PALAZZI ROMANI

Sanità, Meloni prepara l'offensiva

Incalzata da Mattarella, sollecitata dai governatori (anche quelli di centrodestra), sfidata dalle opposizioni, la premier vuole un piano che ribalti la "narrazione" e dimostrare che non è vero che siano in arrivo i tagli. E, conti alla mano, non ha tutti i torti

L’ha detto a Torino, intervenendo ai lavori conclusivi del Festival delle Regioni: non esiste un allarme sanità. Giorgia Meloni lo ribadisce oggi da Palazzo Chigi dove in queste ore si sta mettendo a punto una linea capace di contestare la “narrazione” del Pd e delle opposizioni che raccontano di un governo pronto a impugnare il machete su ospedali e servizi sanitari. Una “narrazione” che trova terreno fertile tra i governatori, facendo breccia anche in quelli di centrodestra: non esistono colori politici quando si devono fare i salti mortali per far quadrare i conti. E le parole pronunciate ieri dal palco del Carignano non li ha del tutto rassicurati, per questo da una parte sollecita il ministro Orazio Schillaci a darsi una mossa per definire un piano di interventi, dall’altro manda in campo le falangi armate per l’offensiva alla propaganda. Il mantra è “fare gioco di squadra per garantire a tutti il diritto alla Salute”, con risorse adeguate, certo, ma soprattutto assicurando la qualità della spesa. Troppi soldi in questi anni sono stati sprecati, altrettanti non hanno raggiunto gli obiettivi proposti.

Una cosa è chiara alla premier: il centrosinistra non ha le carte in regola per fare la morale, né la coscienza pulita per puntare il dito. E ciò devono saperlo anche gli italiani. Spiega Tommaso Foti, capogruppo a Montecitorio di Fratelli d’Italia: «Tra tagli e minori entrate il Servizio Sanitario Nazionale ha perso 37,5 miliardi di euro tra il 2010 e il 2019, periodo in cui alla guida della Nazione si sono alternati diversi governi, con la partecipazione quasi sempre dal Pd. Non basta. Il decantato aumento della spesa nel 2020, ad opera dell’allora disastroso ministro Speranza, non è veritiero. Il balzo della spesa sanitaria che arrivò al 7,4 per cento del Pil fu per una ragione semplice: il crollo del Pil per effetto della pandemia». Il Pd denuncia il taglio di 2 miliardi, ma l’accusa pare del tutto infondata. Come spiega il sempre ottimo Luciano Capone sul Foglio seppure Schillaci non riuscisse a ottenere l’aumento di risorse richiesto, la spesa sanitaria nei prossimi anni sarebbe comunque ben superiore a quella che aveva previsto il ministro Roberto Speranza nelle sue Nadef.

Il governo però non si limita alla contropropaganda, ma sta prepara un piano Sanità. «Arriveranno fondi con il rinnovo dei contratti per i medici e il potenziamento degli stipendi dei dirigenti del comparto sanità. E vogliamo utilizzare al meglio i fondi del Pnrr, in cui è previsto un finanziamento di oltre 15 miliardi», aggiunge Foti. Nessun allarme, ripetono a Palazzo Chigi. Ma Meloni osserva con attenzione gli ultimi studi: il rapporto tra spesa sanitaria e Pil, quest’anno si ridurrà dal 6,7 al 6,6 per cento, poi scenderà al 6,2 nel 2024 e nel 2025, e poi ancora al 6,1 nel 2026. Non è un quadro rassicurante, ma la linea di Meloni è una sola: non c’è allarme.

Le opposizioni alzano i toni ma non parlano la stessa voce. Al punto che Carlo Calenda cerca una sintesi: «C’è spazio per proposta comune delle opposizioni sulla sanità: abbiamo fatto un piano, lo abbiamo condiviso con il Pd, lo abbiamo mandato a Meloni, poi il Pd è sparito. Ieri ho sentito Schlein, le ho detto “c’è la legge di bilancio, scriviamo una proposta comune delle opposizioni”». Dopo ore di riunioni al Nazareno, la segretaria non cava un ragno dal buco se non il solito giurin giurello. «Pensiamo che ci siano le condizioni per lavorare con le altre opposizioni sulla sanità perché lo scempio che sta facendo il governo è qualcosa che ci preoccupa tutti», sbotta Elly Schlein. Gelido il capo di M5s Giuseppe Conte: «Sulla sanità stiamo mettendo a fuoco alcune nostre proposte, e ci confronteremo. Ma a Calenda e Schlein dico che non funziona, se uno prima va in tv a parlare e dire le sue proposte». Un florilegio di ricette, ognuna con in calce il conto: chi azzarda 4 miliardi, chi arriva a 6, i più di manica larga sparano 10. Le proposte si accavallano. Le Regioni sono centrali nel dibattito. «I governatori senza distinguo di colore politico hanno chiesto di destinare almeno 4 miliardi di euro al sistema sanitario», dice il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto di Forza Italia.

Il Colle osserva con attenzione il dibattito. «Il sistema sanitario è un patrimonio da difendere», ha ricordato sempre a Torino Sergio Mattarella, non negando preoccupazione per un quadro che impone una riflessione. «È calato il numero di posti letto e aumentato il fabbisogno di sanità da parte dei cittadini – dice ancora Occhiuto –. Molte malattie si cronicizzano e costano di più. Anche perché invecchia la popolazione. È chiaro che questi problemi non sono addebitabili a un governo in carica da un anno, ma a straordinari errori di programmazione. Il governo della sanità non è mai stato ritenuto un'attività strategica negli ultimi decenni. E oggi ne paghiamo il prezzo. La sanità non è solo ospedali, occorre far funzionare l'assistenza territoriale e la medicina di base. E poi, occorre cogliere le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dalla telemedicina per la cura dei malati cronici».

Per Meloni è arrivato il momento delle scelte. E scegliere per il capo del governo vuol dire scegliere insieme. Un tavolo aperto alle opposizioni e agli Enti locali? Calenda intanto insiste: «L’Italia è venticinquesimo su ventisette per gli investimenti sulla sanità in rapporto al Pil. Se sei venticinquesimo su ventisette ti mancano i soldi. Poi se vuoi discutere sull’efficientamento, prima ci metti i soldi e poi discutiamo di come efficientare. Noi abbiamo fatto una proposta mandata a Meloni di investire dieci miliardi di deficit su 14 per rimettere a posto la sanità, se questo non avverrà noi non siamo disposti a votare scostamento di bilancio».

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