VERSO IL 2024

Regionali anticipate, FdI spinge.
Lega "indifferente", Tajani cauto 

Ancora un rinvio della decisione per andare al voto a marzo. Salvini non si sbilancia (guardano alla questione Solinas in Sardegna), mentre Forza Italia (dolcemente) frena. A giorni il vertice decisivo con la Meloni. L'ok forse prima del Festival delle Regioni di Torino

L’attesa fumata bianca sull’anticipo a marzo delle elezioni regionali ancora non c’è. Dal conclave del centrodestra, ieri l’ultima riunione, continua a venir fuori la linea molto determinata di Fratelli d’Italia circa l’opportunità (soprattutto politica) di scorporare il voto per le quattro Regioni –SardegnaAbruzzoBasilicata e Piemonte – da quello europeo concludendo anticipatamente le legislature, ma emerge anche altro nell’ambito della coalizione.

Per una Giorgia Meloni che non fa mistero del suo intendimento di portare alle urne all’inizio della primavera i quattro enti attualmente governati dal centrodestra e, dunque, sapendo di poter contare sui governatori nella condivisione del suo piano, c’è un Matteo Salvini che attraverso i suoi sherpa accoglie l’idea con una sostanziale indifferenza. Che la Lega non brami un anticipo delle consultazioni si sa e lo si è capito proprio in Piemonte, più che altrove, dove all’emergere della proposta l’accoglienza è stata piuttosto fredda e in alcuni casi, pur non dichiaratamente ostile, entrando in gioco la decurtazione del mandato e, soprattutto, degli stipendi dei consiglieri ad alto rischio di mancata rielezione. Pesa sull’atteggiamento di Salvini anche la questione, per ora irrisolta, della Sardegna. Il vicepremier punta alla riconferma di Christian Solinas, sul quale invece non sono poche le perplessità della Meloni. Un atteggiamento neutro sul voto anticipato da parte leghista potrebbe essere spiegato anche dalla necessità di dipanare la matassa isolana e nell’attesa non sbilanciarsi né in un senso, né nell’altro. 

Più chiara, seppure lontano dall’essere netta, la posizione di Forza Italia che nel mostrare cautela e suggerendo ad utilizzarla in una decisione del genere, si pone con un atteggiamento il meno vicino a quello del principale partito dell’alleanza. Necessità di avere più tempo per predisporre la prima grande campagna elettorale dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, contare sul traino del voto europeo per contenere probabili ulteriori cedimenti sul fronte amministrativo, tenere una posizione autonoma sia pure senza senza impuntature rispetto a quello che potrebbe essere letto come un dictat meloniano e, non ultima, la situazione traballante dell’attuale presidente della Basilicata, l’azzurro Vito Bardi. C’è questo e fors’anche altro ancora nel pigiare sul freno, con piede di velluto, da parte di Antonio Tajani e dei suoi. Una linea che, anche se incidentalmente, finisce col coincidere con quella del governatore azzurro del Piemonte. Un po’ subodorando le reazioni duramente contrarie puntualmente arrivate dalle opposizioni, Pd e M5s in testa, un po’ per non alimentare tensioni domestiche di quei consiglieri per nulla inclini a lasciare in anticipo il seggio a Palazzo Lascaris, Alberto Ciriosi è tenuto, come abilmente sa fare, a debita distanza dalla querelle, liquidando la questione della data con una dichiarata indifferenza. 

Insomma, non c’è traccia di possibili barricate, semmai della necessità di smussare alcuni spigoli all’interno dell’alleanza per arrivare a quella che, vista la linea indicata dalla premier, appare una decisione pressoché scontata. Gli impegni internazionali con la partecipazione all’assemblea generale dell’Onu, così come l’emergenza immigrazione, hanno certamente fatto scendere l’anticipo del voto regionale nell’agenda del presidente del Consiglio, cui spetta di fatto la parola decisiva. Proprio un incontro dei vertici di Lega e Forza Italia con Meloni, atteso nei prossimi giorni, dovrebbe sancire la chiamata alla urne, nelle quattro regioni, a marzo. Decisione che potrebbe arrivare nel corso del Festival delle Regioni a Torino, dove Meloni è attesa il giorno di chiusura, il 3 ottobre, anche se non si esclude che la sua presenza possa tramutarsi in un videocollegamento, come accaduto a Milano lo scorso anno. 

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