LA SACRA FAMIGLIA

Agnelli, una contesa a regola d'arte: sparite opere da centinaia di milioni

Ennesimo atto della guerra sull'eredità dell'Avvocato. La figlia Margherita accusa la "scomparsa" dall'elenco dei beni di preziose tele (Monet, De Chirico, Gérôme, Balla). Allerta del ministero della Cultura e l'indagine della procura di Milano

Immobili di pregio e opere d’arte. Ville, dimore storiche di famiglia che custodivano tele di Claude Monet, Giorgio De Chirico, Jean-Léon Gérôme, Giacomo Balla. Una pinacoteca da centinaia di pezzi (636, secondo alcune ricostruzioni), dal valore di centinaia di milioni di euro, apparentemente spariti nel nulla. È questo l’ultimo atto della “guerra” sull’eredità di Gianni Agnelli, scomparso nel 2003, combattuta a colpi di carte bollate la figlia Margherita e i tre nipoti del patron della Fiat John, Lapo e Ginevra Elkann, figli del primo matrimonio della secondogenita dell’Avvocato con Alain Elkann.

Una battaglia già finita al centro di una disputa al Tar del Lazio, poiché le opere potrebbero avere un interesse culturale di rilievo pubblico, motivo per cui il ministero dei Beni culturali ha chiesto di rendere “ostensibile” a terzi l’elenco di quel patrimonio. Un’inchiesta di Report, che andrà in onda domenica 15 ottobre, riguarda un altro aspetto della contesa milionaria: la presunta “sparizione” di centinaia di quadri e opere d’arte rimosse dall’elenco dei beni presenti in tre case appartenute a Gianni, alla sua morte passate in usufrutto alla moglie Marella.

Gli immobili in questione sono quelli di Torino e Roma: Villa Frescot, Villar Perosa e un grande attico a due passi dal Quirinale, come ricostruisce il Corriere. Abitazioni che, in base a quanto stabilito da Agnelli nel testamento del 1999, alla sua morte sarebbero andate «per l’usufrutto vitalizio a mia moglie Marella e per la nuda proprietà ai miei due figli Margherita e Edoardo», poi morto suicida nel 2000. La figlia Margherita però nel 2004 firma a Ginevra un accordo transattivo sull’eredità del padre e un patto successorio con la madre, rinunciando alla sua futura eredità in cambio di circa 1,4 miliardi di euro. E alla morte di Marella, nel 2019, entra in possesso delle tre abitazioni, nel frattempo concesse in uso ai figli.

Dagli immobili, però, secondo i legali di Margherita «risultavano ammanchi di beni di ingentissimo valore di proprietà del padre»: quadri di Balla, De Chirico e Gérôme a Roma; Monet e due Bacon a Villar Perosa e Villa Frescot. Replicano i fratelli Elkann: «L’inventario dei “beni contenuti nell’immobile di Roma”, firmato da Marella e da Margherita, e confluito dell’allegato 2A dell’Accordo Transattivo, non contiene volutamente la pagina 75, espunta, nella quale erano stati indicati tali quadri». Il motivo? Le opere, sostengono gli Elkann, appartenevano a Marella che le aveva acquistate, e non a Gianni: motivo per cui, come stabilito dalla consorte dell’Avvocato nel suo testamento, avrebbero dovuto passare in eredità ai tre nipoti. Una ricostruzione che però viene contestata da Margherita.

Un caso attualmente al centro anche di un'indagine della procura di Milano, che punta a fare luce sulla presunta “sparizione” (all’estero?) di opere appartenute al patron della Fiat. E la questione interessa anche il ministero della Cultura, che potrebbe porre sotto tutela alcune opere per impedire eventuali trasferimenti o vendite all’estero.

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