo macchina della campagna elettorale dell’attuale primo cittadino non riempie certo di gioia l’ex sindaca. Che pure, paradossalmente, nella geografia interna al Movimento 5 Stelle, è tra le più disposte all’alleanza con il centrosinistra. Insomma, in Piemonte la partita è aperta. E comunque l’ultima parola l’avrà proprio Appendino.

Conte, ad ogni modo, non ha voluto infierire sui compagni delle recenti battaglie (salario minimo, reddito di cittadinanza, ambientalismo) e sulla periclitante leadership di Schlein ha preferito glissare: «Non faccio previsioni in casa altrui». Qualche parola piuttosto l’ha spesa sulle questioni interne, a partire da alcuni totem del grillismo d’antan. Sulla regola del doppio mandato «io stesso ho iniziato l’impegno politico con questa regola e non la metto in discussione anche perché è noto che Beppe Grillo la ritiene fondativa e lui è il garante e l’intera comunità», ha spiegato Conte, rivelando di aver rinnovato il contratto di consulenza con il fondatore. M5s «ha viaggiato sempre con queste regole. Poi è chiaro che c’è un problema: quello di «non disperdere l’esperienza accumulata dai nostri rappresentanti». «E qui devo essere sincero: avevo anche pensato a una possibilità di una deroga e su questo non mi ero trovato d’accordo con Beppe che è stato invece rigoroso nell’interpretazione», se non altro perché «anche la deroga pone problemi: come, dove, chi», inoltre – ha proseguito Conte – «la deroga pone il problema del non privarsi dell’esperienza di chi ha ancora più esperienza dopo il terzo mandato e così gli altri partiti sono arrivati al decimo mandato...». Oggi «dobbiamo sempre lavorare perché nel M5s si pensi alla prossima battaglia non alla prossima candidatura», ha concluso Conte.

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