SANITÀ DEL FUTURO

Specializzazioni mezze vuote, pronto soccorso senza medici

Nonostante l'invocato aumento delle borse di studio, è lontano il sold out degli aspiranti camici bianchi. Emergenza-Urgenza: in Piemonte solo 23 iscritti du 36 posizioni. L'attrazione del lavoro a gettone riduce gli accessi dei neolaureati

Si pensava e sperava di colmare almeno in parte, per i prossimi anni, la carenza di medici aumentando il numero dei posti nei corsi di specializzazione. I dati che arrivano dalle scuole universitarie sembrano indicare il fallimento di questa azione, ponendo anzi una serie di ulteriori e più complessi problemi. Le cifre sono chiare e indicano come un banco su quattro nelle scuole di specializzazione è rimasto vuoto. A fronte di 16.165 posti disponibili (aumentati proprio in seguito all’emergenza), ne sono stati coperti soltanto 11.688 rispetto a 14.036 candidature.

Balza subito all’occhio non solo la disponibilità di borse di studio decisamente superiore rispetto alle domande, ma soprattutto quei circa 3mila neolaureati rimasti fuori, lasciando ancora una volta scoperti soprattutto quei posti nelle specialità più richieste, incominciando proprio dall’Emergenza-Urgenza la cui carenza si riflette ormai da molto tempo nei Pronto Soccorso. In questo caso rispetto agli 855 contratti di specializzazione disponibili i futuri urgentisti sono soltanto 266, pari al 31% rispetto ai posti disponibili. 

Per il sindacato dei medici ospedalieri Anaao-Assomed tutto ciò sarebbe il risultato di “una errata programmazione, causata da una sbagliata suddivisione dei contratti a bando che hanno portato a diminuire il numero degli specializzandi anche laddove lo scorso anno i posti erano stati del tutto coperti”. Una situazione che in Piemonte è ancor più grave: dei 36 posti per la specializzazione in emergenza-urgenza all’Università di Torino ne sono stati coperti solo 23, con una percentuale del 36% di non assegnati, che si presta a diverse letture e diverse possibili motivazioni. La prima riguarda i requisiti dei neolaureati che in più di un caso non raggiungerebbero quelli richiesti per l’accesso ai corsi e già questo pone una serie di interrogativi. Un altro motivo va ricercato in un mercato dei medici ormai drogato dai gettonisti. Proprio lì, verso le cooperative e le società private che forniscono professionisti agli ospedali, va visto l’approdo di almeno una parte di quei neolaureati che hanno preferito non imboccare la strada della specializzazione, optando per un lavoro immediato e più remunerativo. 

“La risoluzione del problema – per Anaao Assomed  – non è aumentare gli ingressi a medicina o peggio ancora abolire il numero chiuso: l’unico modo è riformare il sistema della formazione medica, ferma al 1999, che ha oggettivamente fallito essendo governata da migliaia di direttori di scuola che non intendono rispettare le più semplici regole e norme, prime tra tutte l’utilizzo della rete formativa che esistono solo su carta e con specializzandi ammassati in poche strutture universitarie”. Resta, incontrovertibile, l’esito dell’apertura dei bandi per le specializzazione che, almeno in parte, smentisce l’assunto propalato dagli stessi sindacati nei mesi scorsi secondo il quale il problema stava proprio nella scarsità dei posti nelle scuole di specializzazione, tant’è che il ministro dell’Università Anna Maria Bernini, nei mesi passati, ne aveva disposto l’aumento. Una misura utile, ma come si è appurato non risolutiva, a dispetto di chi la invocava come una panacea.

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