ECONOMIA & AMBIENTE

Guerra "nucleare" nel governo.
Salvini e Pichetto a colpi di centrale

Ministri d'accordo sul ripartire con l'energia atomica: il leghista vorrebbe la prima a Milano, il piemontese candida Torino. Ma al di là delle chiacchere non c'è un progetto, una proposta di legge. Nulla. E sul Deposito nazionale dei rifiuti manca ancora la sede

“Ho chiesto ai tecnici del mio ministero. Se partiamo nel 2024, nel 2032 possiamo accendere il primo interruttore di una centrale nucleare”, ha detto il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, intervenendo al convegno “Nucleare, si può fare?” in corso a Roma nell’ambito dell’iWeek. “Da milanese la prima centrale la vorrei a Milano. Vorrei un reattore di ultima generazione nella mia città” ha aggiunto Salvini, affermando che “nel 2032 il primo treno passerà per la Torino-Lione. Lo stesso anno il primo treno viaggerà da Bolzano a Innsbruck in 25 minuti e un altro treno passerà sul Ponte sullo Stretto. Nel 2032 ci sarà anche il primo treno sulla metro che a Roma unisce l’altare della Patria con Roma Nord”. Tra i tre ministri presenti – oltre a Salvini c’erano anche Gilberto Pichetto (Ambiente) e Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy) – anche il biellese Pichetto ha chiesto una centrale per la sua regione, il Piemonte, possibilmente da realizzare a Torino. “Gli esperti mi dicono che il nucleare è fattibile e realizzabile nei primi anni del 2030 – conferma il titolare dell’Ambiente –. Non parliamo di terza generazione, ma di quarta generazione, di modular reactor, e di fusione”. E anche per lui “nessun problema” a ospitare una centrale a Torino.

“C’era ritrosia a parlare del nucleare, dagli ultimi sondaggi il quadro paese è cambiato molto, in particolare grazie ai giovani. C’è una nuova e moderna sensibilità”, ha ammesso il titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo ricordando la scelta della Piattaforma nazionale nata per unire istituzioni e imprese. Sul tema del referendum, Pichetto ha ribadito quanto detto già in passato: si è trattato di referendum abrogativi su un modello specifico di centrali mentre oggi “c’è una sensibilità che dobbiamo creare e un percorso di azioni che dobbiamo portare avanti”. Senza dimenticare il sito di stoccaggio delle scorie, il cui timore “non ha permesso al nostro Paese di avere un luogo e di indicare un sito idoneo”.

A proposito di nucleare, però, c’è un tema su cui non si parla più da mesi ed è ben più impellente. Quello del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Il 15 marzo 2022 la Sogin ha realizzato la Carta delle aree idonee (Cnai) a ospitare i rifiuti radioattivi nell’ambito del Parco Tecnologico, ma da allora nulla si è mosso. Il progetto prevede un’area di 150 ettari di cui 110 per il deposito vero e proprio e 40 per il Parco dedicato alla ricerca e alla formazione sul nucleare. Il deposito sarà costituito da 90 costruzioni in calcestruzzo armato, le cosiddette celle, con una base di 27 metri per 15,5 e un’altezza di 10 metri. Il costo è di 900 milioni di euro, finanziati con la quota delle bollette elettriche destinata allo smantellamento degli impianti nucleari. Oggi i rifiuti radioattivi meno pericolosi sono stoccati in depositi provvisori, quelli più pericolosi li conserviamo (a prezzi altissimi) in Francia e Regno Unito. L’Europa preme, il Governo deve individuare una sede. L’Italia non può perdere altro tempo a decidere: si è impegnata a riprendersi le 235 tonnellate di rifiuti atomici ad alta e media intensità, che ha stoccato in Francia, entro il 2025. Tra le amministrazioni che si sono fatte avanti per ospitare il sito c’è Trino Vercellese, che di nucleare se ne intende.

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