POLEMICHE

"Indecenti le sue parole su Israele", Zaki inopportuno al Salone del libro

Il ricercatore e attivista egiziano guest star a un evento della fiera letteraria di Torino. Ma dopo le sue affermazioni sull'attacco terroristico a chiedere di annullare la sua presenza è la senatrice FdI Ambrogio: "Una pugnalata a chi gli ha restituito la libertà"

Aspetti il Salone a casa sua. “Pensare che Patrick Zaki, dopo le parole intollerabili pronunciate su Israele, possa prendere parte a una serata collaterale del Salone del Libro di Torino lascia sinceramente sgomenti”. La presenza dell’attivista egiziano, che ha trascorso 22 mesi di carcere nel suo Paese, e per la cui liberazione tanto si è spesa l’Italia, è prevista il prossimo 17 ottobre ad “Aspettando il Salone”, iniziativa collaterale della fiera libraria torinese, organizzato di concerto con il Sermig, enclave cattopacifista di Ernesto Olivero. A chiedere alla direzione di annullare l’appuntamento è la senatrice di Fratelli d’Italia Paola Ambrogio che definisce l’eventuale partecipazione del ricercatore “una macchia indelebile per il nuovo corso editoriale”, avviato con la nomina alla guida della manifestazione di Annalena Benini.

“I tragici eventi in corso, riportati puntualmente e fedelmente dalle cronache internazionali, non ammettono ambiguità: c’è una linea sottile ma invalicabile tra la libertà di espressione e la libertà di odiare, e Patrick Zaki l’ha ampiamente superata – spiega la parlamentare meloniana –. Nessuno può pensare di veicolare frasi e posizioni che strizzano l’occhio ai fondamentalisti islamici di Hamas. Quella di Zaki è una pugnalata al cuore di quell’Occidente che gli ha restituito la libertà, spero provi almeno un briciolo di vergogna”, aggiunge Ambrogio proprio nelle ore in cui l'intervista con Zaki è saltata (si parla di uno slittamento) dalla prima puntata di Che tempo che fa in programma domenica prossima su Discovery.

Sui suoi profili, nei giorni successivi all’attacco terroristico dei tagliagole di Hamas, Zaki ha condiviso diversi post ma nessuna immagine delle brutalità dei terroristi palestinesi sui civili israeliani. Definendo poi il premier israeliano Benjamin Netanyahu un «serial killer», che «cerca di convincere la comunità internazionale per legalizzare l’uccisione di civili». Parole che hanno suscitato l’indignazione da parte di molti esponenti politici a cui neppure le successive e tardive “spiegazioni” sono apparse convincenti. Il ricercatore dell’Università di Bologna ha ribadito che il suo impegno «è da sempre e invariabilmente guidato dalla tutela dell’umanità e dei diritti umani» e che per questo «non potrò mai avallare né giustificare atti di violenza o omicidi. Al contrario», precisa, «sostengo con fermezza il diritto della popolazione palestinese a resistere e a difendersi, distaccando tale difesa dalle politiche religiose conservatrici ed oscurantiste di Hamas». Aggressori e aggrediti fa poca differenza, secondo l’usuale tesi dei “pacifinti” di ogni epoca e latitudine.

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